Kandinskij e Klee L’epifanìa dell’inatteso Tra visione e costruzione
Giuseppe De Filippo
A Monaco, un giorno rimasi colpito da uno spettacolo inatteso, proprio quando stavo tornando nel mio studio. Il sole tramontava; tornavo dopo aver disegnato ed ero ancora tutto immerso nel mio lavoro, quando aprendo la porta dello studio, vidi dinanzi a me un quadro indescrivibilmente bello. All’inizio rimasi sbalordito, ma poi mi avvicinai a quel quadro enigmatico, assolutamente incomprensibile nel suo contenuto, e fatto esclusivamente di macchie di colore. Finalmente capii: era un quadro che avevo dipinto io e che era stato appoggiato al cavalletto capovolto. Il giorno dopo tentai, alla luce del sole, di risuscitare la stessa impressione, ma non mi riuscì. Benché il quadro fosse ugualmente capovolto, distinguevo gli oggetti, e mancava quella luce sottile del tramonto. Quel giorno, però, mi fu perfettamente chiaro che l’oggetto non aveva posto, anzi era dannoso ai miei quadri. Kandinskij
Quel giorno accadde un’improvvisa e fatidica illuminazione che si sarebbe rivelata decisiva non solo per la poetica di Kandinskij ma per l’arte futura. L’enigmatica percezione nata dal caso, dall’opera involontariamente capovolta, metterà in atto forze creative fino ad allora latenti che daranno il via all’Astrazione.
Già nel 1895, in anticipo su se stesso, Kandinskij aveva avvertito i primi segnali di cedimento dell’oggetto come protagonista della pittura quando, trovandosi di fronte ad un quadro di Monet, non riusciva a stabilire la forma realistica dell’oggetto rappresentato, tanto da preoccuparsene e scrivere:
… il catalogo mi diceva che si trattava d’un pagliaio, ma non riuscivo a riconoscerlo… e questa incapacità di riconoscerlo mi angustiò. Pensai che il pittore non avesse il diritto di dipingere in modo così confuso, sentivo oscuramente che in quel quadro mancava l’oggetto…
Proprio le sensazioni ricevute dalla vista di questa opera, mirabilmente intessuta di luce smaterializzante e il cui oggetto rappresentato era stato per Monet soltanto un pretesto per realizzare appieno l’Impressione atmosferica, faranno germogliare nell’analitico Kandinskij il desiderio di una pittura solo forma e colore, senza richiami agli oggetti reali. Dirà:
…nel mio profondo era nato il primo fievole dubbio riguardo all’importanza dell’oggetto quale necessario elemento della pittura…
Tredici anni più tardi, nel 1908, con l’aiuto del compositore Thomas Hartmann e del ballerino Alexander Sakharoff, Kandinskij farà suonare e ballare i suoi acquerelli. Chiari segni, assieme alla premonitrice composizione scenica del 1909, Suono giallo (Der Gelbe Klang), di ciò che sarà lo sviluppo della sua arte e del suo pensiero. In futuro, forme, colori e suoni; danza, recitazione e teatro si reggeranno sull’ assiomatico “principio della necessità interiore” come imprescindibile guida dell’intera e complessa attività espressiva.
Un principio metastorico oggi disatteso, ma che potrebbe riscattare l’arte e l’artista dall’unica e insignificante necessità vigente, quella esteriore della mercificazione e della spettacolarizzazione!
Su tale “principio della necessità interiore” poggerà il lento ed elaborato distacco dall’oggetto, prima stimolato dalla visione dell’opera di Monet nel 1895 e poi dall’avvenimento occasionale del quadro capovolto. Soltanto nel 1910, dopo una lunga e paziente interiorizzazione di tale rinuncia generativa, arriverà la prima e vera trasformazione delle forme da segni rappresentativi della realtà a segni cromatico-sonori. Alla data del 1910 Kandinskij farà risalire il suo primo lavoro totalmente astratto. A questo capovolgimento contribuirono le esperienze condivise con Franz Marc, Rudolf Steiner, Arnold Schönberg e Aleksandr Skrjabin.
In quelle che sono, assieme agli scritti e ai Diari-1898-1918 di Paul Klee, le sue pagine biografiche e teoriche più toccanti dell’introspezione artistica del Novecento, Kandinskij ci indica non solo la rilevanza strutturale e sinestetica degli elementi grammaticali del linguaggio pittorico, punto, linea, superficie e colore, ma anche la rilevanza creativa ed espressiva che l’inatteso occupa nella genesi delle sue immagini.
Tale rilevanza era stata diversamente suggerita già da Leonardo da Vinci quando nel suo Trattato della pittura si soffermava sul valore delle osservazioni di eventi visivi occasionali quali la “cenere del foco”, le “machie de muri” e le “nuvoli”. Affermava che “Nelle cose confuse l’ingegno si desta a nove inventioni (…).” Saper decifrare visivamente le “cose confuse” ed orientarle secondo la propria visione è una prerogativa riservata ai pochissimi capaci di ospitare dentro di sé la forza dirompente dell’inaspettato. Verrebbe da credere che Klee fosse a conoscenza di questa lungimirante affermazione leonardesca, se da parte sua, equiparando l’imprevisto al genio, affermava:
…Con l’imprevisto è difficile far di conto. Eppure, quale guida è sempre all’avanguardia. Si scaglia ora in questa, ora in quella direzione.
Quasi un invito ad essere artista visionario; ricettivo e costruttivo nella stessa misura in cui si è distruttivo e innovativo.
L’imprevisto, se avvertito, va incanalato all’interno del processo generativo dell’immagine. Diversamente non avrà alcun divenire formale né conoscitivo.
Anche le “cose confuse”, delle quali appunto parlava Leonardo in pieno Rinascimento, se non investite dalla chiarezza dell’ingegno e dalla totale dedizione dell’artista perdureranno come tali.
Infatti, Kandinskij, riferendosi ai primi e improvvisi bagliori percettivi, dichiarerà:
È stato solo dopo molti anni di lavoro assiduo, di emozioni sempre nuove (…) che sono giunto a quelle forme artistiche sulle quali lavoro tuttora (…).
L’inatteso non è programmabile ma fulmineo: lo si può avvertire come una scossa e soltanto dopo averlo accolto interiormente si potranno elaborarne le Impressioni-Sensazioni ricevute. Elaborare in termini di capovolgimento semantico l’assenza dell’oggetto partendo da tali impressioni ed accogliere dentro di sé l’attrazione dell’imprevisto ha significato, per Kandinskij e Klee, intraprendere un percorso di ricerca edificato su solidissime basi pratico-teoriche.
Una ricerca artistica che coniugava al suo interno esperienze musicali, filosofiche, mistiche, didattiche e pedagogiche. In questa visione sinestetica, unificatrice, che ha raggiunto punti di autentica poesia, colpiscono i continui rimandi alla natura, intesa non più come fenomeno da imitare e copiare nelle sue forme, ma come parte integrante del sentire interiore ed analitico dell’uomo. La Natura rientrava a pieno titolo nella “necessità interiore” di Kandinskij:
Col tempo sarà dimostrato sicuramente che l’arte ‘astratta’ non esclude il legame con la natura ma che, al contrario, questo legame è più grande e più intimo di quanto non sia stato negli ultimi tempi…
ed anche nella “contemplazione interiore” di Klee, che nel capitolo Vie allo studio della natura premette:
Il dialogo con la natura resta, per l’artista, conditio sine qua non. L’artista è uomo, lui stesso è natura, frammento di natura nel dominio della natura.
Così è stato.
Così oggi non avviene!
Klee e Kandinskij canalizzarono rispettivamente l’imprevisto e la necessità interiore sulla strada di una nuova Visione e Costruzione che includevano al loro interno l’invisibile e l’arcano; Dio e l’Uomo; la Natura e la Storia. “Bisognerebbe porsi compiti quali: la costruzione del mistero” asseriva Klee che equiparava l’arte alla Creazione.
In lui, visione e costruzione culminarono nella Teoria della forma e della figurazione e nella toccante Confessione creatrice, per proseguire nel Quaderno di schizzi pedagogici. In Kandinskij innovazione, sincretismo culturale e teosofia; sintesi tra musica e pittura, tra armonia e disarmonia, tra teoria e pratica, si concretizzarono oltre che in superbe opere pittoriche anche in saggi teorici: da Lo spirituale nell’arte per procedere, come ebbe a dire lo stesso autore, verso “I problemi della scienza dell’arte” con il tentativo di stabilire “un metodo analitico che tiene conto dei valori sintetici”: fu la volta di Punto, linea, superficie.
Altri tempi!
Tutto ebbe inizio da una Impressione di bellezza generata dal quadro capovolto “assolutamente incomprensibile nel suo contenuto”!