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Formazione del pubblico e una rete di relazioni culturali

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Sulla necessità di formazione del pubblico e sulla necessità di una rete di relazioni culturali tra le diverse realtà locali, sui numerosi artisti invisibili

Buongiorno, mi presento, sono Simonetta Checchia, vicepresidente dell’ Associazione Culturale Numeriprimi e Direttore Artistico del Teatro No, inaugurato il 5 febbraio 2008 nel Quartiere Montanara. La nostra associazione si occupa di teatro di prosa, è nata nel 2000 a Parma e ha visto succedersi diversi periodi per la cultura locale. Partendo dalla nostra esperienza circoscritta, abbiamo osservato alcune dinamiche cittadine. Comincerò il mio intervento da una breve presentazione delle nostre attuali attività per arrivare ad alcune considerazioni di carattere generale e, se mi permettete, ad alcune proposte estese a tutti i presenti. Il neonato Teatro No ad oggi si trova ad aver organizzato, tra i salti mortali tipici di chi inizia, e senza aver ricevuto contributi, se non minimi, due stagioni teatrali, per adulti e per ragazzi e diversi corsi, promuovendo nel quartiere e nella città la cultura teatrale, musicale ed artistica in genere. Ma non siamo qui per lamentarci.

La realtà che un piccolo teatro come il nostro vive ci spinge spesso a cercare sempre idee nuove, convinti che la creatività può essere l’unica strada da percorrere per trovare soluzioni alternative a quella che abbiamo chiamato più volte "crisi", anche se proprio la crisi è spesso un’occasione da cogliere per migliorarsi. In questo senso per noi il concetto "zero" di cui si è parlato ieri è il pane quotidiano. Spesso ci troviamo fra colleghi a parlare di "piano a" e "piano b", sapendo che è sempre da quest’ultimo che alla fine si parte. Nonostante le difficoltà non ci arrendiamo, consci del valore che può avere un teatro periferico come il nostro e come altre interessanti e vitali realtà qui a Parma nel diffondere capillarmente un messaggio di cultura, arte, aggregazione e formazione quartiere per quartiere. Vorrei a questo punto soffermarmi sulla parola "valore". Ieri si è parlato spesso di "costi". Non sempre a un costo alto corrisponde pari valore, e viceversa. Proprio questo momento di difficoltà può insegnarci a cercare nelle cose soprattutto il "valore". Ci auguriamo che nessuna di queste realtà di periferia in seguito all’attuale momento di difficoltà debba scomparire e far perdere così alla città e ai quartieri questi preziosi contributi. Nello specifico, il quartiere Montanara, in particolare, in cui  operiamo, raccoglie un bacino di utenza molto eterogeneo per sesso, età, livello di reddito e di istruzione. Vi  abitano circa 13.500 persone, è composto principalmente da famiglie con un reddito medio/basso, alcune di provenienza extranazionale con abitudini e culture diverse. D’altra parte, il quartiere è situato nelle immediate vicinanze del campus universitario, dove il parco studenti conta migliaia di iscritti. Il teatro stesso si trova all’ interno di un complesso scolastico, che comprende le scuole dell’ infanzia, le elementari, le medie e un centro di aggregazione giovanile. In seguito a una valutazione di questi dati, si è deciso di applicare prezzi popolari ai biglietti di ingresso. Nonostante questo, abbiamo potuto registrare direttamente che la spesa media di ogni cittadino per la cultura in questo periodo di crisi è ulteriormente diminuita, come recenti dati statistici su scala nazionale confermano. Sembra che solo la spesa per assistere a concerti di musica leggera non sia calata, anche se la notizia della chiusura dell’Heineken Jamming Festival che  ho appreso ieri non mi rincuora in questo senso. Vado spesso a teatro specie per vedere prosa e  mi spiace notare che più volte negli ultimi tempi quelli che incontro sono i soliti addetti ai lavori, e che c’è poco pubblico "vero".  Oggi le diverse possibilità mediatiche (tv, computer) che trattengono in casa, unitamente alle difficoltà economiche della gente, portano necessariamente il teatro a doversi ripensare, a trovare nuovi modi di essere. Sinceramente ho pensato parecchio a come il teatro si possa ripensare, e credo che la chiave sia oltre che nella valenza sociale e sensoriale dell’esperienza teatrale, nella possibilità di visioni di diverso valore rispetto a ciò che, ad es., il mezzo televisivo propone. Antigone, ad es., è raramente visibile in tv!  E  qui mi riallaccio al concetto di formazione di cui ieri si è parlato più volte. Per un migliore apprezzamento delle opere teatrali bisognerebbe avere un pubblico che ne abbia la conoscenza. Formare il pubblico è un’iniziativa importantissima che è stata più volte attuata a Parma. Ora più che mai c’è bisogno di formare nuovo pubblico. Il pubblico di Parma, per riallacciarmi al mio discorso precedente, è un "valore" da tutelare. Ad esempio, la fascia di età delle scuole superiori è importantissima per la formazione del gusto, si passa dalla "stagione ragazzi" alla "stagione adulti"; proprio per questo motivo è vitale formare i ragazzi al teatro e all’arte in genere, visto che in ogni caso sono bombardati continuamente da stimoli televisivi – e non solo – di basso livello. Ho condotto personalmente e so che altri conducono con impegno e competenza laboratori di recitazione per i ragazzi delle superiori, tuttavia credo che sia fondamentale insistere  anche su un discorso di introduzione alle opere. Credo che un’ azione concreta da questo punto di vista creerebbe non solo nuovo pubblico, ma il pubblico giusto, sviluppando nei giovani uno sguardo consapevole e non convenzionale sulla società contemporanea, che suggerisca loro alternative alle banalità, alle convenzioni, alle solitudini e al disagio. Per la fascia di età citata ma non solo, sarebbe importante creare un comune progetto concreto mirato alla diffusione della cultura teatrale e dello spettacolo dal vivo, alla formazione e allo sviluppo professionale e produttivo del settore, soprattutto in zone periferiche e decentrate quale appunto quella specifica in cui ci troviamo ad operare.

L’Emilia e Parma in particolare si dimostrano molto attente al panorama teatrale e il fiorire di teatri e di pubblici interessati non solo è palese per chiunque faccia tappa nella città, ma è dimostrato dalle numerose realtà locali che si occupano di cultura e teatro. Soprattutto negli ultimi anni abbiamo potuto registrare un interesse da parte dei giovani riguardo alla cultura teatrale e in particolare alla recitazione, tant’ è che Parma è la città natale o in cui risiedono parecchi giovani attori professionisti. Parlo soprattutto della fascia di età che va dai 25 ai 40 anni più o meno. E’ un altro "valore". Ci sono tante persone diplomate nelle più rinomate scuole di teatro che tornano a Parma e fanno le prove dove possono per poi proporre le loro produzioni altrove oppure, non trovando opportunità per emergere, scelgono di lavorare altrove. Ci sono tante nuove compagnie che si sono formate in seguito ai corsi di recitazione di tanti teatri. Cito il Teatro del Tempo, come il Teatro Europa, il Teatro del Cerchio, il Teatro delle Briciole, Teatro Due, Lenz Rifrazioni, e anche noi; spero di non aver omesso nessuno e, se ho omesso qualcuno, non me ne vogliate. E’ una ricchezza sommersa che Parma ha, ma non sa di avere. Sarebbe molto interessante vedere quante realtà verrebbero a galla se fosse data loro una cornice adatta, come ad es., un festival ad esse dedicato. Inoltre abbiamo notato che, soprattutto in un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo proprio in una città piena di risorse umane dal punto di vista artistico e culturale, si fa poca rete fra i teatri cittadini e ultimamente si importano spettacoli in numero superiore a quanti si producano o esportino. E qui mi riallaccio al discorso del Dr. Le Moli e mi pongo anche io la domanda: siamo produttori o consumatori culturali? A riguardo mi piacerebbe citare un’iniziativa del comune di Carpi, simile all’obiettivo, se vogliamo, di questi due giorni di lavoro. L’assessorato alla Cultura locale ha creato e coordina un forum delle varie realtà teatrali cittadine, aperto a teatri, associazioni e singoli artisti, un punto di incontro in cui le attività di tutti possano essere conosciute tra addetti i lavori e dove possano nascere collaborazioni e produzioni teatrali comuni. Concludo il mio intervento con questa domanda che vuole essere uno spunto di riflessione: a Parma i tempi sono maturi per un esperimento del genere?  Sarebbe importante che l’esperienza di questi due giorni portasse alla voglia concreta di fare rete, senza chiudersi, come sempre, ognuno nel proprio orticello. Credo sia necessario ritornare a pensare al teatro come fenomeno di aggregazione sociale e di crescita economica e di sviluppo, ma anche come sistema per la costruzione di un tessuto di relazioni che sono la cornice adeguata e la condizione necessaria e indispensabile per sviluppare un terreno favorevole alla circolazione delle opere e degli artisti. Non solo perché viviamo un momento di crisi, e mi auguro che i semi che gettiamo ora possano dare frutti da cogliere sempre, periodo dopo periodo.  Sarebbe ancora più bello fare rete non solo tra teatri ma tra i diversi enti ed artisti di varia estrazione che si occupano di cultura nelle maniere più diverse, pensando a un progetto di formazione culturale globale dei cittadini, con iniziative come, ad es., il biglietto unico che comprenda più iniziative, come la mostra, lo spettacolo. il concerto. D’altra parte. rompere gli schemi e le barriere per  venirsi incontro intersecando provenienze culturali di settori, idee  e stimoli diversi è un modo per rimescolare le carte e trovare nuove ed impensate combinazioni, guardando ai problemi in modo nuovo, sfruttando anche gli errori e i fallimenti ed entrando in campi ancora inesplorati.

Teatro No/ Numeriprimi

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