Sul valore dell’alloro
Si muovono come fossero i consacranti e hanno lo stesso incedere religioso. Si alzano, si abbassano, si fraintendono divini.
Sono coloro che giurano sul valore e la storia dei versi. Ed è per questo che essere presenti, nominati, è un titolo un merito uno stato di grazia avvenuta.
I premi letterari allevano giurati.
Loro si prestano, ovunque ci sia un giudicabile: sempre con la stessa approssimativa competenza. Trascinano un peso, lo scaricano, come portatori di sacchi di sapienza, su ogni sprovveduto autore che gli si presenti. Non controllano lodi, esaltazioni, grandiosità, agli amici che svernano la domenica componendo versi; agli illuminati coperti dalla casta; ai giudicanti all’occorrenza giudicabili.
Si celebrano si proclamano si premiano, costruiscono la classificazione del poeta. Mantengono i ruoli sostenendosi.
I poeti, al di fuori di questa giostra sono gli stupidi utili. Perché ci credono, confidano e partecipano.
Non vi è né poesia né purezza, in quelle adunanze "trombonali", ma solo scambi baratti esigenze mercenarie.
Loro sono i manovratori professionisti, che con coppe e attestati ritengono di dare dignità ai versi; sono i sensali che interferiscono modificano aggiustano pretendono un prezzo. Sono dei macellatori.
Purtroppo le loro basse strategie hanno modificato il significato di cosa sia una composizione in versi e creato confusione, illudendo che basti centrare una rima per diventar poeta.
Michele Caccamo