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LODA LA SS. TRINITA’ CHI DIFENDE L’UOMO

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Proverbi 8, 22-31;
Salmo 8;
Romani 5, 1-5;
Giovanni 16, 12-15

Dio è comunione e condivisione: così è annunciato e proclamato nel Libro Sacro della Bibbia, soprattutto da Gesù di Nazareth e da Paolo di Tarso, e così è celebrato dai cristiani di tutte le confessioni, oggi e sempre.

Noi però siamo cattivi imitatori del mistero trinitario, perché divisi in classi, in razze, in poveri e ricchi, in onesti che pagano con scrupolo le tasse e allegri disonesti che evadono ed eludono. E la nuova manovra finanziaria è un cappio al collo dei lavoratori pubblici e degli Enti locali che compenseranno, con un taglio secco dei servizi e delle prestazioni sociali, il mancato trasferimento di sei miliardi da parte dello Stato.

E nessun prelievo sui grandi patrimoni!

Dov’è l’equa condivisione che il Dio trinitario ci insegna? Siamo chiamati alla lotta; infatti come dice uno slogan "Chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso".

Il mistero trinitario che ricordiamo ed adoriamo, non è solo una dottrina rivelata da contemplare, ma anche un’etica da vivere.

E’ un segreto circa la vita intima di Dio, in parte svelato, che incide profondamente e positivamente sul nostro vivere quotidiano a livello personale e sociale.

Così scriveva un vescovo, profeta e teologo: "Nel cielo, più persone mettono così tutto in comunione sul tavolo della stessa divinità, che a loro rimane intrasferibile solo l’identikit personale  di ciascuna, che è rispettivamente l’essere Padre, l’essere Figlio, l’essere Spirito Santo. Sulla terra gli uomini sono  chiamati a vivere secondo questo archetipo trinitario: a mettere, cioè, tutto in comunione sul tavolo della stessa umanità, trattenendo per sé solo ciò che fa parte del proprio identikit personale" (T. Bello, Benedette inquietudini ,p. 73).

E’ questa la "convivialità delle differenze", che dobbiamo vivere, oggi più che mai, perché i differenti, i diversi, gli altri siamo noi, tutti noi, e tale diversità  è un dono e una ricchezza.

Il nostro Dio è un Dio plurale, simpatico ed empatico; è un Dio stile famiglia, stile unità, stile comunione, il cui amore si traduce e si travasa negli altri, in noi, negli ultimi soprattutto.

Le letture ci svelano alcuni aspetti di questo Dio Uno e Trino.

Nella prima egli appare come Creatore, sapiente, pieno di fantasia e di passione, la passione dell’artista. Il mondo creato lo rende soddisfatto e gioioso, perché ancora non erano iniziati gli attacchi devastanti alla natura da parte degli uomini e delle donne. Si legge infatti nel brano: "Giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo".

Nella seconda lettura Paolo ci presenta Cristo, Figlio di Dio, come mediatore di salvezza e di grazia. Egli infatti è sceso nella mischia furibonda della terra, in uno "stadio planetario" di fanatici,  di intolleranti e di egoisti per farci toccare con mano e gustare la bontà di Dio Padre, e si è circondato  non di persone per bene o pie – spesso tali solo di facciata – ma di peccatori e peccatrici da amare, perdonare e salvare.

Nel brano evangelico Gesù per la quinta volta promette il dono dello Spirito Santo e ne spiega il ruolo, che è quello di "completare la sua rivelazione", annunciando un futuro nuovo di amore e di comunione solidale: "Lo Spirito Santo vi guiderà alla verità tutta intera…e vi annunzierà le cose future".

Di questo Dio-Trinità, noi siamo l’icona, come la intendono i fratelli ortodossi. Essa non ha una funzione puramente didattica come i quadri o gli affreschi che, proprio perché insegnavano visivamente la Parola di Dio, venivano chiamati la Bibbia dei poveri. L’icona ha soprattutto una funzione sacramentale, di rendere cioè presente la realtà raffigurata.

Di questo Dio, Padre-Madre, Liberatore, Consolatore-Difensore dei poveri, noi siamo il segno efficace, lo rendiamo visibile e presente attraverso la nostra comunione e la nostra condivisone. Dio continua a fidarsi di noi e a scommettere su di noi, e così un mistero di fede, che sembra lontano dalla mente e dal cuore, diventa vicino, molto vicino, immanente e carico di conseguenze personali e sociali, come ci ricorda la seguente riflessione:

 "La Trinità non è una specie di teorema celeste, buono per le esercitazioni accademiche dei teologi. Ma è la sorgente da cui devono scaturire l’etica del contadino e il codice deontologico del medico, i doveri dei singoli e gli obblighi delle Istituzioni, le leggi del mercato e le linee ispiratrici dell’economia, le ragioni che fondano l’impegno per la pace e gli orientamenti di fondo del diritto internazionale.

La Trinità, dunque, è una storia che ci riguarda. Ed è a partire da essa che va pensata tutta l’esistenza cristiana".

Per questo il martire Dietrich Bonhoeffer ci ricorda: "Solo chi sa lodare la Trinità può davvero difendere l’uomo".

Luciano Scaccaglia,
teologo e parroco di S. Cristina e S. Antonio Abate

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