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La solidarietà non è un optional

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Isaia 55, 6-9;
Salmo 144;
Filippesi 1, 20c-27a;
Matteo 20,1-16.

Se facciamo una lettura superficiale della parabola odierna, il Dio di Gesù di Nazareth sembra un capitalista di animo generoso: infatti, avendo fissato un salario minimo per i suoi precari a giornata, non se la sente di decurtare ulteriormente la paga a quanti sono rimasti in piedi, appoggiati sul muretto, sino a quando – quasi alla fine della giornata lavorativa – non è stato necessario ingaggiare anche loro.

Ma questo Dio, che cosa "conosce" del mercato, del liberismo, della meritocrazia, delle corporazioni che in Italia si arricchiscono sempre più a spese dei lavoratori, precari e non?

I messaggi della parabola sono ben altri; come appare anche da una frase della prima lettura: "perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri e le vostre vie non sono le mie".

Dalla parabola emergono due messaggi e due prassi, di Gesù e della Chiesa di Matteo.

Gesù difende il suo agire e quindi quello di Dio che Lui rappresenta.

Con una scelta controcorrente, Gesù aveva accolto gli scomunicati e i reietti dalla società puritana del suo tempo offrendo loro la salvezza. Per questo aveva suscitato il malcontento e la critica dei farisei. Fu costretto a difendersi. Lo fece contrattaccando, cioè appellandosi alla volontà e all’atteggiamento di Dio, che si rivela in Lui ricco di misericordia e di bontà.

Il Dio di Nostro Signore Gesù Cristo, vuole la giustizia (che spesso non c’è!) ma anche la carità e la misericordia.

Con la giustizia do a ciascuno il suo, ma solo con la carità do del mio. E, come siamo obbligati a praticare la giustizia sociale, così siamo obbligati (non è un optional) a realizzare la carità e la solidarietà.

Per chi è dubbioso su questa lettura della parabola cito due studiosi:

"La parabola non vuole anzitutto insegnarci come Dio si comporta, ma piuttosto come i giusti debbono comportarsi di fronte alla misericordia di Dio" (B. Maggioni).

Infatti, come aveva avvertito J. Dupont, "il problema non è quello dei diritti e dei doveri di un padrone, ma quello della solidarietà, che dovrebbe unire gli operai fra di loro".

E su questa strada della misericordia verso tutti ci porta l’esempio di Dio: egli dona la salvezza non solo a chi è chiamato per primo (l’ebreo del Primo Testamento, la bambina precoce che decide di farsi santa a quattordici anni, gli sposi modello che arrivano alle nozze d’oro dopo una vita di rinunce quotidiane…), ma anche a chi avverte la chiamata in extremis (il pagano contemporaneo di Gesù, il libertino che si converte come S. Agostino di Tagaste nel mezzo del cammino della sua vita, gli anziani mercanti alla Zaccheo che solo poco prima di morire si accorgono di aver sprecato l’esistenza a far soldi e per giunta disonestamente…). E qui si annuncia la possibilità inaudita che l’uomo e la donna, grazie ad una fede autentica, possano vincere l’invidia e la gelosia causate dalla gratuità dell’unico Padre e Madre (Dio).

Questa giusta, ma strana logica divina non piacque alla Chiesa di Matteo dove alcuni (i convertiti dall’Ebraismo, quindi i "primi") non volevano convivere alla pari con i "secondi" o ultimi, cioè con i convertiti dal paganesimo.

I privilegiati non volevano cedere né condividere i loro privilegi.

Capita anche ai nostri giorni!

Secca è la risposta di Gesù: "…tu sei invidioso perché io son buono?"

Ancora più dura quella di Matteo: "Così gli ultimi saranno i primi, e i primi gli ultimi".

Sia la parabola di Gesù sia l’attualizzazione che ne fa Matteo per i suoi cristiani, possono essere riassunte in questo modo: "Così opera Dio".

E noi come operiamo, da che parte stiamo? Disobbedendo ad alcune ordinanze del Comune, staremo dalla parte delle prostitute, sfruttate, schiavizzate dal racket e, in più, multate, staremo dalla parte dei senza tetto, che bivaccano dove possono e ora resi invisibili per fare bella la Parma del Correggio, staremo dalla parte dei mendicanti, resi insistenti e molesti dalla fame e dal bisogno.

Non ha detto Gesù, conoscendo il nostro egoismo, "I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me"? (Gv 12,8).

Che è come dire: per avere Gesù, per incontrarlo, bisogna difendere e liberare gli oppressi.

Questo è un ordine, un comando per tutti, perché nasce dall’amore.

Don Luciano Scaccaglia

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