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Pig Palace, il grattacielo a 26 piani per allevare maiali in Cina

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Pig Palace in Cina
Pig Palace in Cina

Maria grazia Filippi
La Cina che non cambia: il Pig Palace, il grattacielo a 26 piani per allevare maiali a 80 km da… Wuhan

In tutto il mondo si sta cercando di ridurre o abolire del tutto gli allevamenti intensivi, ma in Cina no: qui si costruiscono hotel multipiano per maiali. Non hai spazio orizzontale per costruire il tuo allevamento? No problem: vai in verticale. Che se la cosa appare perfettamente logica per quanto riguarda le Vertical Farm, per un allevamento suona un po’ strano. L’hanno chiamato Pig Palace o vertical farm, ed è la nuova frontiera dello sfruttamento degli allevamenti intensivi di maiali in Cina, in un palazzo di 26 piani dove preparare per il macello migliaia di suini. Anziché orientare la produzione verso consumi consapevoli ed etici, la grande potenza mondiale accelera invece su sistemi massivi, invasivi e senza precedenti l’allevamento di maiali. È risaputo come la Cina sia anche il più grande produttore e consumatore mondiale di carne di maiale. Poi l’arrivo della peste suina ha portato un innalzamento dei prezzi, portando quindi le autorità a risolvere il problema rendendo la produzione una catena industriale senza precedenti. Ma i grattacieli possono ovviamente ospitare non solo i suini. Si apre così il varco per una indiscriminata e massiva politica di sfruttamento di tutte le specie animali. Come riportano i media, Dirk Pfeiffer, docente di Medicina Veterinaria alla City University di Hong Kong, ha spiegato che l’enorme densità di animali, il trasporto di questi animali verso mercati e macelli dove magari l’igiene non regna sovrana (e dove magari si mescolano specie diverse), rischia di veder scoppiare focolai di malattie infettive. Secondo i gestori di queste strutture, però, non ci sono rischi in tal senso: i maiali vivono per tutta la loro breve vita in un solo piano, in modo da evitare di mescolare gli animali. Inoltre, ogni unità ha il suo proprio sistema di ventilazione. Un orrore multi-intensivo dove la vita animale non ha alcun valore, in un girone infernale senza precedenti. Il palazzo è di proprietà della società Hubei Zhongxin Kaiwei Modern Animal Husbandry, e coprirà un’area di 400 mila mq. Un vero e proprio grattacielo della morte situato ad Ezhou a circa 80 km da Wuhan, già nota per altro. Ricorda la Leal che questa fabbrica di carne di maiale sarà in grado di far nascere e mandare al macello almeno 1 MILIONE E DUECENTO MILA suini ogni anno, dalle ultime stime risulta che la sola Cina consuma annualmente 52 milioni di tonnellate di carne di maiale ma le proiezioni prevedono un aumento di decine di tonnellate entro i prossimi dieci anni. Per coinvolgere l’opinione pubblica è partita l’iniziativa “End the Slaughter Age” promossa dai cittadini europei sottoscritta da LEAL e che, in questo caso all’Unione Europea chiede di spostare le sovvenzioni destinati agli allevatori alle alternative vegetali e alla carne coltivata in laboratorio. Ad oggi la diffusione di carne coltivata è l’unica soluzione concreta che eliminerebbe l’uccisione dei 67 miliardi di animali mandati a morte per farne cibo, una possibilità che si rivolge a consumatori che nelle scelte alimentari non si pongono problemi di etica e morale.  

Un mega allevamento intensivo di 26 piani è sorto da alcuni mesi a Ezhou, nella provincia di Hubei in Cina. L’obiettivo è “produrre” 1,2 milioni di maiali da macello ogni anno. Ma i maiali, esseri senzienti, sono soltanto cibo da consumare?

Una mega struttura di 26 piani, un enorme palazzo ultramoderno che potrebbe sembrare un garage multipiano, è sorta da alcuni mesi a Ezhou, nella provincia di Hubei in Cina, con l’obiettivo di “produrre” 1,2 milioni di maiali da macello ogni anno. Un enorme, gigantesco e modernissimo allevamento intensivo a circa 80 km a sud est della ormai famosa Wuhan di cui ci da notizia il sito specializzato Pig Progress  che sottolinea come «secondo le stime ufficiali, la domanda cinese di carne di maiale aumenterà da 51,77 milioni di tonnellate a 60,77 milioni di tonnellate nel prossimo decennio. Costruire grandi fattorie come queste è un modo per soddisfare la crescente domanda». La Cina è infatti il maggior consumatore al mondo di carne di maiale.

 

Il complesso, nella sua grandiosità, ha qualcosa di avveniristico. Due edifici gemelli di 26 piani (il primo già completato, il secondo in arrivo), dove «i primi due piani saranno utilizzati per scopi funzionali, come ad esempio l’alimentazione. Dal terzo piano in su, ogni piano funzionerà come un allevamento, con 1.000 scrofe per piano e una capacità produttiva di 25.000 suini da macello/anno». Secondo il sito cinese, che è andato a visionare il centro di produzione, «la sala di controllo centrale al primo piano gestisce il mangime e l’acqua potabile per ogni piano. Gli indicatori di temperatura, umidità ambientale, concentrazione di gas tossici sono controllati in tempo reale. Ci sono più di 30.000 punti di controllo che determinano l’alimentazione precisa di ogni maiale. Enormi condutture forniscono acqua e materiali ai maiali su ogni piano». Quasi a giocare d’anticipo rispetto alle critiche sull’impatto ambientale e sull’inquinamento provocati dai grandi allevamenti intensivi, il proprietario del progetto, Hubei Zhongxin Kaiwei Modern Animal Husbandry, si è affrettato a spiegare attraverso il suo account WeChat che il principale azionista della società è un produttore di cemento locale e che il calore generato dal cementificio verrà utilizzato per riscaldare la fattoria. Ma soprattutto che il sistema di trattamento dei rifiuti a base di biogas è assolutamente all’avanguardia e anti-inquinante. «Un sistema di risciacquo serve per lo smaltimento dei rifiuti suini. Un sistema completo di trattamento dei rifiuti a base di biogas converte il letame dei suini in energia pulita per la produzione di elettricità e il riscaldamento. Il letame entra nel serbatoio del sistema di fermentazione anaerobica ad alta temperatura, che riduce l’evaporazione dei gas odorosi di oltre il 90%».
I 400mila metri quadrati del primo edificio stanno già accogliendo le 21.600 scrofe e i 55 verri che il fornitore KingSino, un operatore del Guangdong, si è impegnato a fornire, con un accordo firmato il 31 agosto 2022, a Zhongxin Kaiwei.  Secondo questo accordo i maiali, attualmente nelle basi di Miluo e Jin, sarebbero stati consegnati in 4 lotti tra il 25 settembre e il 30 novembre di quest’anno.
Man mano che arrivano, quindi, il grande edificio si sta popolando di animali che entrano attraverso i “canali di cattura dei maiali” sotterranei per andare poi ad essere distribuiti da uno dei 6 ascensori per maiali da quaranta tonnellate di cui l’edificio è fornito. Una gigantesca catena di montaggio, una filiera mastodontica creata con attenzione, ingegno, impegno e lungimiranza per far concepire, far nascere e per trasformare maiali in carne.
Secondo la FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, le emissioni legate all’allevamento rappresentano circa il 15% delle emissioni annue di gas serra dovuti all’essere umano. Nel report Foraggiare la crisi – In che modo la zootecnia europea alimenta l’emergenza climatica pubblicato a settembre 2020, Greenpeace afferma che gli allevamenti intensivi europei inquinano molto di più di tutti i veicoli in circolazione nell’Unione Europea.

Infatti «il settore zootecnico europeo emette l’equivalente di 502 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, ma se consideriamo anche le emissioni indirette di gas serra ‒ per esempio quelle che derivano dalla produzione di mangimi o dalla deforestazione ‒ queste arriverebbero a toccare le 704 milioni di tonnellate di CO2. Una cifra esorbitante che supera le 655,9 tonnellate prodotte dai veicoli circolanti nell’UE».

L’inquinamento prodotto dagli allevamenti intensivi è quindi maggiore di tutto quello dei trasporti. Senza considerare che le aree ora destinate al pascolo degli animali e alla coltivazione dei loro mangimi occupano il 30 per cento della superficie terrestre. E che questi temi sono, proprio in questi giorni, al centro del dibattito in corso alla Cop 27, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2022, che si sta tenendo a Sharm el-Sheikh fino al 18 novembre, sotto la presidenza dell’Egitto.

Eppure, a concentrarci solo sui pro e i contro degli allevamenti intensivi, rischiamo di non centrare l’obiettivo. Pensiamo davvero che il problema sia “soltanto” l’inquinamento e la salvaguardia della vita sulla Terra? La scelta alimentare che privilegia il consumo di verdure a quello di qualsiasi tipo di carne può essere soltanto il risultato di una riflessione antropocentrica di base economica/utilitaristica? Il rischio è di eludere, lasciando senza risposta, la questione etica.

Una comprovata intelligenza, confermata da diversi studi, ha portato l’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, ad affermare che i maiali «possiedono notevoli doti cognitive provate dalle loro capacità di districarsi in labirinti, usare uno specchio per trovare cibo nascosto, comprendere un linguaggio simbolico e imparare combinazioni complesse di simboli associati ad azioni e oggetti, manipolare un joystick per muovere un cursore sullo schermo (capacità che condividono con gli scimpanzé) e imparare rapidamente, caratterizzandosi per un’eccellente memoria a lungo termine».

maiali come esseri senzienti, quindi, e non solo come carne da macello, sono quindi ormai un’acquisizione del comune sentire.

A questo si aggiunge anche la problematica legata al benessere animale, in evidente contrasto con la vita negli allevamenti intensivi. Come sottolinea Essere Animali, l’associazione animalista che combatte contro gli allevamenti intensivi e ha promosso anche una petizione on line per fermare le mutilazioni all’interno degli allevamenti, «non si tratta di umanizzare degli animali, ma di riconoscere loro l’intelligenza che gli è propria. Se tutti avessero più consapevolezza delle capacità cognitive dei maiali, si farebbe probabilmente di più per porre fine agli allevamenti intensivi.

In questi luoghi di sofferenza, come documentato delle nostre indagini sotto copertura, i maiali non sono in grado di esprimere i loro comportamenti e i loro istinti naturali. Le scrofe, infatti, rinchiuse per gran parte della loro vita in gabbie appena sufficienti a contenerle, si riducono a comportamenti stereotipatidepressione e ferite da sfregamento che in molti casi si infettano per la sporcizia. I loro cuccioli, mutilati della coda e dei testicoli a pochi giorni di vita senza anestesia né analgesia, sono presto separati alle cure materne e portati all’ingrasso».

Un suino per la produzione di prosciutto vive all’incirca 6 mesi mentre in natura potrebbe vivere 15-20 anni. La scrofa produttrice di suinetti, quando inizia a produrre meno, viene immediatamente scartata, che vuol dire uccisa. La questione etica, al di là del cambiamento climatico, del benessere animale, dell’inquinamento, si sintetizza semplicemente in queste considerazioni. È etico, è legittimo, è condivisibile far nascere degli esseri senzienti per ucciderli e mangiarli?

È la stessa domanda che si era posto lo scrittore Jonathan Safran Foer nel bellissimo e illuminante saggio dal titolo “Se niente importa. Perché mangiamo animali”. Frutto di un’indagine durata quasi tre anni che l’ha portato negli allevamenti intensivi, visitati anche nel cuore della notte, Foer racconta le violenze sugli animali e i trattamenti velenosi a base di farmaci che devono subire, descrivendo come vengono uccisi per diventare il nostro cibo quotidiano. Ma soprattutto invita tutti alla riflessione sulla sottile linea che divide umano e inumano, su ciò che conta difendere e ciò che conta preservare. Perché, se niente importa, come possiamo sopravvivere?  Fonte Link: kodami.it

 

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