SONO INFORMATO E DUNQUE SONO
Zaccaria 12, 10-11; 13,1;
Salmo 62;
Galati 3, 26-29;
Luca 9, 18-20.
Gesù di Nazareth, Icona di Dio, uomo innocente, schierato a favore degli ultimi, allergico al potere sia politico che ecclesiastico è oggi più che mai presenza critica, punto di riferimento e forza dirompente per contestare una società civile aggredita da corrotti-corruttori e una Chiesa incagliata in scandali morali ed ora anche in scandali finanziari ed economici.
Ma chi è veramente Gesù, in cui poniamo ogni speranza per il rinnovamento personale, sociale ed ecclesiale?
Lui stesso, nel vangelo di oggi, vuole sia fatta chiarezza sulla sua identità e quindi fa un sondaggio d’opinione: "Chi sono io secondo la gente?".
I discepoli riferiscono le opinioni del tempo su Gesù, tutt’altro che trascurabili: infatti mettono Gesù tra i grandi personaggi del mondo ebraico: Giovanni il Battista ed Elia, assunto in cielo.
Ma ora i preamboli sono finiti, i discepoli devono uscire allo scoperto. Gesù li inchioda con un’altra domanda: "Ma voi, chi dite che io sia?".
Risponde Pietro il quale indica in Gesù "Il Cristo di Dio", cioè il consacrato nello Spirito divino che offre all’umanità la parola e la presenza perfetta e definitiva di Dio all’interno della nostra storia.
Egli è il Salvatore, è la potenza liberatrice di Dio che penetra come lievito nella massa fredda della nostra umanità. Ma la definizione di Pietro ha ancora attorno un alone che falsa il vero volto del Cristo. Non dimentichiamo, infatti, che in quell’epoca il messianismo aveva forti connotati politici e trionfalistici.
Ecco allora farsi largo un secondo momento in cui Gesù impone il silenzio attorno alla professione di fede di Pietro, perché egli la vuole illuminare di uno strano e sconcertante bagliore. Certo, egli è il Messia-Salvatore; ma un Salvatore che non imbocca la strada del trionfo imperiale ma quella della donazione della stessa vita per le persone amate da salvare. Un Messia che attua la sua opera gloriosa segnata dal sangue e dalla morte più infamante, quella riservata dal potere romano agli schiavi e ai terroristi di allora. Un profeta perfetto e definitivo che è totalmente rifiutato dai responsabili dell’annunzio della Parola di Dio, cioè gli anziani, i sommi sacerdoti e gli scribi.
Dopo l’inchiesta, Gesù chiede la sequela. Non promette cammini facili, né propone scorciatoie di comodo.
Le sue parole impopolari portano però alla meta, alla gloria, attraverso la croce.
Che cosa comporta questa sequela?
"Rinneghi se stesso": frase tagliente che disorienta; non indica né disprezzo di sé, né poca stima personale.
Indica invece una specie di decentramento e libertà da se stessi, più chiaramente: Gesù non vuole che l’amore per noi stessi diventi soverchiante, esagerato a tal punto da trasformarsi in egoismo ed egocentrismo: rinnegare per amare di più.
"Prenda la sua croce": non quella ornamentale e vanitosa appesa al collo, bensì il pesante troncone trasversale della croce portato dal condannato tra due ali di folla curiosa, spesso irridente e piena di sarcasmo.
In questa prospettiva, il discepolo è un condannato dalla mentalità degli uomini, dal cosiddetto "buon senso", esposto al linciaggio morale dei benpensanti, considerato pericoloso per la società, quindi sconfessato, allontanato dalla città, a volte scomunicato, e, come Gesù, mandato a morire fuori dalle mura.
La domanda di Gesù è sempre più incalzante ed urgente: "Chi è Cristo per me, per noi?".
Signore, allora cosa debbo rispondere alla gente che mi domanda chi sei?
Al drogato, al politico, alla prostituta, al giovanotto rambo, all’operaio sfruttato, all’intellettuale tuttologo, al padre padrone, alla donna abbandonata, all’ammalato di Aids, al cantautore, all’adolescente impasticcato, a me, povero prete?
Forse ho trovato. Faremo come hanno fatto i due discepoli di Emmaus: ci fermeremo, mangeremo qualcosa insieme, spezzeremo lo stesso pane…Perché il nostro Messia è Pane spezzato, è casa aperta, è lavoro condiviso, è lotta al potere, alla cricca, è libertà di conoscere, di sapere, di informazione.
In merito è la storia stessa a suggerirci la seguente constatazione "Sono informato e dunque sono". Ancor più evidente è la versione negativa. E cioè: "Non sono informato e dunque non sono".
Sono milioni e milioni le persone che nel secolo scorso andarono a morire nel nome di ideali che in realtà erano traditi da chi li mandava al massacro: essi, poveri soldati o costruttori di opere faraoniche senza senso, o lavoratori convinti che i padroni avessero ragione e che bisognava accettare salari da fame, o che per andare in Paradiso bisognava rassegnarsi alla miseria, tutti costoro furono vittime di mancanza di informazioni sulla realtà.
L’esempio più celebre e doloroso è quello dei tre o quattro soldati giapponesi che continuarono a vivere per trent’anni nelle giungle dell’Estremo Oriente, in una spaventosa solitudine e regrediti allo stato di uomini dell’età della pietra, perché mancavano di due informazioni essenziali: che il loro imperatore non era un dio imbattibile e che la guerra era terminata.
Non sono casi lontani. Milioni di esseri umani muoiono oggi perché le grandi imprese farmaceutiche negano informazioni sui farmaci che potrebbero salvarli. Milioni di esseri umani non sono in grado di sviluppare i loro talenti perché l’analfabetismo li priva delle necessarie informazioni sugli strumenti per svilupparli. A ragione Saint Exupèry parlava di "piccoli Mozart assassinati".
Senza informazioni o con informazioni ridotte o con informazioni falsate non esistono democrazie.
Signore, liberaci da questo pericolo!
Luciano Scaccaglia,
teologo e parroco di S. Cristina e S. Antonio Abate