A Parma si dorme ancora sotto le stelle
Isaia 50,4-7;
Salmo 21;
Filippesi 2,6-11;
Matteo 26,14-27,66.
Il Crocifisso ci ha convocati in una assemblea dove tutti siamo protagonisti, interpellati in prima persona: tu da che parte stai? Con i crocifissi o i crocifissori? Con gli oppressi o gli oppressori?
E’ il Crocifisso più conosciuto nel mondo, ma non è l’unico: sono milioni anche ai nostri giorni.
Forse qualche chiodo lo stiamo piantando anche noi; con il nostro egoismo, con l’indifferenza, con il nostro stile di vita iperconsumistico, mentre altri muoiono di fame e di sete; stando senza pudore dalla parte del potere, dei poteri forti, anche qui a Parma, dove ancora c’è chi dorme sotto le stelle che non brillano, né sorridono più, perché hanno vergogna per noi e per i nostri governanti.
I vangeli ci dicono la durata delle sofferenze fisiche di Gesù; molti crocifissi hanno sofferto più a lungo, perché la cattiveria umana non ha limiti.
Sempre dai vangeli sappiamo che il dolore di Gesù fu immenso, disperato; persino l’intensissima intimità con Dio andò in crisi profonda: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?", grida Gesù sulla croce.
Fu una sofferenza solidale e piena di amore per tutti, soprattutto per i più deboli nella fede.
Noi siamo Giuda il traditore, noi siamo i discepoli (maschi!) che fuggono, noi siamo Pietro il rinnegatore, noi siamo Pilato che sta col potere militare, economico ed ecclesiastico, noi, lo speriamo, siamo il centurione romano che grida: "Davvero costui era Figlio di Dio!".
Ed è il potere, non i nostri peccati, che uccidono Gesù di Nazareth. Aveva infatti sposato la causa dei profeti del Primo Testamento che, senza paura, gridavano:
"Se non farete giustizia allo straniero, all’orfano o alla vedova, tutta la vostra religiosità non serve a niente e a Dio fa ribrezzo". E’ per questo motivo che uccidono Gesù!
Ma il suo amore e la sua solidarietà furono tali da spingere il Dio della vita ad anticipare in Lui la sorte che sarà di tutti: il risveglio dalla morte, dopo tre giorni, cioè dopo un breve periodo, per vivere da Risorto, da Trasfigurato.
Quello che Dio ha fatto per l’uomo di Nazareth, ora diventa il nostro impegno: schiodare tutti i crocifissi. Ci vuole coraggio, il coraggio di cambiare il nostro stile di vita personale, familiare e comunitario e della nostra città di Parma.
Una operazione chirurgica ed estetica le sta togliendo le rughe esteriori; ma rimangono quelle profonde: il lavoro nero, il razzismo, gli affitti iniqui sia per noi indigeni, autoctoni, sia per i fratelli provenienti da altri paesi e la insufficienza di strutture sociali.
Il bisturi della guarigione non deve quindi fermarsi alla superficie ma andare in profondità.
Guardando il Crocifisso e tutti i crocifissi del mondo facciamo nostro il Manifesto del popolo della pace:
No al terrorismo, no a tutte le guerre; anche a quella più silenziosa e spietata che una globalizzazione ingiusta attua ogni giorno contro miliardi di persone spogliate della vita, della dignità e di ogni diritto, come capita alla minoranza cristiana in Iraq e all’antico popolo del Tibet.
Fra poco faremo tutti/e la Santa Comunione; non c’è bisogno di una confessione previa, di un pass; questa lo faremo in seguito. Ora dobbiamo essere spogliati come Gesù, prima di morire.
"Chi sta alla tavola dell’Eucaristia deve ‘deporre le vesti’. Le vesti del tornaconto, del calcolo, dell’interesse personale, per assumere la nudità della comunione; le vesti della ricchezza, del lusso, dello spreco, della mentalità borghese, per indossare le trasparenze della modestia, della semplicità, della leggerezza. Dobbiamo abbandonare i segni del potere, per conservare il potere dei segni".
Ricordiamo inoltre il messaggio della Comunità di Santa Cristina per questa Pasqua: "L’antipasqua non è solo l’aborto, ma ogni accoglienza mancata. E’ ogni rifiuto. Il rifiuto della casa, del lavoro, dell’istruzione, dei diritti primari".
Parma, omelia del 16/03/2008
Luciano Scaccaglia
teologo e parroco