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E’ da Paganini che nasce la Toscanini
In quasi 200 anni mi sembra che nulla sia cambiato. E’ tempo che dalle voci del loggione venga anche la richiesta di trasparenza. L’etica precede la scena!
Correva l’anno 1985. Così scriveva Lauro Grossi, sindaco di Parma, dell’Orchestra Arturo Toscanini:
“La nostra orchestra compie dieci anni. Nostra, così chiamiamo impropriamente, ma con il significato più affettuoso e possessivo, l’Orchestra Sinfonica dell’Emilia – Romagna Arturo Toscanini. La chiamiamo nostra non solo perché qui e non altrove ha la sua sede, ma perché è nata ed è cresciuta, seppur con l’apporto e il contributo di tanti, per questa nostra città, per arricchire e per tanti aspetti completare una prospettiva di sviluppo delle attività musicali che qui a Parma, più che altrove, avevano ed hanno potenzialità grandissime.
Vogliamo bene a questa orchestra, ne seguiamo il lavoro, i progressi, siamo fieri della sua maturità artistica ed organizzativa. Crediamo che, dopo un decennio, costituisca una delle realtà culturali più importanti ed apprezzabili della città”.
25 anni dopo è riproponibile? Dopo le scorribande di Baratta e Maazel sembra si sia rotto il legame tra l’orchestra e la città. Ma soprattutto tra l’Orchestra e le Istituzioni locali. Si scriveva che il Verdi Festival avrebbe dovuto essere la consacrazione di questa orchestra. Ebbene, dal 2001 manco ci mise piede per anni al Regio e nel cartellone !!
Il danno prodotto da Baratta fu tanto, ma chi gli consentì di fare l’opera di devastazione? Chi gli copriva le spalle per anni chiudendo gli occhi sul bilancio e lasciandolo operare con Proczynski? Dove erano i componenti del Consiglio di Amministrazione? E se c’erano che facevano? Baratta non fu il solo responsabile, ma rimase l’unico che in qualche modo ci mise la faccia e pagò. Ma a chi era funzionale l’opera del sovrintendente? Possibile che nessuna giustizia sentì il dovere di metter mano né ai libri contabili né alla cassa di questa organizzazione?
Ma torniamo alla storia. L’orchestra Toscanini, si può sostenere, trae la sua ispirazione dal progetto paganiniano della orchestra ducale di Maria Luigia. La Duchessa, abile cembalista, appassionata di musica, incaricò Paganini, che non era solo un compositore, ma anche un abile organizzatore e direttore d’orchestra, di realizzare questa impresa. “Paganini fu il primo vero direttore d’orchestra italiano -scrive Conati– nell’accezione moderna di tale funzione”.
Paganini che arrivò a Parma nel 1835 era quel “concertista acclamato” che aveva fatto una incredibile esperienza europea, e aveva suonato in tutte le capitali. Venuto da Genova ad abitare a Parma, a Gaione, intendeva qui eleggere la sua dimora stabile. Nel luglio del 1836, dopo un anno di permanenza, si scontrò con i privilegi dell’amministrazione ducale. Disgustato dalle ordite contro di lui da un apparato burocratico culturalmente attardato e una struttura sociale arretrata, abbandonò Parma per non farvi più ritorno, se non da morto. Nella lettera a Torrigiani il maestro gratifica con l’epiteto di “carogna” il Gran Ciamberlano Stefano Sanvitale.
In quasi 200 anni mi sembra che nulla sia cambiato da allora!!
E’ nei cromosomi di questa città allontanare i geni. Lo fece già 3 secoli prima con il Parmigianino, perseguitato dai Fabbriceri fu costretto ad abbandonare Parma, tanto da voler essere sepolto al di là del Po a Casalmaggiore. Verdi deve la sua opera a Milano, a Parigi, a Venezia e si sa che con Parma non ebbe mai feeling tanto da prendere dimora a Sant’Agata (Piacenza) e la sua tomba si trova a Milano nella cripta della casa di riposo da lui fondata.
Se è vero che Paganini, Verdi, Toscanini, questi tre personaggi storici della musica, possono dare a Parma un ruolo di primo piano nel mondo, non si deve dimenticare come questa città fu ingrata almeno a due di loro. Si salvò Toscanini che visse principalmente fuori dall’Italia, in America, dopo aver dato del “gran delinquente” a Mussolini e del “Criminale Teutonico” a Hitler. L’Europa era occupata dalla dittatura e una Nazione senza diritti, diceva a suo figlio, è una nazione senza libertà per cui meglio migrare.
Per la sua memoria la città di Parma non gestì adeguatamente il museo della casa nativa, né fu prodiga di iniziative con colui che viene ancora ricordato tra i grandi direttori d’orchestra di tutti i tempi. Né con la Fondazione che porta il suo nome. Non fu certo elegante dedicare nel 2007 una pagina della Gazzetta di Parma a Proczynski nello speciale per la ricorrenza del cinquantesimo anniversario dalla sua morte. [LINK]
E su questa storia Parma continua a comportarsi. Musicisti locali, riconosciuti a livello internazionale che non trovano riferimento, come dovrebbe essere, nella loro casa, il Regio: Enrico Bronzi (tra i primi violoncellisti del mondo), Alberto Miodini (pianista del trio di Parma), Rino Vernizzi (fagottista), Stefano Canuti (fagottista), Corrado Giuffredi (clarinettista), Stefano Marcocchi (violista), per non parlare dell’Europa Galante di Fabio Biondi.
Queste sono le nostre eccellenze su cui investire e a cui chiedere di collaborare nel progetto Parma Musicale! Dietro l’affermazione di realtà musicali degne di nota, ci sono sempre l’intraprendenza e la genialità di uno o più artisti capaci di creare una polarità culturale, attrattiva, coinvolgente. Se si devono costruire eccellenze bisogna farlo sempre senza dimenticare chi lo merita e magari è anche qui nativo o che qui ha studiato e risiede!
Ora in città si dibattono due orchestre, una stabile, l’altra a chiamata, quest’ultima sorta solo per motivi di rivalsa nei confronti di Baratta, senza alcun vero progetto musicale. Musicisti di fila pagati una miseria a giornata con contratti co.co.pro.
Il Teatro Regio dal 2001 in rotta con la Toscanini fece un contratto convenzione (di cui non si ha pubblica evidenza e gradiremmo averla ragionier Carra) che permise a Maghenzani e Pellegrini di utilizzare il nome Orchestra del Teatro Regio, sia come marchio, sia nella ragione sociale di una nuova costituita srl dopo gli anni dell’associazione. Non solo, ma permise di lucrare sui musicisti, mantenendoli in una precarietà a vita, remunerandoli circa un quarto rispetto a quanto la società incassa dalla Fondazione Teatro Regio.
Così facendo non si è nemmeno formata una massa artistica omogenea capace di creare un humus culturale locale, né un suono suo originale. Probabilmente c’è la volontà di tenere le persone separate anziché unirle. Ligi al motto: Divide et impera!
Insomma si è tentato di creare un danno a un patrimonio collettivo quale è l’orchestra stabile, speculare nelle lacerazioni, anziché lottare contro una dissennata gestione e adoperarsi per rimuovere chi a quell’epoca l’amministrava. Perché è stato fatto questo? Quali gli interessi sottesi a tali improvvide scelte? Perché la ribellione mal condotta con un gesto clamoroso contro Baratta da parte dei musicisti non fu compresa e sostenuta?
La città non ha certo la capacità di sostenere entrambe le orchestre, ma soprattutto non si capisce perché non si possa continuare quel progetto della Toscanini che fino alla fine degli anni ’80 sembrava dare buoni risultati, tanto da creare con Vladimir Delman una straordinaria orchestra giovanile internazionale ’84-’89 che riscosse un grande successo con corsi e concorsi di direzione d’orchestra. Perché da allora si iniziò a deragliare? Perché non si è proseguito con la filosofia degli anni ’80, quando la OSER era diretta dall’olandese Hubert Soudant con spalla Eckart Lorenzen ex primo violino dei Berliner Philharmoniker?
Poche sono le città di provincia che hanno una orchestra stabile. E non si capisce perché per anni alla Toscanini sia stato precluso il Teatro Regio, suo luogo fino al 2001. Non solo, ma all’orchestra regionale, per inaudite paturnie di delirio di potere, è stata inibita in questi anni la produzione di spettacoli lirici anche a Busseto.
Ora è bene che a questa triste e vergognosa vicenda musicale venga posta la parola fine perché è ridicolo che attorno alla musica si giochino poltrone di potere, interessi personali, affaire inenarrabili e esponenti politici continuino a rivendicare risorse alla Regione o allo Stato senza avvalersi dell’orchestra che è già pagata e dovrebbe essere solo valorizzata facendola suonare.
Si è preferito far organizzare un’orchestra a chiamata, con poco senso. Sarebbe stato preferibile costruire attorno alla Toscanini, come è avvenuto a Milano, una compagine allargata che poteva essere la Filarmonica di Parma, raccogliendo gli elementi migliori, partendo dalle eccellenze del territorio. Perché il Comune non cerca un accordo artistico e non solo di convenienza politica con la Regione Emilia Romagna sull’utilizzo della orchestra stabile? Magari chiedendo che possa essere ampliata con aggiunti, formando appunto la Filarmonica di Parma, con i componenti dell’attuale Orchestra del Regio? O è fondamentale che si mantenga la speculazione gestita dal duo Maghenzani-Pellegrini lasciando nel precariato a vita i giovani? Si è ritornati alle orchestre messe insieme dagli impresari degli anni ‘60.
Una Filarmonica non certo sull’esempio del modello Baratta (un progetto fuori portata economica per la città con ingaggi scelti personalmente, fuori piazza, con maestro mercenario, usando parte dei fondi destinati all’orchestra stabile), ma su una qualità musicale che anche Parma può esprimere. E così si potrebbe costruire una identità di una orchestra anche internazionale. Magari chiedendo la disponibilità delle eccellenze locali citate.
Ora poi assistiamo al ridicolo: viene ingaggiato un grande direttore senza orchestra stabile e per assurdo abbiamo una orchestra stabile che non ha il direttore musicale e un direttore artistico a mezzo servizio.
Il discorso della stabilità è estendibile anche al coro che, per mantenere i livelli di eccellenza ai quali è giunto in questi anni, deve avere l’opportunità di lavorare in maniera continuativa. Ciò non è possibile con le sole opere del Festival e della striminzita stagione. I coristi, senza stabilità operativa, per arrivare a fine mese, sono costretti infatti ad accettare collaborazioni da tutta Italia. Se ne vanno pertanto chi in Arena, chi a Macerata o altrove. A Parma non si pensa a loro. Eppure il repertorio che si potrebbe affrontare, oltre a quello operistico, sarebbe infinito. Bartoletti aveva iniziato a proporre composizioni per coro e orchestra e con ottimi risultati. Perché non si è proseguito su questa scia?
Ma ritornando alle due orchestre, quella stabile e quella a chiamata, sono divenute una sorta di ridicolo campanilismo tra Regione e Comune, di bassa speculazione politica e economica. Di posti e privilegi come avvenne con Paganini che non riuscì a portare a termine, nel ducato, la riforma orchestrale da lui progettata per la grettezza sempre degli amministratori di allora.
C’è chi chiede soldi alla Regione per il Teatro Regio e fa finta di niente sui finanziamenti erogati per mantenere in vita i resti dalla scorribanda dell’era barattiana: 4/5 milioni di euro all’anno solo per ripianare il deficit.
Che la Regione entri nella Fondazione Teatro Regio non è certo sconveniente, ma sul piano operativo è necessario fare scelte di qualità, correttezza gestionale e etica. Non può essere la cultura luogo dell’arraffare nascondendo poi tutto dietro la privacy!
Caro Meli, quando la smetterà di frequentare Proczynski?
Occorrono regole precise e comportamenti eticamente condivisibili dove la trasparenza non può essere dimenticata. C’è l’etica prima della scena! A chi questa linea non fosse gradita lo si indirizza alla porta d’uscita. Siamo noi che dettiamo le regole, non i mercanti.
E’ tempo che dalle voci del loggione venga anche la richiesta di trasparenza gestionale e si facciano sentire nel modo che sanno… Se lo faranno, ed è ciò che mi auguro, Parma darebbe un segnale a tutto il mondo del Teatro e della Musica. E del gesto se ne ricorderebbe a lungo nella storia! Un “LA” per tutti!
Sull’orchestra Meli non si scompone: “Io utilizzo l’orchestra che mi dicono. E’ un problema tra le Istituzioni, non mio”. Sarà anche vero maestro, ma non si lamenti più perché riceve solo 60.000 euro dalla Regione all’anno. Trattando l’accordo con l’orchestra potrebbe ottenere molto di più, ma forse preferisce alimentare il precariato. Con l’orchestra Toscanini il Teatro Regio non avrebbe costi fissi aggiuntivi e ne disporrebbe per le esigenze necessarie. Così facendo consentirebbe a mantenere in vita un’orchestra stabile e non raccogliticcia. Un “organismo professionalmente stabile, costantemente funzionante, strumento di cultura civile al servizio di una intera collettività” concetto, lei mi insegna, che dal 1820 viene riconfermato come modello di riferimento. A questo punto si potrebbe ingaggiare un vero direttore musicale a cui affidare il gruppo e non da mettere solo in locandina come avviene ora con Temirkanov.
Marcello Conati: “il progetto paganiniano di una orchestra stabile con repertorio anche sinfonico si è per così dire realizzato, mutatis mutandis, attraverso la costituzione a Parma nel 1975 di una orchestra regionale, oggi denominata Orchestra Sinfonica dell’Emilia Romagna Arturo Toscanini, che di quel progetto ha colto idealmente la lontana eredità”.
Se questo è vero, mi chiedo, perché si fa di tutto per affossarla? (Parma, 08/12/2009)
Luigi Boschi