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Retrospettiva: pensare è competere col delirio

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Foto e elaborazione digitale: Luigi Boschi - Retrospettiva, pensare è competere col delirio

Colui che sa non crede più a tutte le fandonie generate dal desiderio e dal pensiero, esce dalla corrente, non acconsente più all’inganno. Pensare partecipa della inesauribile illusione che genera a divora se stessa, avida di perpetuarsi e distruggersi, pensare è competere col delirio. In tanta febbre, di sensato ci sono soltanto le pause in cui tiriamo il fiato, i momenti di sosta in cui dominiamo il nostro affanno: l’esperienza del vuoto – che si confonde con la totalità di queste pause, di questi intervalli del delirio – implica l’eliminazione momentanea del desiderio, perché il desiderio che ci immerge nel non-sapere, ci fa divagare, e ci spinge a proiettare l’essere in ogni direzione, intorno a noi.
Il vuoto ci consente di mandare in rovina l’idea di essere: ma non è trascinato esso stesso in questa rovina; sopravvive a un attacco che per qualunque altra idea sarebbe autodistruttore. Vero è che il vuoto non è una idea, bensì ciò che ci aiuta a disfarci di tutte le idee. Ogni idea rappresenta un vincolo in più; bisogna sbarazzarne la mente…
Ci riusciremo solo innalzandoci al di sopra delle operazioni del pensiero: infatti, fin quando agisce e si impone, il pensiero ci impedisce di sceverare la profondità del vuoto, percettibili soltanto quando declina la febbre dell’intelligenza e del desiderio….
Le nostre frontiere, se ce n’è rimasta ancora qualcuna, si allontanano. Il vuoto -io senza io- è la liquidazione dell’avventura dell'”ego”, è l’essere senza alcuna traccia d’essere , inghiottimento beato, disastro incomparabile.
Per debellare i nostri vincoli , dobbiamo imparare a non aderire più a niente, fuorché al niente della libertà…
Ciò che conta non è produrre ma comprendere. E comprendere significa discernere il gradodi risveglio cui un essere è giunto, la sua capacità di percepire la somma d’irrealtà che entra in ogni fenomeno. Atteniamoci al concreto e al vuoto, proscriviamo tutto ciò che viene a inserirsi fra i due… Non esiste verità se non nell’impiego delle forze fisiche e nella contemplazione; il resto è accidentale, inutile, malsano… Meditare è assorbirsi in una idea e perdervisi, mentre pensare è balzare da un’idea a un’altra, compiacersi nella quantità, immagazzinare dei niente, inseguire un concetto dopo lì’altro, uno scopo dopo l’altro. Meditare e pensare sono due attività divergenti, anzi incompatibili…
La felicità non è nel desiderio ma nell’assenza di desiderio, e più esattamente nell’entusiasmo per questa assenza…
Confiniamoci nel bianco , dimentichiamo tutti i colori trtanne quello che li nega… Recuperiamo la quiete iniziale…
L’incoscienza è nutrice, fortifica, ci fa partecipi dei nostri cominciamenti, della nostra integrità primitiva; e ci rituffa nel benefico caos precedente alla ferita dell’individuazione.
Niente conta…

Emil M.Cioran
tratto da: “il funesto Demiurgo”
Adelphi

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