Deutsche Bank, Berlino pronta al soccorso: “Colpo alla nostra credibilità”
Tonia Mastrobuoni
L’istituto tedesco ha perso in Borsa l’8,5 per cento in un giorno. Il cancelliere Scholz: non c’è motivo di preoccuparsi
BERLINO – Nel 2008, milioni di persone scoprirono che esistevano, nascosti nei bilanci delle banche come piccole bombe a orologeria, i “subprime”, mutui immobiliari poi impachettati in titoli altamente speculativi. Quando quelle bombe scoppiarono tutte insieme, scatenarono la più grave crisi finanziaria di tutti i tempi. In questi giorni, dopo il collasso sfiorato di Credit Suisse, anche fuori dalla stretta cerchia dei nerd da listino è cominciato a circolare un altro nome che rischia di fare tristemente storia. Anzi, più che un nome è una sigla: AT1, che designa un’obbligazione senza scadenza che le banche usano come cuscinetto contro le perdite. Un bond, ironia della sorte, creato proprio a seguito della Grande crisi del 2008.
Ebbene, un primo shock per i mercati è arrivato nei giorni scorsi dalla Svizzera, quando la Banca centrale, a fronte delle difficoltà di Credit Suisse, ha deciso di azzerare questi bond e di far pagare il collasso dell’istituto ai loro detentori più che agli azionisti. Apriti cielo: era una chiara violazione delle regole bancarie internazionali. E dunque la Bce si è affrettata ad assicurare che fuori dalla Svizzera una tale violazione delle regole non avverrà mai. Ma a fronte del caso scoppiato ieri di Deutsche Bank, secondo due fonti autorevoli, potrebbe avvenire molto di peggio: «Rischiamo la fine dell’Unione bancaria e del bail in e una enorme perdita di credibilità della Germania».
Il crollo di Deutsche Bank è avvenuto sempre a causa di un episodio legato ai bond AT1. Gli investitori si sono spaventati perché il maggiore colosso bancario tedesco ha deciso di richiamare 1,5 miliardi di quei bond a scadenza 2028. «I mercati irrazionali» – come li ha definiti un report di Citi ieri – hanno subodorato che l’abbia fatto per il timore di non poter più accedere ai mercati. E il titolo ha perso fino al 15% chiudendo la giornata a -8,5%.
Il cancelliere Olaf Scholz si è affrettato a puntualizzare che «non c’è ragione di preoccuparsi» per Deutsche Bank, che ha «modernizzato ed organizzato il modo in cui lavora, è una banca molto redditizia». Idem ha fatto la presidente della Bce, Christine Lagarde. Ma a Berlino nessuno dorme sonni tranquilli. Deutsche Bank è stato per molto tempo il gigante dai piedi d’argilla, un colosso che aveva inseguito la chimera delle grandi banche d’investimento americane sulla via degli strumenti finanziari complessi e rischiosi per gonfiare i bilanci. E l’istituto tedesco aveva riempito per anni i suoi bilanci di derivati.
Dopo il collasso di Lehman Brothers nel 2008, le due maggiori banche tedesche, Deutsche Bank e Commerzbank, avevano cominciato pericolosamente a vacillare. E la seconda fu salvata dallo Stato, che si comprò il 30% del capitale. Complessivamente, per tutelare il suo pericolante sistema bancario fatto anche di banche regionali, Merkel aveva investito oltre duecento miliardi di euro. Ultimamente, Deutsche Bank stava risollevando la testa dopo anni di buio.
Il punto, ora, sarà politico. Dopo l’avvio dell’Unione bancaria nel 2010, il ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble, grande moralizzatore dei bilanci, bancari e di Stato, aveva deciso che non si poteva più chiedere ai contribuenti di pagare gli errori dei banchieri. E aveva imposto all’Europa la regola del bail in, che stabiliva una chiara gerarchia per i casi di bancarotta. Prima di arrivare al salvataggio con denaro pubblico dovevano pagare gli azionisti e i creditori e chiunque avesse investito un euro nell’istituto. 25 MARZO 2023
Fonte Link: repubblica.it