GREEN HILL, IL 23 FEBBRAIO PROCESSO D’APPELLO PRESSO IL TRIBUNALE DI BRESCIA. LA LAV PARTE CIVILE CHIEDE UNA NUOVA PIU’ SEVERA CONDANNA
GREEN HILL, IL 23 FEBBRAIO PROCESSO D’APPELLO PRESSO IL TRIBUNALE DI BRESCIA
LA LAV PARTE CIVILE CHIEDE UNA NUOVA PIU’ SEVERA CONDANNA E INVITA GLI ADOTTANTI DEI BEAGLE, E TUTTI I CITTADINI, AD ADERIRE CON #IOSTOCONIBEAGLE AL PACIFICO PRESIDIO (dalle ore 9.30 del 23/2) DAVANTI AL TRIBUNALE: NESSUN CANE DEVE RISCHIARE DI TORNARE NELLA DISPONIBILITA’ DI GREEN HILL!
Martedì 23 febbraio si terrà presso il Tribunale di Brescia il processo d’appello a Green Hill, l’allevamento di beagle destinati alla sperimentazione, denunciato dalla LAV nel 2012: l’Italia civile chiede una più severa condanna dei responsabili, rispetto a quella già inflitta in primo grado (23 gennaio 2015) per maltrattamenti e uccisioni di animali al veterinario Renzo Graziosi e a Ghislane Rondot (co-gestore di “Green Hill 2001”), entrambi condannati a 1 anno e 6 mesi, e a Roberto Bravi, direttore dell’allevamento, condannato a un anno. L’attesa è grande, perché nell’ipotesi che la sentenza di primo grado venisse ribaltata dal Collegio giudicante di secondo grado, i beagle potrebbero tornare nella disponibilità dell’Azienza che potrebbe portarli appena fuori dal confine italiano e utilizzarli per prelievo di sangue e plasma, come accadeva prima del sequestro dei cani, secondo quanto emerso in fase processuale dalla testimonianza di Ghislane Rondot.
Con l’hastag #IOSTOCONIBEAGLE, la LAV sollecita le famiglie che hanno accolto i circa 3mila cani, e tutta l’Italia civile, a difendere i beagle liberi da Green Hill in questa fase processuale cruciale, ritrovandosi martedì 23 febbraio (a partire dalle ore 9:30) davanti al Tribunale di Brescia per chiedere, in modo pacifico, la certezza di una condanna severa per i responsabili delle uccisioni e dei maltrattamenti all’interno dell’allevamento di cani destinati alla sperimentazione.
“Saremo presenti in Aula per ottenere una nuova condanna esemplare che, in primo grado, ha già inflitto a Green Hill tre significative condanne per maltrattamenti e uccisione di animali (articoli 544bis e 544ter del Codice penale), con sospensione dell’attività per due anni e confisca dei cani – afferma la LAV (www.lav.it) – Green Hill, che per legge in Italia non potrà riaprire perché il Decreto Legislativo 26/2014 ha finalmente vietato l’allevamento di cani a fini sperimentali, in caso di esito favorevole di questo secondo grado di giudizio potrebbe pretendere la restituzione dei beagle e portarli fuori dai nostri confini nazionali”.
“Abbiamo fiducia nella giustizia: sono numerosi e solidi gli elementi di prova che documentano uccisioni e maltrattamenti senza necessità, così come controlli inadeguati – tanto che il prossimo 9 marzo si aprirà il processo ‘Green Hill bis’ a carico di veterinari Asl e dipendenti dell’allevamento – e il mancato rispetto dell’etologia degli animali – prosegue la LAV – La temuta ipotesi di restituzione dei beagle a Green Hill è inammissibile e illogica sotto vari aspetti: in considerazione della storica sentenza di condanna di primo grado che ha condannato tre persone per maltrattamenti e uccisioni di animali riconoscendo le necessità etologiche degli animali allevati per tale scopo, come si potrebbe restituire i beagle a coloro che hanno avallato un esorbitante numero di decessi di cani, che avveniva per mancanza di cure idonee? 6023 i beagle morti tra il 2008 e il 2012 e un unico veterinario che doveva occuparsi di quasi 3000 cani: come sarebbe possibile dare legittimità a questo sistema, dove è stata accertato lo sfruttamento delle fattrici, la promiscuità degli animali, decine di animali morti soffocati dalla segatura e il frequente contatto con le feci? Inoltre i beagle sequestrati sono stati accolti e curati dalle famiglie, con le quali hanno stabilito una relazione di stabilità che ora non può essere annullata”.
“Come sarebbe possibile rimettere i beagle nelle mani di chi li ha soppressi con iniezioni di Tanax somministrato senza pre-anestesia, causa di indicibili sofferenze o ha scientemente deciso di non curarli adeguatamente quando malati di rogna, perché le cure avrebbero potuto rovinare la successiva vendita? Come potrebbe non essere reato di uccisione di animali il proposito – tracciato in una mail del giugno 2012 tra Roberto Bravi e Ghislaine Rondot, oggetto di prova – di approfittare “dell’assalto per sottoporre ad eutanasia alcuni cani con forti segni di rogna Demodettica”? Come potrebbe non essere grave che Green Hill alcuni animali a fine carriera li spediva ad un’altra struttura nel Regno Unito, consapevoli che qui uccidevano i cani in esubero, quindi mandandoli comunque a morte senza necessità seppure in un altro Paese (come testimonia una mail tra il General Manager R.S., Roberto Bravi, Ghislane Rondot e altri)? – incalza la LAV – Come si può legittimare la restituzione di cani a chi usava segatura scadente per le lettiere, causa di diversi decessi per soffocamento di circa 104 cuccioli, nonostante i dipendenti abbiano sempre negato? Nello stesso manuale di Green Hill era previsto come intervenire in tali casi: con procedure molto dolorose! Come sarebbe possibile giustificare la pratica di ammansire i cani appendendoli ad un’imbracatura per fargli perdere ogni cognizione sensoriale o affidarsi a personale dipendente che ha avuto l’agghiacciante spudoratezza di farsi fotografare [FOTO ALLEGATA] con un beagle morto e il cervello di fuori, in posa sorridente e con il dito medio alzato? Gli elementi di prova della colpevolezza degli imputati sono fondati, concreti e inoppugnabili: per questo auspichiamo una nuova, severa condanna a carico di Green Hill”.