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NUCLEARE: ALLARME ISRAELE PER IRAN, C’È CHI EVOCA ESODO

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Alessandro Logroscino

(ansa.it) TEL AVIV – A girare nelle strade non sembra che l’allarme tra gli israeliani per i programmi nucleari dell’Iran, per quanto diffuso, sia sul punto di tracimare nel panico. Né che la fiducia sulla capacità di deterrenza delle forze con la Stella di Davide – sottolineata in questi giorni da esercitazioni aeree in grande stile – stia venendo meno. Ma lo spettro aleggia e c’é chi, come un istituto di sondaggi, non esclude che la conferma di una bomba atomica nelle mani degli ayatollah possa in futuro scatenare la ‘grande fuga’. Evocare un nuovo esodo biblico per il popolo ebraico, davanti a un Mahmud Ahmadinejad nelle improbabili vesti di faraone, sarebbe francamente eccessivo. E tuttavia, a credere ai risultati di una rilevazione condotta per conto del Centro studi iraniani dell’Università di Tel Aviv, esiste un buon 30% d’israeliani disposto a prendere oggi in considerazione l’abbandono del proprio Paese laddove Teheran riuscisse davvero a raggiungere l’obiettivo che secondo la leadership d’Israele si prefigge: dotarsi di armi non convenzionali. Cosa che per l’81% degli intervistati è senza dubbio destinata ad accadere malgrado gli sforzi diplomatici dell’amministrazione Usa di Barack Obama o di qualunque altro attore internazionale.

Il sondaggio non risente degli umori generati dall’ultima intimidazione riecheggiata due giorni or sono dall’Iran: il lancio del nuovo missile a medio-lungo raggio Sajjil-2, pensato proprio per colpire all’occorrenza il ‘nemico sionista’. E tuttavia accredita un’inquietudine crescente: soprattutto fra le donne, gli anziani e coloro che votano a sinistra, spiegano i ricercatori. "Se Ahmadinejad intendeva creare apprensione in Israele è certamente riuscito nei suoi intenti", ha commentato alla Radio militare uno degli esperti del Centro studi, Uzi Rabi, pur aggiungendo di ritenere che "la dirigenza dell’Iran, estremista dal punto di vista religioso, non manchi d’una certa misura a livello politico". A contrastare le voci più allarmistiche si levano d’altronde considerazioni di analisti autorevoli. Come Yitzhak Ben Yisrael, generale della riserva ed ex capo dell’Amministrazione israeliana per lo sviluppo degli armamenti, il quale giudica sì "preoccupante" che l’Iran abbia accresciuto la sua tecnologia militare fino a pensare di poter "raggiungere l’Europa e l’Occidente" con la gittata del Sajjil-2. Ma resta prudente sulle capacità operative immediate di Teheran e sottolinea in ogni caso come il nuovo missile non aggravi "in nulla la minaccia ai cittadini israeliani". Una minaccia che lo Stato ebraico – puntualizza Uzi Rubin, ex alto funzionario del ministero della Difesa e cervello del progetto missilistico Arrow – è del resto "preparato a fronteggiare". Per dimostrarlo può servire un’esibizione di muscoli come l’esercitazione aerea – fra le più imponenti di sempre – conclusasi ieri. E interpretata dagli hezbollah (filoiraniani) libanesi come presunta prova generale di un possibile raid per l’uccisione del loro leader, Sayyed Hassan Nasrallah. Manovre pianificate per simulare "situazioni estreme" – si è limitato a far sapere lo stato maggiore israeliano – e confermare il "pieno affidamento" attribuito dal ministro della Difesa, Ehud Barak, al potenziale di risposta dell’aviazione. In attesa che un nuovo, inedito test, allargato alle "retrovie d’Israele", si svolga a giugno: quando – paure o non paure – alla popolazione civile sarà chiesto di sperimentare la corsa ai rifugi, immaginandosi sotto attacco missilistico. Senza bisogno di spiegare da parte di chi.

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