Convegno Apparessere-Moda e Psicoanalisi
Francesca Avanzini
La moda
Sono uscite alcune idee interessanti dal convegno “Apparessere-Moda e Psicoanalisi”, tenutosi il 22 ottobre a Salsomaggiore Terme, a cura dell’Associazione Internazionale di Psicoanalisi Laica e ospitato presso il Grand Hotel Regina dall’associazione Salotto Illuminato.
Posto che la moda è un fenomeno complesso, che riguarda diversi campi, da quello sociologico, della comunicazione, dell’arte, del business e molti altri ancora ed è quindi impossibile da esaurire in un breve lasso di tempo, vale la pena sottolinearne alcuni aspetti, in particolare quelli legati alla psicologia e all’antropologia.
L’uomo primitivo, ad esempio, si vestiva per svelare. La maschera, così come certi molto accurati ricami tribali, rivelava il suo legame profondo con gli antenati o alcuni animali di cui, indossando le sembianze, assumeva il potere.
Anche oggi la moda si riallaccia al nostro io più profondo, mettersi la maschera, che è in parte ciò che facciamo quando ci vestiamo, ma non solo, si basa su un archetipo e si è sempre fatto.
Si indossa una maschera per affrontare certi ambienti (e chi scrive vorrebbe qui ricordare un bellissimo verso di T.S.Eliot, “to put on a face to meet other faces”, indossare una faccia per incontrare altre facce). Un professore universitario, per esempio, si confronterà meglio coi suoi studenti indossando una maschera di autorevolezza e sicurezza. Il problema potrebbe sorgere se non riuscisse a deporla in famiglia o tra amici, e questo potrebbe fare di lui una macchietta.
La maschera dunque non sempre è negativa, se usata consapevolmente serve, e può anche riguardare il proprio essere, risolvendo così il conflitto tra essere e apparire.
Fin qui Antoine Fratini, psicoanalista junghiano.
Lo psicoanalista freudiano Giovanni Allotta, studioso di ebraismo, rimarca come la moda, intesa come costume, attenga alla morale e come ci si vesta, anche, per esprimere un atteggiamento interiore. Ricorrendo a un esempio biblico, sottolinea come gli invitati a nozze che intervengono con vesti nuziali, dunque adeguate alla circostanza, esprimano rispetto per l’occasione e gratitudine. La moda è un aspetto del nostro essere sociale, partecipare con gli abiti adatti esprime accettazione delle regole di una comunità e integrazione in essa.
Anche il filosofo Giorgio Risari, esperto di Fromm, sottolinea l’aspetto etico della moda, ricollegandosi all’etimologia della parola, derivante da modus, regola. Viviamo bene quando applichiamo a noi stessi una misura. In fondo andiamo in giro vestiti, con l’abito passiamo dall’animalità alla socialità, l’abito ci separa dall’animale, abita, se è concesso il gioco di parole, lo spazio interpersonale, media tra i nostri sentimenti e la parte esterna. Man mano che viene meno la funzione di protezione dal freddo e che si supera l’immediatezza del bisogno, l’abito assume altri significati, estetici ed artistici. Secondo certe teorie, l’uomo crea cose per eccedenza di essere, l’abito, ad esempio, non serve a soddisfare la fame o la sete, il bello non serve. Per Fromm è l’amore per la vita che ci spinge verso la bellezza e dunque, riallacciandosi a quanto affermato da Allotta, anche l’abito può essere espressione di gratitudine.
Naturalmente, come già ricordato, esistono molti altri aspetti dell’abito, il narcisismo, il vestirsi per incasellarsi in una categoria sociale, e dunque sorge il problema se l’abito faccia o meno il monaco, ma qui di necessità si possono trattare solo alcuni aspetti.
Molto complesso il discorso di Daniel Sibony, matematico e psicoanalista lacaniano, cui non ha giovato la mancanza di collegamento diretto. Sibony, partendo dal concetto di moda anche come moda intellettuale, si sofferma sul velo islamico che si presenta come elemento vestimentale ma richiede soprattutto di rispettare il messaggio che trasmette. Attraverso il velo passa un discorso di doppio legame, perché in qualunque modo si parli dell’Islam lo si critica, dal momento che il discrimine passa da chi è islamico, dunque sottomesso, a chi non lo è, e che anche Gesù e i profeti vengono chiamati musulmani.
Infine Maria D’Oronzo, psicologa, interpreta la parola moda nella sua accezione extra vestimentale e sottolinea come la psichiatria si configuri come scienza del controllo dei costumi sociali nelle varie epoche.