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Xenofobia: peccato contro natura!

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Esodo 22,20-26;
Salmo 17;
1Tessalonicesi 1,5c-10;
Matteo 22,34-40.

"Non sfruttate, né opprimete lo straniero, perché voi stessi siete stati stranieri in Egitto".

Così la prima lettura, che incalza: prima della notte dà il mantello al povero; è la sua unica coperta.

Di fronte a questi comandi di Dio, dobbiamo imparare cos’è l’indignazione. A Parma fratelli dormono all’aperto e, in Italia, si parla nell’ambito della riforma della scuola, di "classi ponte", differenziali; in realtà si tratta di classi ghetto.

Il razzismo è un controsenso, è andare contro natura. Il razzismo è assurdo per un motivo storico e un motivo di fede. Noi siamo stati un popolo di emigranti e invece qualcuno, qualche movimento, qualche partito, vorrebbe ripetere su questi fratelli, venuti da lontano, una uguale nemesi storica, cioè le violenze, le emarginazioni che hanno umiliato e offeso i nostri padri in terra straniera.

Il razzismo è assurdo per motivi religiosi: perché Dio stesso è l’avvocato-difensore di questi ospiti e l’impegno al loro fianco diventa per i credenti un gesto di culto, liturgico: si legge infatti nel libro dei Proverbi:

"chi opprime il debole oltraggia colui che l’ha creato (Dio)" (Pr 14,31).

Verso l’amore concreto ci porta Gesù nel brano riportato da Matteo.

Il Maestro ricorda e unisce due comandamenti delle Scritture Ebraiche: amare Dio e amare il prossimo. Lungo la storia sacra le norme attribuite a Dio erano diventate 613. Gesù sfronda e va all’essenziale: vive, si realizza come essere umano e come credente solo chi ama concretamente.

Due amori, posti sullo stesso piano a rispecchiarsi l’uno nell’altro.

Il secondo è simile al primo: cioè non identico, e neppure più o meno importante. Ma fatti della stessa pasta, l’uno a specchio dell’altro, l’uno a inveramento dell’altro.

Tutti e due ugualmente importanti. Con una differenza, a livello esistenziale: non si può amare Dio senza amare il prossimo, ogni prossimo; Cristo, l’icona di Dio, lo ha dimostrato.

Ma c’è chi ama il prossimo, e sta dalla parte dei deboli, senza amare Dio, perché non lo conosce o non crede nella sua esistenza. Ora ciò che conta nella vita è amare.

Parlando dell’amore, l’autore sacro usa il verbo greco agapao che nella Bibbia indica l’amore di Dio, donazione totale e misericordia senza limiti.

E’ difficile parlare dell’amore di Dio e per questo la Sacra Scrittura ricorre a tre modelli di amore umano che, riferiti a Dio, vanno però moltiplicati all’infinito: l’amore di Dio è come l’amore nuziale, come l’amore materno e come l’amore paterno:

"Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se queste donne si dimenticassero,
io invece non ti dimenticherò mai"
(Is 49,15).

Vi presento i colori dell’amore verso il prossimo che è la verifica dell’amore a Dio. Lo faccio riportando frasi bibliche, in modo che nessuno di noi cerchi alibi o scuse.

Il nostro amore deve essere universale: "Il forestiero dimorante tra di voi lo tratterete come colui che è nato tra voi; tu l’amerai come te stesso perché anche voi siete stati forestieri nel paese d’Egitto. Io sono il Signore, vostro Dio" (Lv 19,34).

Deve essere un amore totale e radicale: notate a questo proposito come l’evangelista Giovanni "corregga" Matteo. Nel vangelo di Giovanni non si dice "ama il prossimo come te stesso", ma "amate il prossimo come io (Gesù) vi ho amati" (cfr. Gv 15,12). Ora al mondo non c’è amore più grande di quello di Gesù.

Deve essere un amore reciproco: "Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda" (Rm 12,10).

I comandamenti, i precetti non godono molta simpatia sia nel mondo ecclesiastico che in quello politico; per alcuni sono troppi, per altri sono "paletti" inutili: basterebbe un po’ più di responsabilità personale e sociale.

A queste obiezioni rispondo con una preghiera di un profeta moderno e con una antica storiella ebraica.

"… queste religioni
dai diecimila precetti,
e queste ‘Chiese del diritto’!
Certo, senza legge
non c’è né ordine né libertà,
ma senza l’amore non c’è vita:
Signore, donaci lo Spirito dell’Amore,
lo Spirito di tuo Figlio…"

E ora la parabola ebraica:

"Quando Dio creò la colomba, questa tornò dal suo Creatore e si lamentò: o Signore dell’universo, c’è un gatto che mi corre sempre dietro e vuole ammazzarmi ed io devo correre tutto il giorno con le mie zampe così corte. Allora Dio ebbe pietà della povera colomba e le diede due ali. Ma poco dopo la colomba tornò un’altra volta dal suo Creatore e pianse: o Signore dell’universo, il gatto continua a corrermi dietro e mi è così difficile correre con le ali addosso. Esse sono pesanti e non ce la faccio più con le mie zampe così piccole e deboli. Ma Dio le sorrise dicendo: ‘Non ti ho dato le ali perché tu te le porti addosso, ma perché le ali portino te’".

Questo vale per noi. Se i due comandamenti dell’amore restano dei pesi, non ne comprendiamo né il senso né il valore. Se diventano le nostre ali… ci aiutano a correre nei sentieri dell’amore con fiducia e con speranza.

Dio ci regala delle "ali", perché la nostra vita possa spiccare il volo e non rimanere prigioniera nella palude dell’indifferenza, dell’egoismo, della solitudine e di un amore impoverito a livello di qualità e di quantità: amiamo poco, amiamo male e amiamo poche persone!

Signore, facci scoppiare del vero amore!

Don Luciano Scaccaglia
Teologo e Parroco di Santa Cristina (Parma)

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