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Il Piccolo Principe e la rosa
Marco Vettori
marco.vettori.512@psypec.it
sito web
Il Piccolo Principe e la rosa
I ricordi di Saint Exupéry collegati all’infanzia e a sua madre assumono valore psicologico se si tiene presente ciò che il Piccolo Principe dice della rosa che vive sul pianeta da cui lui proviene e descrive sotto metafora il conflitto e l’ambivalenza della sua relazione affettiva bipolare con la madre. Durante i tempi dello sviluppo del figlio, la madre–rosa da “grande madre positiva ”ricca d’amore si trasforma in “madre negativa” aggressiva e pungente nei suoi confronti. Ad Antoine, come a tutti i bambini figli di genitori disturbati, non è permesso mettere in dubbio la bontà della madre perché se lo facesse distruggerebbe se stesso. In un rapporto simbiotico con la madre il figlio non può pensare la madre ”cattiva” senza amore, perché senza affetto lui non potrebbe esistere. Nella madre-rosa convivono: affabilità, affettazione ed egocentrismo.
Il figlio farà finta che le ombre della madre non esistano e si convincerà che le spine della madre non recano sofferenza e dolore. Per sentirsi protetto ed essere “il Piccolo Principe” della madre è necessario che l’immagine di sua madre sia immune da qualsiasi aspetto di negatività. Con queste modalità Antoine rimane fissato nel complesso di Edipo Junghiano:” che gli impedisce di crescere desideroso di vivere al sicuro nel ventre della madre”
Per poter rimanere il bambino innocente della mamma ed evitare inquietudine e angoscia accondiscende ai desideri della madre, ma questa ‘fuga all’indietro’ lo porta ad una sindrome depressiva che l’opprime e gli toglie la voglia di vivere. Alla fine del racconto, il Piccolo Principe si farà mordere da un serpente velenoso.
La debole e disarmata rosa possiede in realtà veri e propri artigli, perché quando i suoi voleri non vengono considerati induce nel figlio tali sensi di colpa che lui non è capace di sopportare e per sopravvivere è costretto ad obbedire alla madre-rosa che potrebbe anche lasciarsi morire se contraddetta. Non c’è preoccupazione più terribile per un bambino che sentirsi colpevole della morte della madre causata dal suo comportamento.
Nell’anamnesi di pazienti anziani in terapia spesso ricorre il ricordo di familiari che usavano questo artificio per ridurre il bambino scapestrato a più miti propositi o all’obbedienza. Nulla importava all’adulto delle difficoltà causate al bambino da questa messa in scena e dello spavento che gli poteva causare. Nelle fiabe la madre si presenta al figlio con un duplice aspetto: l’immagine della fata [calore e affetto] e della strega [cattiveria e minaccia]
. Una parte del femminile è materno, dà la vita e nutre, un’altra avvelena e distrugge la crescita dei figli.
Nel resoconto di molti pazienti nevrotici si trovano madri “negative”. Queste donne pensano che essere “una brava madre” significhi crescere una creatura con i tratti che l’opinione pubblica ritiene accettabili. Se il fanciullo non risponde alle aspettative della madre, lei lo rifiuta. Il bambino non si rende conto della patologia della madre e dei motivi per cui viene respinto e pensa che né lui, né il mondo siano buoni. Nella sua infanzia prova rabbia e disperazione profonda, perché lasciato in balia degli umori materni è costretto ad accettare la sua nevrosi e precipita nell’inconscio l’aggressività causata dalle frustrazioni e privazioni infantili. Se prevale la madre di morte, il bambino avrà problemi nel rapporto con il corpo e con le emozioni.
All’opposto della madre che non accetta il figlio , esiste la madre iperprotettiva che ritiene indispensabile il suo controllo in tutti gli aspetti dell’esistenza del figlio e non incoraggia la sua autonomia. Se una madre impedisce al figlio di evolversi il rapporto con gli altri bambini è precluso e l’accesso nella scuola diventa difficile. In una relazione adulta il rapporto con il femminile viene impedito dalla madre attraverso il suo smisurato atteggiamento di possesso e di superficiale acquiescenza verso il figlio. La Von Franz, allieva di Jung, descrive una madre estremamente preoccupata della salute mentale del figlioletto a cui era stato regalato un innaffiatoio . Il bambino aveva bagnato il tappeto verde del salotto perché non era potuto uscire in giardino a giocare. La signora aveva richiesto l’intervento dell’analista per avere un aiuto nei confronti dell’aggressività e della libido del bambino. Con la psicoterapeuta si era così espressa: ”Se da piccolo si comporta in questo modo, una volta divenuto adulto, quale catastrofico ed aggressivo atteggiamento terrà con le donne…!” Un individuo abituato a sottomettersi alle decisioni altrui diventerà incapace di affrontare qualsiasi realtà e si lascerà dominare dalla timidezza e dalla paura. In altri casi si trasformerà in un timido ‘prepotente e aggressivo’ incapace di qualsiasi stabilità, ribelle ed impossibilitato a potersi a costruire una vita propria.
In questa crescita difficile il figlio potrebbe trovare dentro di sé e nella vita sociale la forza di opporsi alla madre negativa è imparare a camminare sulla via della propria maturazione. Il cammino dell’individuazione sarà ben più difficile per chi è vittima di una madre iperprotettiva, perché lo terrà prigioniero nell’Uroboro materno e gli impedirà di aprirsi alla vita e al rapporto con i propri simili.
L’autore del Piccolo Principe avrebbe potuto migliorare il rapporto con la madre se fosse stato capace di opporsi alle sue richieste esagerate di dedizione e di affetto.
Antoine ci confessa che un bambino non è capace di reagire adeguatamente alla psiche disturbata della madre. Solo un adulto maturo, non un fanciullo bisognoso d’aiuto e protezione, è in grado di prendere le distanze da una donna egoista, superficiale e perbenista.
In un momento di lucidità aveva compreso che per salvarsi la vita sarebbe dovuto fuggire dagli artigli di una madre amorevole e dolorosa. Lei con un azzeccato “colpo di teatro” riesce ad indurre nel figlio un ulteriore dolorosissimo ed alienante senso di colpa. Di fronte al desiderio del lasciarla, la madre-rosa si mostra disinteressata come non era mai successo in precedenza e ammette di aver tenuto nei suoi confronti un comportamento sbagliato. Desideroso di lasciare il suo pianeta e la rosa, tanto comprensiva da ammettere una certa colpevolezza nello svolgersi tragico del loro rapporto, il Piccolo Principe si sente ancora più a disagio di quanto non lo fosse stato prima nel desiderare di allontanarsi dalla povera rosa-madre tanto umile e generosa.
La madre riesce a disturbare pesantemente la vita del figlio facendogli credere che ciò che lui può ottenere di soddisfacente per la sua vita non si può avere che a prezzo delle sofferenze e delle lacrime di colei che teneramente gli vuol bene. Tale consapevolezza favorisce e aumenta il senso di depressione e desiderio di morte di cui è piena l’esperienza di Saint Exupéry.
In modo cifrato il Piccolo Principe racconta così, le difficoltà incontrate dall’autore del libro a causa del suo rapporto contradditorio e disturbato con una madre “inconscia” nevrotica e nevrotizzante.