Antonio Carlo Ponti, Gli sgambetti della serendipità…
Chi non vorrebbe nella vita con 5 € vincerne un milione? Chi strigliato da avversità e lutti come Giobbe non vorrebbe godersi un quarto d’ora non di celebrità ma di serenità-serendipità?
Che cosa scrivere? Il dilemma mio settimanale. Istinto o riflessione? Meditazione o caso? Realtà o sogno? Tristezza o allegria? Folla o solitudine? Calcio o golf? Volevo fino a due ore raccontare del poeta Paul Celan (1920-1950) scampato a Auschwitz che usa tra le quattro che conosce la lingua dei carnefici, il tedesco. Todesfuge, fuga dalla morte una delle sue poesie. Una vita in fuga dai fantasmi. La colpa di essere non un sommerso ma un salvato alla Primo Levi. E a cinquant’anni si getta nelle acque della Senna, dal ponte Mirabeau. Cantato da Guillaume Apollinaire: «Sous le pont Mirabeau coule la Seine /Et non amours…sotto il ponte Mirabeau scorre la Senna e i nostri amori…». Corrispondendolo con Silvio D’Arzo (Ezio Comparoni, 1920-1932) e il suo racconto Casa d’altri tranquillamente fra i migliori 10 italiani di sempre. Leggere x credere le 40 pp. tradotte in un episodio strepitoso di Tempi nostri, 1954, di Alessandro Blasetti, con Michel Simon e Sylvie.
E invece mi ha sgambettato la serendipità, di cui ho forse discorso ma tempo fa e chi se lo ricorda se non è Pico della Mirandola. Una forma è questa, ma volontaria o si comodo: vorresti parlare di due letterati e finisci a parlare d’un epifenomeno. Se io cerco un ago nel pagliaio e vi trovo la moglie del contadino questa è serendipità statu nascenti (che è anche ma qui non c’entra un tubo il saggio di Francesco Alberoni). Insomma se cerco a e m’imbatto in b per caso si ha serendipity, parola coniata dallo scrittore inglese Horace Walpole, uno dei veri protoromantici, traendola da una fiaba persiana che nomina l’antico nome di Ceylon, Serendip.
Se in una provetta c’è della muffa che uccide i batteri e tu sei Alexander Fleming scopri la penicillina e poi gli antibiotici, più serendipità di così… ma
purtroppo il caso è raro e talvolta burlone, e ancor più sadico se la novità positiva ti scivola fra le dita, anzi fra i diti del ragioniere Ugo Fantozzi, il più jellato del Creato. Il poeta veneto Andrea Zanzotto, alludendo al razzista Cristoforo Colombo, preso di mira dalla cancel culture che ne imbratta o abbatte le statue, scrive che «quando si scrive una poesia è frequente la serendipità; miri a conquistare le Indie e raggiungi l’America».