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Trasformare gli uomini da candidati dell’aldilà in studenti dell’al di qua!

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Isaia 25,6a.7-9;
Salmo 24;
Romani 8,14-23;
Matteo 25,31-46.

Oggi, Commemorazione dei defunti, celebriamo la vita, non la morte, la vita eterna, la vita piena dei defunti, di coloro che hanno già svolto la loro funzione, il loro ruolo sulla terra; ora però sono impegnati, non in un "riposo eterno", ma nella intercessione e nella comunione con noi.

Oggi e sempre vogliamo combattere la morte, il grande, scandaloso, ultimo nemico, anche di Dio.

E’ difficile credere in Dio, alla sua bontà infinita di fronte a malattie che fanno urlare per il dolore o che devastano il corpo, dono di Dio; di fronte a persone morte per stupro, o per incidenti stradali, incidenti causati da ubriachi o drogati.

E’ difficile credere in Dio, di fronte alla morte di innocenti, cioè di coloro che non hanno fatto del male.

Per questo molti si ritrovano in questa frase un po’ scherzosa di Woody Allen: "Non credo in una vita futura, ma porterò comunque della biancheria di ricambio".

E lo scrittore A. Camus in modo più drammatico esclama: "non riuscirò a credere in Dio finché vedrò un bambino soffrire".

Così per molti è difficile credere che l’anima è immortale, come invece affermano filosofi antichi e moderni.

Noi vogliamo fidarci di Dio, come Dio dei vivi, che la Bibbia presenta come Padre-Madre e la cui onnipotenza è al servizio della vita, della vita eterna, senza fine.

E’ il messaggio delle letture.

La prima parla del Paradiso come di una festa, di un banchetto nuziale, dove si entra senza inviti, dove non ci sono posti riservati, banchetto aperto a tutti:

"Preparerà il Signore degli astri, per tutti i popoli, un banchetto".

Nella seconda lettura di Paolo appare una bellissima immagine: la morte è come un parto, doloroso, ma gioioso e segno di speranza: nasce una vita, una vita che non finirà mai.

Ci sarà così come una seconda creazione, e tutte le creature saranno liberate dalla corruzione e dalla morte.

Il vangelo, forte e dirompente come un fiume in piena è per distruggere alla radice la nostra mentalità che inneggia al profitto ad ogni costo, alla meritocrazia esagerata, alla contrapposizione accettata tra poveri e ricchi, tra Nord e Sud, tra popoli e popoli.

Il brano contiene due importanti problemi teologici: innanzitutto è spesso stato letto come prova dell’esistenza della dannazione eterna: "Via da me, maledetti, nel fuoco eterno!". Il fuoco eterno o inestinguibile era quello che ardeva nella Valle dell’Hinnon, da cui Geenna, dove gli Ebrei bruciavano cadaveri e immondizia.

Si può dedurre dal brano l’eternità della condanna per alcuni? No, secondo molti interpreti del Libro Sacro. Infatti il brano è esortativo (parenetico) non dottrinale; vuole convertire una comunità egoista più che insegnare verità di fede.

C’é anche un secondo problema. Si diceva a quel tempo e si dice ancora oggi da parte di alcuni: la salvezza è solo nel conoscere Gesù; chi non conosce Cristo sarà dannato! Matteo Evangelista non la pensa così!

Chi fa sua la causa del povero, dell’oppresso, dello straniero, cammina verso il Regno di Dio, non importa se cristiano o no, se credente o no.

La salvezza, la fede vera, non sta nel confessare la regalità di Cristo, ma nel ripetere le sue opere di solidarietà (anche se la salvezza rimane sempre dono gratuito di Dio).

Il colpevole non è colui che non crede, ma colui che non ama tutti e non condivide la sua vita.

Un altro problema si pone: che senso ha pregare per i defunti?

Non è per dare suggerimenti a Dio o ‘addolcirlo’ con ‘bustarelle’ (=Messe), preghiere (=candele), fiori!

I nostri cari defunti stanno molto a cuore a Dio: più a Lui che a noi. Lui infatti è l’amante perfetto dei vivi e dei morti!

Pregare per i defunti è raccogliere l’eredità delle loro virtù morali e viverle nel nostro tempo, è non tanto pregare per loro, ma con loro, per vivere la perfetta comunicazione tra chi cammina nella storia e nel tempo e chi è già arrivato alla meta. E’ togliere la congiura del silenzio contro la morte, togliere le censure e i tabù. Occorre convivere con la morte, non in modo macabro, ma sereno, perché ‘sorella morte’ sempre drammatica e paurosa, è l’unica porta per l’eternità beata.

Termino con due provocazioni.

La prima è di un filosofo ateo: "Occorre trasformare gli uomini da candidati dell’aldilà in studenti dell’al di qua".

E’ come dire: all’aldilà ci pensa Dio, noi curiamo l’al di qua.

La seconda appartiene al mondo rabbinico: "Nel secolo scorso, un visitatore straniero fece visita al famoso rabbino polacco Hofez Chaim. Rimase stupito nel vedere che la casa del rabbino era solo una semplice stanza piena di libri, gli unici mobili erano un tavolo e una panca. "Rabbì, dove sono i tuoi mobili?" chiese il visitatore. "E i tuoi dove sono?" replicò il rabbino. "I miei? Ma io sono solo in visita, sono solo di passaggio", disse il visitatore. "Anch’io", disse il rabbino".

Don Luciano Scaccaglia
Teaolo e Parroco di Santa Cristina (Parma)

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