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Betzaida e mitezza

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Don Umberto Cocconi

Dal Vangelo secondo Giovanni Ci fu la festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Ora c’è a Gerusalemme la piscina, chiamata in ebraico Betzaida, munita di cinque portici, sotto i quali giaceva gran quantità di ammalati, ciechi, zoppi o paralitici, in attesa del movimento dell’acqua;poiché l’angelo del Signore discendeva di tempo in tempo, nella piscina e l’acqua si agitava: allora il primo che s’immergeva, dopo il movimento dell’acqua, veniva guarito da qualsiasi infermità avesse.
5- Lì c’era un uomo infermo da trentotto anni. Gesù, vedutolo che giaceva e sapendo che già da molto tempo vi si trovava, gli disse: “Vuoi essere guarito?”. L’ammalato rispose: “Signore, io non ho nessuno che m’immerga nella piscina al primo moto dell’acqua, e mentre io vado, un altro vi discende prima di me”. Gesù gli disse: “Alzati, prendi il tuo giaciglio e cammina”. E in quel medesimo istante l’uomo si trovò guarito, e, preso il giaciglio, se ne andò. Era quello un giorno di sabato, e perciò i Giudei all’uomo guarito dissero: “È sabato e non ti è permesso portar via il tuo giaciglio”. Ma egli rispose loro: “Chi mi ha guarito m’ha detto: Prendi il tuo giaciglio e cammina”.

Si smuovono le acque

  1.  “Gesù salì a Gerusalemme…”.
  2. In Gerusalemme, presso la porta delle pecore…” La porta delle pecore è la porta attraverso la quale le pecore entravano sulla spianata del tempio per i sacrifici è quindi una porta che conduce al tempio.
  3. c’è una piscina chiamata in ebraico Betsaida, con cinque portici.” La piscina di Betsaida letteralmente vuol dire Casa della Misericordia si trovava a Gerusalemme e aveva cinque portici. Il numero cinque richiama i cinque libri di Mosè. La piscina ha un certo collegamento con il tempio
  4.  “Sotto questi portici giaceva una folla di ammalati, ciechi, zoppi, e paralitici in attesa del movimento dell’acqua.” La piscina era un luogo di raccolta di ammalati e infermi che vi andavano in gran numero perché credevano che in quel luogo avrebbero potuto ricevere la loro guarigione. Gli infermi che giacevano sotto i portici erano ciechi, zoppi, paralitici. Giovanni indica la reale condizione dell’uomo.
  5. 5.      “C’era là un uomo infermo da trentotto anni.” L’attenzione del narratore si concentra su uno di quei malati.
  6. Gesù, vedendolo sdraiato e saputo che da molto tempo si trovava in quella condizione, gli disse: Vuoi guarire?” Gesù volge lo sguardo verso un uomo che giaceva paralizzato e prende l’iniziativa. L’uomo infermo è affetto da un duplice handicap: da una parte è malato da tanto tempo e ciò fa supporre che la sua malattia fosse incurabile, dall’altra non può approfittare dell’efficacia dell’acqua. E’ significativo che Gesù, sapendo che da trentotto anni giaceva paralizzato presso la piscina gli abbia chiesto: “Vuoi guarire? “.
  7. Vi vedo la necessità di un’adesione consapevole della persona all’opera di guarigione.
  8. Rispose l’infermo: Signore io non ho nessuno che, quando si agita l’acqua,mi immerge nella piscina:mentre cerco di arrivarci,un altro vi si immerge prima di me.”                               Quest’uomo vuole cambiare la propria condizione ma è impossibilitato a farlo. Pur vivendo immobilizzato da trentotto anni, non aveva perso la speranza nella guarigione. Però il malato risponde riferendosi all’unica speranza che egli conosce: l’agitazione delle acque nella piscina, unitamente all’attesa di qualcuno che l’aiuti a calarsi dentro. Queste aspettative però sono state deluse da tempo perché non ha nessuno che lo immerga nella piscina. E’ il più povero tra i poveri!       Si sottolinea la sua solitudine, la sua rassegnazione tanto che la gente si disinteressa di lui.  …. quest’acqua promette una guarigione che non si realizza mai.
  9.  Gli disse Gesù: Alzati, prendi il tuo giaciglio e cammina. Alzati! Gesù dice tirati su, risorgi, fidati di me che sono venuto a cercarti. Prendi il tuo giaciglio! E questo lo dice per provocare: era sabato e non era permesso alcun lavoro. Cammina! Non più paralizzato, il tuo orizzonte sia la strada, la vita fuori ….

10. L’uomo fu guarito all’istante; prese il suo giaciglio e cominciò a camminare.” Gesù fa per lui quello che le acque agitate facevano a favore del più forte tra loro: ”il primo che correva a immergersi quando l’acqua veniva agitata, guariva da ogni malattia”. Il paralitico toccato da Gesù ritorna ad essere padrone della propria vita. Crede, si alza e cammina.

11. L’incontro con Gesù  (con te … ) gli cambia radicalmente la vita: se avesse deciso di non credere sarebbe rimasto nella paralisi.

12. Quel giorno era un sabato.” Il miracolo viene compiuto di sabato.   LA LEGGE. Cristo mette la persona umana al di sopra della legge. Emerge la differenza tra la potenza misericordiosa e miracolosa di Cristo e in questo caso la religione legalista e formale incapace di andare oltre le norme e vedere l’uomo …

13. La parola di Cristo solleva da uno stato di paralisi spirituale, la sua misericordia abbraccia il paralitico, così come abbraccia noi anche se non lo meritiamo; la fede in Lui ci permette di superare ostacoli, affrontare sofferenze, lenire dolori, guarire interiormente.

Egli perdona tutte le tue colpe,

guarisce tutte le tue malattie;

salva dalla fossa la tua vita,

ti corona di grazia e di misericordia; egli sazia di beni i tuoi giorni,

e tu rinnovi come aquila la tua giovinezza.

Salmo 103

  1. Oltre 90 le vittime del duplice attentato. Anders Behring Breivik, 32 anni, confessa la carneficina sull’isola di Utoya. A quanto pare il responsabile della strage di Oslo rischia il massimo della pena.
  2. Che in Norvegia non è l’ergastolo, perché lì non esiste, ma, per nostra massima sorpresa, solo 21 ANNI.
  3. Dopo aver scontato i 21 anni, il detenuto viene nuovamente giudicato. Se il pubblico ministero convince il giudice che c’è ancora un reale pericolo per la società, la Corte può condannare il carcerato ad altri cinque anni.
  4. E alla fine di questi ulteriori 5 anni il processo si ripete.

 

  1. L’atroce carneficina di Oslo ci ha fatto scoprire dunque che c’è un Paese dove il massimo della pena è 21 anni e non contempla l’ergastolo. Questo ci ha fatto pensare che quel Paese si affidi ad un sistema penitenziario che prevede il recupero e non solo la punizione.
  2. Così abbiamo fatto un po’ di ricerche su Internet e abbiamo trovato alcuni articoli che ci hanno aperto una finestra su una civiltà che definiremmo dell’altro mondo. 
  1. In un PEZZO del 2006 di Cinzia Sasso per Repubblica si racconta del carcere di Batoey (nella foto). Oeyvind Alnaes, il direttore del carcere di Bastoey, per quindici anni ha lavorato nei penitenziari “normali”, quelli chiusi; poi ha chiesto e ottenuto di inventare Bastoey, un altro modo di espiare la pena. Queste le sue parole a Cinzia Sasso: “La prigione non migliora la gente. Per questo abbiamo dovuto cercare altre strade. Se tratti male una persona, quello che la persona impara è a trattare male gli altri; se li vedi come pericolosi criminali continueranno ad essere pericolosi criminali; se rispetti, insegni a rispettare.
  2. Il massimo della pena, in Norvegia, è di 21 anni, perciò ogni detenuto, un giorno, tornerà ad essere il tuo vicino di casa. E se non gli insegni come comportarsi, allora sì che devi temere”. 

 

  1. In questo ARTICOLO invece si parla del sistema penitenziario norvegese, che, come spiega il ministro della giustizia norvegese Knut Storberget, si basa sull’idea che per ridurre la criminalità non basta chiudere a chiave i criminali in una stanza, ma bisogna educarli e aiutarli con i fatti a reintegrarsi nella società. In Norvegia la punizione di un carcerato consiste nell’essere in carcere e non nel perdere i suoi diritti di cittadino

 

10. Intanto leggiamo che Il premier Jens Stoltenberg alla messa funebre ha detto: “Al male reagiremo con più democrazia e più umanità”

  1. È un pianto senza fine oggi per noi. Per quelle vittime, per il dolore, per la bellezza e l’immensità di quelle parole, per la grandiosità di un premier che parla in questo modo. Per una civiltà dell’altro mondo.
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