Giubileo della Misericordia, si apre la Porta Santa in Cattedrale a Parma: Omelia del vescovo Enrico Solmi. La misericordia è farsi prossimo, senza mettere sé stessi al centro, ma l’altro
La porta santa della Cattedrale di Parma è aperta!
È sormontata dal logo del giubileo che interpreta la parabola della pecora smarrita che abbiamo ascoltato nella Basilica della Steccata: Gesù il Pastore porta in spalla l’uomo che si è perduto e lo riporta nella famiglia umana, nella comunità che lui ha voluto, la Chiesa.
La porta è Cristo che viene a cercarci, ma è anche Cristo che bussa per entrare dalla porta, nella vita della comunità e nella nostra. Non viene con l’inganno del ladro che scavalca, ma da amico autentico.
La Porta Santa aperta nel Duomo, nostra Chiesa madre, indica che – seguendo Cristo – la Chiesa deve essere “ madre amorevolissima di tutti, benigna, paziente, mossa da misericordia e da bontà” e che vuole usare, come unica, la “medicina della misericordia”, invocandola prima per sé, per “ servire l’uomo. L’uomo in ogni sua condizione, in ogni sua infermità, in ogni sua necessità”. “Siamo chiamati – dice Papa Francesco – a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per divenire noi stessi segno efficace dell’amore del Padre”.
La porta della Misericordia è aperta per ognuno e per tutti, specialmente per chi si riconosce peccatore, o si sente lontano o colpevole.
Così ha fatto sempre Gesù. Ad esempio con la donna sorpresa in adulterio. Allontana l’ipocrisia degli uomini, rimane solo con lei : “Chi ti ha condannato? Nessuno… Neanch’io ti condanno. Va e non peccare più.” ( Gv 8, 10 )
La persona è più grande del suo peccato. Non c’è peccato che non possa essere perdonato.
Perché Gesù sottomette il giudizio al giudizio della Misericordia.
In questa luce rileggiamo il vangelo di oggi.
Abbiamo passato la Porta Santa facendo un tragitto, sia pur breve, nella nostra città. Itinerario che compiamo tante volte, ma che oggi ha avuto il valore del pellegrinaggio: per passare la Porta Santa dobbiamo lasciandoci smuovere dal Signore Misericordioso.
Giovanni Battista indica i passi :
il desiderio di tirare una riga nella vita perché il Signore ci cerca e ci ha toccato il cuore in forme diverse, quante sono le sfumature del suo amore.
Lo fa direttamente,
si fa incontrare nei poveri,
parla dentro di noi,
anche i fatti della vita contengono una sua parola
o ci sollecita tramite qualcuno mandato da Lui. È quanto fa Giovanni per chi chiedeva il battesimo.
E la gente risponde chiedendo:
“Che cosa dobbiamo fare?” Giovanni dà una risposta universale che vale per tutti: dar da mangiare, dar da bere, vestire.
È richiesto a tutti, perché tutti abbiano le condizioni per vivere. È molto di più di allungare un po’ di cibo, dare da bere o un vestito. È prendersi cura : mangiare è preparare da mangiare, bere è anche solo acqua in un bicchiere ben lavato dato con il cuore; vestire è aiutare a custodire la dignità o a riprenderla, togliendo la nudità fisica, morale, spirituale.
È farsi prossimo da persona a persona. È stile di vita che diventa cultura e richiesta politica “dal basso”, perché regoli i rapporti tra i popoli e le nazioni.
Parma si è segnala ancora per il cibo e il gusto. Eccellenze non di oggi, ma frutto di una cultura antica.
Condividere questo cibo offre un gusto superiore. Iniziare o continuare a farlo, affinando il dono renda ciò che è eccellente l’eccellenza.
Ecco il primo segno del Giubileo
Uscendo dal Duomo troverete il Furgone nuovo della Caritas: concreto atto di misericordia. Lo benediremo.
Una persona ha donato e almeno in parte è pagato. Serviranno tanti lumini d’Avvento e altro per saldare il conto.
Il Furgone raccoglierà il cibo perché non vada sciupato, porterà vestiti: dar da mangiare, dare da bere, vestire chi è nudo… Il Furgone è il primo di una serie di segni – azioni che ci accompagneranno in questo anno a riscoprire e vivere le opere di Misericordia. Essi ci dicono che la misericordia è concreta, fatta di cose. Non puoi dire “va in pace” a chi ha fame di calorie e di affetto, di senso e di famiglia, o chi ha sete di una giustizia negata, è denudato della sua dignità perché nessuno lo assiste o non ha la casa o non ha modo di mantenerla o di farsene carico. Non puoi dire: “va in pace” ( Gc 2,15ss). Per questo ho voluto che passassero con me la porta alcuni operatori della Caritas, un amico rifugiato, un diacono.
Apriremo presto la Porta Santa in un ambiente di carità.
Che cosa dobbiamo fare?
La domanda è ripetuta anche dai pubblicani e dai soldati lontani ed odiosi…
La risposta diventa specifica sulla loro richiesta: è appropriata, non idealistica, compatibile con gli incarichi e le possibilità di ognuno. È valido per tutti l’imperativo della Misericordia.
Anzi, la loro richiesta è talmente sorprendente che assume il valore di segno: “ Si domandavano in cuor loro se non fosse Lui il Cristo”, che porta il Regno di giustizia e di pace.
Tramite la loro domanda si svela un carattere nuovo della misericordia: da azione personale, diventa lievito di qualcosa di nuovo, di una speranza che coinvolge tutti. Da adesione personale la Misericordia diventa sociale, politica.
L’amore, pieno di piccoli gesti di cura reciproca, è anche civile e politico, e si manifesta in tutte le azioni che cercano di costruire un mondo migliore. L’amore per la società e l’impegno per il bene comune sono una forma eminente di carità, che riguarda non solo le relazioni tra gli individui, ma anche «macro-relazioni, rapporti sociali, economici, politici. (…) L’amore sociale è la chiave di un autentico sviluppo. (Ls 231)
La Misericordia è, in verità, un albero generoso che ha radici in Dio e produce tanti frutti che tutti ne possono godere.
Nello stesso tempo la misericordia tende, fa intuire il suo autore, Cristo che Giovanni testimonia, indicandolo come la pienezza di quel Battesimo che Lui offre.
Cristo tocca tutto l’umano, nessuno è impermeabile al suo appello che è duplice: lui si prende cura e , allo stesso tempo, Lui si immedesima con chi è nel bisogno.
Ci rivela che la misericordia è farsi prossimo, senza mettere sé stessi al centro, ma l’altro, capovolgendo la domanda, come fa Gesù nella parabola del buon samaritano: non chi è il mio prossimo, ma chi si è fatto prossimo del malcapitato.
Ecco altre opere di Misericordia: vecchie e nuove.
Dopo di me sono passate dalla Porta santa circa 14 persone ad indicare la opere di Misericordia vecchie e nuove, richieste dal mondo di oggi.
C’è la giovane coppia che aspetta un bambino, la coppia anziana e la suora più vecchia di Parma, con la più giovane, un seminarista, uno studente saveriano, un giovane e così via…
Dare aiuto a chi vuole sposarsi e generare …
far crescere un bambino da quando è concepito nel grembo…
ascoltare e stare accanto a chi è anziano…
collaborare con un giovane a trovar la sua strada…
a cercare un lavoro…
sono opere di misericordia rivisitare e nuove, ( usando un dualismo non vero, ma per farmi capire) laiche – cattoliche insieme, che coinvolgono tutti: credenti, non credenti, famiglie, e chi amministra la città o la nazione, chi intraprende, chi fa cultura.
La Misericordia crea unità. Ha il potere di unire perché ogni uomo, creato ad immagine di Dio, ne sente l’appello che lo abita, che lo fa uscire da sé e lo fa andare verso il piccolo e il debole.
Torniamo ancora al Vangelo letto in steccata.
Il pastore ha trovato di pecora, era debole, l’ha portata in spalla, la rimette con le altre.
Non è esclusa dal gregge: anche questa è misericordia.
Ma non si ferma qui: fa festa! Gesù spiega così, a chi si scandalizzava perchè stava con i peccatori, come è la logica del Regno: c’è festa per uno che torna.
La Misericordia è inclusiva, non esclude nessuno! Non segue la logica dell’usa e getta, non produce scarti. (cfr. papa Francesco).
La misericordia di Dio genera la gioia di sentirsi perdonati e amati sempre, anche quando tutto si scatena contro di noi. È gioia profonda che tesse ragnatele di pace, che porta a rinsaldare la comunità cristiana bisognosa di Misericordia e mandata a portare misericordia.
Genera e rinfranca la comunità civile che comprende tutti e non può escludere o discriminare.
Sentiamo la sofferenza della negazione della misericordia che porta a usare l’altro. È dei rapporti tra vicini, nel lavoro, in quelle situazioni che dovrebbero dare fiducia e invece “fregano”. Conosciamo bene come ci si rivitalizzi quando la misericordia riprende a scorrere tra le persone, specie i deboli, chi più dipende dagli altri. È come la linfa che scorre dalla radice ai tralci, come l’acqua su un terreno arido. Genera frutti e fiori, rinasce la vita.
Continua la nostra celebrazione. Porteremo all’altare il pane che oggi hanno fatto per noi i carcerati. Con le particole e le Ostie, oggi vengono a visitarci.
Hanno iniziato a fare pane in carcere per la mensa di Padre Lino. Lavorano gratis per chi ha fame. Ora hanno fatto le ostie. Hanno detto a loro stessi che l’uomo non vive di solo pane e che il pane quotidiano deve sostenere tutta la persona, bisognosa di energia e senso, di salute e di speranza. Sono venuti a visitarci e ci parlano dell’unità delle opere di misericordia materiali e spirituali, ci danno il pane perché diventi Cristo, la misericordia di Dio fatta carne.
Affidiamo all’intercessione dei santi questo anno giubilare. Di Lucia, che veneriamo e amiamo perché generosa, bella e giovane. Sostenga il dono della benevolenza, della generosità che non fa dono di sé. Maria madre di Misericordia ci raccolga sotto la sua protezione.
Amen