Lezioni di… vita e di economia
Così in Germania la monnezza napoletana viene trasformata in oro 200 mila tonnellate di rifiuti andranno da Napoli in Germania. Il segreto è una tecnologia all’avanguardia
MARINA VERNA
(lastampa.it) BERLINO – No, i tedeschi non fanno le barricate contro l’immondizia italiana. La bloccassero, dovrebbero bloccare anche quella francese, danese o svedese. Invece scaricano metodicamente i container che arrivano da tutta Europa, li portano nelle loro fabbriche di riciclaggio, li svuotano e li rispediscono per nuovi carichi.
Ogni giorno così, per un totale di 18 milioni di tonnellate l’anno da Paesi Ue ed extra Ue.
Poi ci sono i sei milioni di tonnellate di rifiuti speciali, cioè contaminati o velenosi. L’«outsourcing» dello smaltimento è uno dei nuovi grandi filoni industriali della Germania, che non teme l’inquinamento e sa come cavare oro dagli scarti altrui.
Le 200 mila tonnellate di rifiuti che dovrebbero andare nei prossimi sei mesi da Napoli alla Germania sono meno di un sesto di quelle che vengono spedite dall’Italia in un anno: 1,3 milioni. Siamo comunque al quarto posto in Europa: davanti a noi ci sono l’Olanda, la Francia, l’Austria. Subito dietro la Svezia e la Danimarca.
Tutti ben lieti di affidare a professionisti del settore quello che nessuno sa fare altrettanto bene. Per i tedeschi, un affare da 50 miliardi di euro l’anno: 170-200 euro per ogni tonnellata trasportata e smaltita.
Settore in netta espansione: 250 mila addetti e continue assunzioni.
Ai rifiuti in entrata corrispondono materie prime-seconde -come si chiamano ufficialmente- in uscita. Il rifiuto indistinto viene infatti diviso in tre grandi gruppi, ognuno dei quali diventa redditizio. Nel primo c’è il materiale riciclabile.
Solo l’Italia si riprenderà ogni anno 160 mila tonnellate di rottami di alluminio, 90 mila di vetro, 70 mila di carta, 82 mila di residui di legno, 45 mila di rame, 26 mila di tessuti usati. Il prezzo di questi materiali varia secondo la qualità e viene deciso in una apposita borsa di scambio.
Nel secondo gruppo finisce tutta quella parte «secca» che può essere bruciata senza danni ambientali. Ingoiata nei 67 inceneritori con recupero di energia -termovalorizzatori come un palazzo di sette piani- distribuiti su tutto il territorio tedesco, diventa energia elettrica o termica che, rivenduta alle società energetiche, finisce in rete e alimenta case e industrie.
Il terzo gruppo è quello dei residui inutilizzabili o nocivi. Per loro la destinazione finale sono vecchie miniere sotterranee abbandonate, in zone sufficientemente remote da non suscitare né apprensioni né ribellioni tra la popolazione. E comunque, stabilizzati e sistemati in modo che non inquinino le falde acquifere.
Per quanto soddisfatti di fare affari con l’Italia, i tedeschi -sempre pronti a dare lezioni di vita- si preoccupano di un modo di fare assai poco assennato. E dunque è lo stesso amministratore di uno degli inceneritori che smaltiscono i nostri rifiuti, Rüdiger Siechau, che ammonisce: «Questa non deve diventare una condizione permanente.
A lungo termine gli impianti di incenerimento rifiuti sul modello di quello di Amburgo sarebbero per Napoli la soluzione migliore».
26 maggio 2008