Un Paese alla ricerca della vera democrazia
In Italia al momento mancano libertà e eguaglianza, valori che sono presenti nella sinistra e nelle Sardine, meno nei Cinquestelle. Le numerose elezioni regionale e comunali dei prossimi mesi possono segnare la strada verso la guarigione della nostra forma di governo
Eugenio Scalfari
Oggi si vota in Emilia Romagna e in Calabria. Il destino del governo passa per Bologna. L’Emilia Romagna è una regione varia e ricca, con un passato democratico ben noto da almeno un secolo e mezzo, ma offuscato da un passato più remoto e abbastanza agitato, a cominciare da Cesare Borgia. Roba vecchia. Ma chi vincerà? La sinistra democratica è abbastanza forte sia in Emilia sia in Romagna, ma la destra salviniana è anch’essa robusta e Salvini si dà molto da fare. Zingaretti è mobilitato al cento per cento e poi anche lì voteranno le sardine. Tutti alla prova, salvo Di Maio che ha dato le dimissioni dalle cariche che ricopriva al vertice del partito di cui è stato il leader politico principale. Cosa farà Di Maio nel futuro prossimo? Mi permetto di dargli un consiglio: gradualmente ma rapidamente potrebbe uscire del tutto dalla politica e girare il mondo per capirne la qualità, perlomeno nei Paesi di democrazia storica. Ci vorranno almeno un paio d’anni per una persona che è benestante ma non naviga nell’oro e soprattutto in un paio d’anni sarà cresciuto di pensiero e voglia di fare. Che cosa farà non lo sa neppure lui ma a me sembra che la cultura politica in lui sia un desiderio maggiore del potere. Speriamo bene.
Zingaretti ha dedicato a queste elezioni l’intero tempo a sua disposizione, ha puntato sui vari movimenti socialisti e, diciamolo, sull’area socialista dell’Emilia e della Romagna. Contemporaneamente ha combattuto anche per il partito da lui guidato. Quindi due battaglie in una e pare giusto che si comporti così: il partito è quello che sappiamo e sta intorno al 20-23 per cento. In queste elezioni potrebbe anche crescere e chi la pensa come noi se lo augura. Ma Zingaretti deve anche occuparsi specificamente del partito di cui è segretario e che ha uno stato maggiore composto da persone di antica e notevole esperienza a cominciare da Gentiloni, Fassino, Franceschini, Minniti, Cuperlo e via dicendo. Questo è Zingaretti, un leader politico di notevole rilievo. Che accadrà se perderà? Quest’ipotesi, non augurabile per chi la pensa come me, non è catastrofica: ci saranno nei prossimi mesi altre elezioni regionali o comunali di notevole rilievo ed è pensabile una varietà di risultati per tutte le forze in campo che sono almeno tre, i socialdemocratici, la destra con Salvini e un centro che ora sta da una parte e ora dall’altra e anche in certe circostanze del tutto solo.
Il centro di solito conta poco nei Paesi democratici ma in altri è per molto tempo quello di maggior rilievo. Avviene quando al potere non c’è una democrazia ma una dittatura. Al momento l’Italia democratica è in qualche modo uno scherzo: la democrazia c’è ma i suoi valori sono modesti e i suoi ideali più modesti ancora. Salvini non è democratico e lo dice lui stesso: è potenzialmente un dittatore. Zingaretti e tutto il socialismo sono democratici totalmente. I grillini un po’ sì e un po’ no, un piede a destra e un altro a sinistra e infatti hanno alternato la loro maggioranza prima con Salvini e poi con i socialisti. Un tempo a sinistra c’era anche Matteo Renzi che attualmente in Parlamento è ancora relativamente forte; fuori è una pulce anche se è parlante a voce spiegata. E poi un nome che abbiamo più volte fatto da ormai un anno è quello di Giuseppe Conte e qui si apre un tema che merita d’essere approfondito. Lo abbiamo già fatto in precedenti articoli ma la situazione cambia da una settimana all’altra nel nostro Paese e in particolare al vertice politico e in quello di presidente del Consiglio dei ministri.
Il potere di Conte in quanto capo del governo è molto variabile e lui stesso ne è principalmente consapevole: una settimana è forte e ha un lungo e notevole futuro, un’altra settimana l’orizzonte si contrae e il suo diventa un governo relegato all’ordinaria amministrazione. Sì e no, un passato da burattino, un futuro da burattinaio e un presente senza personaggi in teatro salvo Arlecchino. La vera fortuna di Conte è l’atteggiamento nei suoi confronti del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il Presidente sa benissimo quali sono i suoi compiti costituzionali e li interpreta in maniera perfetta. La vera democrazia repubblicana comporta che le formalità costituzionali siano rispettate al cento per cento, ma questo rispetto costituzionale obbedisce anche e soprattutto all’intelligenza politica del Presidente e quella di Mattarella è completa come lo è stata a suo tempo quella di Giorgio Napolitano e ancora prima quella di Carlo Azeglio Ciampi e quella di Oscar Luigi Scalfaro. Noi abbiamo avuto un Quirinale che ha fornito un servizio di prim’ordine rispetto a tutte le altre istituzioni della nostra Repubblica. In questa occasione il Presidente sa che Conte merita il sostegno costituzionale che gli è dovuto, glielo dà e Conte lo sa. Ecco uno dei punti di forza d’un Paese assai disastrato nelle sue fondamenta.
Fino a quando Conte sarà a Palazzo Chigi, l’Italia nell’attuale quadro parlamentare alla Camera e al Senato sarà una democrazia di stampo europeo ma l’equilibrio è tenue: o si rafforza o decade.
Una vera democrazia nell’Europa di cui facciamo parte si fonda su due valori: libertà ed eguaglianza. Furono conquistati dalla Francia rivoluzionaria alla fine del Settecento: la storia del Terzo Stato all’Assemblea Costituente sboccò nella Costituzione democratica, accettata per qualche tempo da Re Luigi XVI ma avversata dalla nobiltà francese che era fuggita all’estero, dalla Prussia, dall’Austria e da altre Signorie europee con le quali i francesi fuggiaschi si erano alleati. Schierarono i loro eserciti ai confini francesi ma la Francia repubblicana era forte almeno quanto loro e forse di più. L’inno fu la Marsigliese: “Aux armes, citoyens, formez vos bataillons”. La battaglia di Valmy fu il primo e fondamentale scontro che la Francia vinse con l’esercito guidato dal generale Kellermann.
Non faremo certo qui la storia della Francia repubblicana di Danton, Marat, Robespierre e prima di tutti La Fayette. L’importanza di quella Rivoluzione nella storia europea è ben nota e si fonda come scrisse Karl Marx nel 1848 sui valori della libertà e dell’eguaglianza. Dove ci sono è perfetta ma dove mancano la democrazia è fortemente ammalata e questa è oggi la situazione italiana. Quei valori ci sono a sinistra e probabilmente anche nell’onda giovanile delle “Sardine”, mancano purtroppo nella Lega di Salvini e ci sono a metà nei Cinquestelle.
Qui ci troviamo e da qui i democratici sperano e vogliono ripartire. 25 GENNAIO 2020
Fonte Link: repubblica.it