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IL TACCHINO DI NATALE

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Anche quest’anno, obbedendo a una tradizione tramandatami dai miei genitori fin dalla prima infanzia, ho comprato il tacchino per Natale. Quando ero bambina, quel grosso corpo senza testa e senza piume sul tavolo della cucina, suscitava in me dei sensi di colpa, perché pensavo che una vita era stata stroncata violentemente al solo scopo di imbandire la nostra tavola. Poi crescendo, e dopo aver visto un documentario che illustrava senza mezzi termini le raccapriccianti condizioni di vita e di morte degli animali cosiddetti "da macello", ho smesso di mangiare carne ed anche il tradizionale tacchino natalizio è finito in fondo al cassetto dei ricordi.

Ma da cinque anni a questa parte mi è tornata la smania del tacchino per Natale. E tutti gli anni la mia coscienza mi urla "NON BISOGNA COMPRARE I TACCHINI PER NATALE!!! Bisognerebbe piuttosto liberarli dalle loro prigioni e farli correre nei campi, lontani da questa strage annunciata.". La mia coscienza ha perfettamente ragione: mi sono resa complice di questo triste traffico di vite innocenti. Purtroppo fino a quando molte altre coscienze si ribelleranno, affondando l’offerta per mancanza di domanda, io da sola non potrò fare niente per fermare questo immane massacro, ma per quei cinque individui pennuti che passeggiano tranquilli e indisturbati nel mio giardino ho potuto fare la differenza.

Giulia Ratti

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