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DRAGHI: LA CRESCITA E’ GIA’ INIZIATA

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Tagliare la spesa e riformare le pensioni". Le "Considerazioni finali" del Governatore della Banca d’Italia. Il Paese ha arrestato il declino ma deve superare i suoi ritardi cronici. "Più investimenti e meno tasse perché la finanza pubblica torni a essere di beneficio". Sulle banche: "Positive le aggregazioni. Ruolo attento ma non invasivo di Bankitalia"

di ROSARIA AMATO

(Repubblica.it) ROMA – Un Paese che ha arrestato il declino, che mostra una chiara inversione di rotta ma che ha ancora molta strada da percorrere per mettersi al passo con gli altri e per superare i propri problemi cronici, a cominciare dal debito pubblico e dalle riforme strutturali sempre avviate ma mai portate in porto. E’ questa l’Italia che emerge dalle ‘Considerazioni finali’ del governatore della Banca d’Italia Mario Draghi. "Il Paese ha trasformato il proprio sistema bancario, ha iniziato a rimettere in ordine la finanza pubblica, ha ripreso a crescere", osserva Draghi, sintetizzando l’attuale momento storico tutto sommato positivo. Ma, ammonisce, "Dobbiamo por mano con maggiore determinazione alle debolezze strutturali della nostro economia": il debito, i consumi deboli, la previdenza. E ognuno, chiarisce il governatore, alla sua seconda Assemblea Annuale, deve farlo "nel proprio ruolo", "traendo forza dalla consapevolezza dei progressi compiuti" e perseguendo "il bene comune che è essenziale per lo sviluppo duraturo del Paese". Un invito dunque alla responsabilità, ma anche al rispetto dei ruoli. Le banche, l’industria, la finanza, il governo e le forze politiche: ognuno deve fare la propria parte. Senza commistioni: "Un sistema finanziario moderno non tollera commistioni tra politica e banche. La separazione sia netta: entrambe ne verranno rafforzate".

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A differenza della discussa relazione pronunciata dal presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo appena una settimana fa, Draghi non getta la croce addosso a nessuno, non processa la classe politica ma ricorda che, "perché la finanza pubblica torni a essere di beneficio per la crescita e non di freno, occorre che il suo riordino veda meno spese correnti, più investimenti, meno tasse e che soprattutto continui: abbiamo smesso di accumulare debito, non abbiamo iniziato a ridurlo".

"Dobbiamo por mano con maggiore determinazione alle debolezze strutturali della nostra economia – suggerisce ancora – Il consumo delle famiglie, eroso dalle rendite, frenato dall’incertezza sull’esito di riforme che toccano in profondità la loro vita, deve riprendere slancio". E ancora: "Affrontare il problema della previdenza in modo mai definitivo ha un costo in termini di mancata crescita, minori consumi". Ma anche la scuola e l’università meritano la massima attenzione: "La bassa collocazione del nostro sistema scolastico nelle graduatorie internazionali ha una caratterizzazione territoriale che merita attenzione".

Le aggregazioni bancarie. Il governatore di Bankitalia non può naturalmente non ricordare e analizzare gli ampi progressi del sistema bancario, le aggregazioni che ne hanno rivoluzionato la struttura e il peso in Europa: "Un anno fa le due banche italiane più grandi erano al settimo e al diciottesimo posto nella graduatoria europea per capitalizzazione di Borsa. Le prime tre banche popolari detenevano il 49 per cento dell’attivo della categoria in Italia. Oggi, se le operazioni annunciate dai consigli di amministrazione saranno confermate, le prime due banche italiane saranno al terzo e all’undicesimo posto; le prime tre popolari avranno una quota pari al 73 per cento dell’attivo della categoria".

Il ruolo ‘neutrale’ di Bankitalia. Rispetto alle aggregazioni bancarie, Draghi rivendica il ruolo attento svolto da Bankitalia, dopo il prolungato ‘interventismo’ del passato: "Il ruolo che vi abbiamo svolto è stato neutrale, non distaccato. Abbiamo indicato l’obiettivo, non il protagonista del percorso: puntare alla crescita, abbandonando i campanilismi del passato, accettando la sfida del mercato. Da questo è nata la trasformazione, non dai programmi delle Autorità".

Le banche siano trasparenti. E indica la strada ancora da percorrere: "Occorre ora che azionisti, famiglie, imprese ne vedano chiaramente i benefici: aziende più forti, pronte a offrire una gamma di servizi più ampia a costi inferiori. Occorre infine che i conflitti di interesse, sempre presenti nella terra degli intrecci azionari, vengano risolti". A questo proposito, Draghi sottolinea: "Un sistema finanziario moderno non tollera commistioni tra politica e banche. La separazione sia netta: entrambe ne verranno rafforzate". Trasparenza ed efficienza anche in termini di minori costi per la clientela non devono essere obiettivi lontani, aggiunge Draghi: "I tempi perché le sinergie che sono all’origine del consolidamento si traducano in maggior valore per gli azionisti e maggiore efficienza a servizio dei clienti si sono però drammaticamente ristretti". "La Banca seguirà con attenzione tutti questi sviluppi", assicura infine.

La crescita. La ripresa proseguirà, Draghi si mostra fiducioso sulle prospettive del Paese: "Dalla metà del 2006 l’economia italiana è in ripresa. La crescita si è consolidata nel corso del 2006, sfiorando in media il 2 per cento, un risultato che non si aveva da cinque anni. Per il 2007 ci si attende un tasso di sviluppo simile, nonostante il rallentamento del primo trimestre". Questo perché, spiega il governatore, la crescita è alimentata dagli investimenti, dall’espansione della domanda estera e confermata dall’aumento dell’occupazione.

La finanza pubblica. Bankitalia ritiene anche perfettamente raggiungibili gli altri obiettivi indicati dal governo per il 2007: l’indebitamento netto pari al 2,3 per cento del Pil e l’avanzo primario al 2,6 per cento. Ma, ammonisce Draghi, "per assicurare la sostenibilità dei conti pubblici, la riduzione del disavanzo deve proseguire con interventi decisivi sulle dimensioni e sulla composizione del bilancio". Il debito va ridotto, ricorda il governatore, non solo perché "vincola le politiche pubbliche", ma anche perché "riduce le risorse per gli investimenti, per la spesa sociale". E in vista di un aumento dell’età media nel Paese, "A noi la scelta se abbattere il peso del debito nei prossimi 10 anni, prima dell’accentuarsi dell’invecchiamento, o aspettare: accettando però profondi cambiamenti nel sostegno che la società sarà in grado di assicurare ai più deboli".

Ridurre la spesa. Altro intervento di finanza pubblica non più procrastinabile, afferma Draghi, è quello sulla spesa: "E’ solo riducendo stabilmente la spesa corrente che si può comprimere il disavanzo e abbattere il debito senza aggravare anche il carico fiscale".

Relazione, tesoretto serva a ridurre disavanzo. Nella Relazione annuale della Banca d’Italia presentata oggi all’assemblea, si sottolinea inoltre come "Eventuali entrate superiori alle attese vanno prioritariamente indirizzate alla riduzione del disavanzo". Questo anche perché, per gli esperti di via Nazionale, "l’obiettivo del pareggio di bilancio è ancora lontano. Il livello di disavanzo previsto per il 2007 non è in grado di innescare un’adeguata flessione del rapporto tra il debito e il Pil".

Pensioni, alzare l’età e rivedere coefficienti. Ma, prosegue il governatore, "un riequilibrio duraturo richiede un intervento sul sistema previdenziale", che vada nella direzione di un "accrescimento nel tempo dell’età media effettiva di pensionamento, anche per mantenere un livello adeguato nei trattamenti". Inoltre, sempre in riferimento alle pensioni, secondo Bankitalia "Si deve applicare l’impianto del regime introdotto nel 1995", cioè in definitiva rivedere i coefficienti di trasformazione previsti dalla riforma Dini, in base ai quali vengono calcolati i trattamenti futuri: "Lo stretto collegamento sul piano individuale tra contributi e prestazioni riduce le distorsioni del prelievo e le differenze di trattamento fra categorie di lavoratori; permette flessibilità nella scelta dell’età di pensionamento. Un’applicazione rigorosa e tempestiva dei meccanismi di riequilibrio previsti dall’attuale normativa – aggiunge – è essenziale".

Nella Relazione presentata stamane all’Assemblea, a proposito della riforma previdenziale, i tecnici di via Nazionale spiegano che, senza lo scalone introdotto dalla riforma Maroni (tutti in pensione a 60 anni dal 2008) nel 2050 il rapporto tra debito e Pil esploderà, fino ad aumentare del 20%. E potrebbe far registrare un aumento di circa il 40% se non verrà attuata una revisione dei coefficienti di trasformazione delle pensioni.

L’istruzione e la scuola. Come anche in altre occasioni, Draghi nella relazione pone l’accento sull’importanza della scuola e del sistema dell’istruzione per una crescita del Paese che abbia radici profonde e durature. "L’istruzione – dice – si conferma al primo posto tra i campi dove un cambiamento forte è necessario", soprattutto al Sud, dove "i divari di apprendimento sono significativi già a partire dalla scuola primaria". La "povertà di conoscenze", sottolinea Draghi, è "anticamera della povertà economica".

Le infrastrutture, eterno nodo irrisolto. La questione infrastrutture completa l’analisi delle disfuzioni del settore pubblico: "Nell’area delle infrastrutture sta un nodo irrisolto". "Nell’interesse generale – osserva Draghi – occorre riflettere sui casi in cui è opportuno, trascorso un tempo definito, svincolare l’azione del governo centrale dall’obbligo di assenso degli enti regionali e locali interessati. dare voce alle esigenze locali deve essere possibile senza bloccare sine die la realizzazione di opere necessarie alla modernizzazione del Paese".

Le imprese, i progressi e i nodi. A dover attuare politiche che favoriscano e rendano stabile la crescita non sono però solo le forze politiche, secondo Bankitalia, ma anche quelle imprenditoriali. "Oltre la metà delle imprese industriali del campione – dice Draghi citando un’indagine condotta nei mesi scorsi da ricercatori di via Nazionale – ha cambiato la strategia nell’ultimo quinquennio". "Un’impresa su cinque, una quota quasi doppia rispetto all’inizio del decennio, adotta forme di internalizzazione". "In tutte le imprese si è accresciuta l’importanza degli investimenti in progettazione, design, marchi, reti distributive e di assistenza". In molte imprese, segnala ancora Bankitalia, c’è stato un ricambio generazionale, e queste "hanno in media risultati migliori".

Ma, prosegue Draghi, "Sarebbe sbagliato concludere che la crisi di produttività e competitività degli anni scorsi sia ormai dietro le nostre spalle. La produttività dell’industria, caduta di tre punti percentuali tra il 2001 e il 2005, è cresciuta lo scorso anno di poco più di un punto; in Germania, Francia e Spagna è salita fra il 3 e il 6 per cento. Il divario nella dinamica del costo del lavoro per unità di prodotto si è ampliato. La strada da percorrere – conclude – è ancora lunga". Anche in relazione, ricorda Draghi, della dimensione delle imprese: "Il 40 per cento delle imprese che giudicano troppo piccola la propria dimensione ha mancato concrete occasioni di ampliamento, per acquisizione o fusione, nell’ultimo decennio".

Società per azioni "opache". Parlando delle imprese, Draghi ha posto l’accento anche sulla necessità di una maggiore trasparenza nella gestione, soprattutto in relazione alle aziende quotate: "Le aziende quotate italiane ricorrono di frequente a strutture organizzative complesse. Rispetto ad altre modalità per separare la proprietà dal controllo, una struttura a piramide può accentuare la difficoltà di vagliare adeguatamente le operazioni all’interno dei gruppi, aumentandone l’opacità". (31 maggio 2007)

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