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La Gazzetta di Parma nel necrologio della famosissima soprano, pubblica l’immagine di Deborah Voigt anziché quella di Mirella Freni

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il soprano americano Deborah Voigt scambiata per Mirella Freni

Egregio Direttore,
con disappunto le segnaliamo un errore grossolano nell’articolo apparso oggi ( 10-2-20), sul vostro giornale (gazzetta di Parma), riguardante la morte di Mirella Freni, grande cantante lirica.
Non conosciamo chi sia il giornalista ma possiamo affermare che l’articolo denota una non conoscenza sulla lirica.. soprattutto alla luce di Parma citta’ che ha dato i natali a Verdi e Toscanini e che vanta un teatro , il Regio, conosciuto in tutto il mondo.
Fuorviante, tra l’altro, quel titolo in neretto : “ma Verdi non lo canto’ mai”…a Parma, andava aggiunto, per maggior chiarezza, se non si legge l’articolo.
Ma il peggio lo vediamo con la foto gigante di una cantante, col microfono in mano, che nulla ha a che vedere con Mirella Freni, che tutti e, si ripete tutti, gli appassionati di lirica conoscono molto bene anche nelle sembianze, per cui diciamo “ignoranza” perché, chi scrive ( e chi dovrebbe controllare gli articoli) non conosce la lirica, perché, se la conoscesse, si sarebbe immediatamente accorto che quella foto non ritraeva ( tra l’altro col microfono) la Freni.
Viva Parma 2020 città’, in questo caso, della non cultura.
Raffaele Viggiano
Juri Armani 

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3 COMMENTS

  1. Caro Luigi,

    ho letto solo ora il commento lasciato da Raffaele Viggiano sul tuo blog in merito alla scomparsa di Mirella Freni.

    Ho tentato di lasciare un commento anch’io perché non è possibile che il giornale locale che tanto si vanta di essere il più antico quotidiano pubblicato in Italia contendendosi il primato con la Gazzetta di Mantova a cui è stata dedicata una mostra a Palazzo Pigorini, inaugurata in pompa magna, possa “cadere” in errori di tale grossolanità che dimostrano con quanta poca cura e con così scarsa cultura si trattano le notizie, anche quelle che maggiormente scuotono parte del mondo dello “spettacolo dal vivo”.

    PARMA CAPITALE ITALIANA DELLA CULTURA? Ma dove e di che cosa stiamo parlando?

    Ed il Teatro Regio di Parma dov’è?

    In fin dei conti per questo Teatro ha cantato e non una volta sola!

    E Casa della Musica dormiva?

    E la conservazione della “memoria storica” non interessa proprio più a nessuno?

    Tutto è lasciato alla labilità della memoria di noi umili e poveri mortali che – visti come dei nostalgici del secolo passato – hanno ancora il ricordo di un’arte di cui MIRELLA FRENI (all’anagrafe Mirella Fregni) è stata una delle più straordinarie interpreti applicandosi con tenacia, determinatezza, volontà e sacrificio ad un “mestiere” che visto dal di fuori è tutto luce e lustrini, mentre in realtà (come si legge nel libro di Micaela Magiera “Una bambina sotto il pianoforte”) è fatto di cadute e di risalite, di studio quotidiano meticoloso, di rinunce e lontananze dagli affetti più cari, quindi anche di sofferenze dell’intimo e del personale.

    La vita di un artista dietro il sipario rosso è ben diversa!

    E sarebbe buona cosa che la Direzione del Teatro Regio di Parma, ad esempio, tornasse ad omaggiare – come accade in tutti i teatri del mondo – presenze femminili che partecipano ad una rappresentazione con un piccolo bouquet di fiori! E’ un piccolo gesto di stima e di rispetto che non credo possa mandare “in rosso” i bilancio di un teatro.

    Sono ben altre le voci che incidono pesantemente sul bilancio di un teatro e noi qui a Parma ad ogni piè sospinto ne abbiamo conferma!

    Addio, cara Mirella, con te se ne va una delle più belle voci del melodramma internazionale.

    Per fortuna abbiamo molte testimonianze discografiche, CD e DVD che ci accompagneranno e ci allieteranno con quei filati, quell’intonazione perfetta, quella voce così cristallina, quegli acuti tenuti e mai forzati, quella maestria che è tipico ed appartiene solo ai veri grandi interpreti dell’opera lirica.

    Per quanto mi riguarda, MAI dimenticherò la “MESSA DA REQUIEM” di Giuseppe Verdi che in anni assai lontani i complessi artisti del Teatro Alla Scala di Milano con sul podio il “divin Maestro” CLAUDIO ABBADO, 150 artisti del coro sotto le mani magiche e guidati dal magnetismo del Maestro ROMANO GANDOLFI, con un quartetto vocale stellare: MIRELLA FRENI, LUCIANO PAVAROTTI, ELENA OBRATZOVA, RUGGERO RAIMONDI venne rappresentata all’interno della Cattedrale di Parma.

    Tale e tanto fu il successo e fragorosi gli applausi che l’immenso pubblico tributò all’intera esecuzione che il Maestro Abbado fu letteralmente costretto a concedere il bis del Kirie, perché – diversamente – il pubblico non avrebbe abbandonato l’interno della Cattedrale e neppure l’esterno; sul sagrato, infatti, erano stati montati degli altoparlanti per cui pubblico non pagante potè ascoltare quella mirabile esecuzione ed in pubblico era talmente tanto che all’apertura del portone centrale, tutti gli esecutori – perfetti ciascuno nel proprio ruolo – furono letteralmente travolti dall’entusiasmo del pubblico e dal fragore degli applausi.

    In quell’occasione MIRELLA FRENI aveva alcune lacrime che le bagnarono le dolci guance paffutelle e gli occhi luccicavano estasiati come quelli di una bambina alla vista dei doni di Santa Lucia o di Natale!

    Ecco per me, che c’ero, questo è il ricordo più caro e prezioso che ho di MIRELLA FRENI.

    Angela Spocci

  2. La stagione della barbarie prosegue a gonfie vele in ogni campo.
    Da anni vado segnalando sul mio blog la sciatteria inammissibile con cui anche importanti testate nazionali scrivono di musica. Un quotidiano tra i più noti, in particolare, si ostina a pubblicare, nei rari articoli di musica, titoli di una idiozia senza limiti. L’altra settimana addirittura ha pure cambiato il titolo di una famosa opera di Bellini, I Capuleti e i Montecchi, in: “I Montecchi e i Capuleti” .
    Neppure il cambio della direzione ha messo fine ad una simile barbarie.
    ciao Pietro

  3. La sua Bohème nel 1995 non fu un trionfo. All’esordio nel nostro teatro, il soprano ebbe solo applausi di stima e ci rimase male. E non volle più cantare a Parma. Nel 1958 da qui aveva spiccato il volo vincendo il primo premio al concorso della Corale Verdi

    Il generale compianto per la scomparsa di una grande artista quale è stata Mirella Freni ha naturalmente toccato anche Parma, ma la memoria e la fretta possono giocare in questi casi brutti scherzi, al punto da confondere la sua immagine con quella di Deborah Voigt (!) e ricordare un po’ troppo enfaticamente il suo passaggio al Regio. Che purtroppo non fu né memorabile né trionfale.

    Riavvolgiamo i nastri del tempo tornando al dicembre 1995: c’era una straordinaria attesa per quella Bohème che doveva segnare il debutto operistico di Mirella Freni al Regio all’età di 60 anni.

    A chi le faceva notare che la sua Mimì avrebbe riempito un buco nella storia del Regio, lei aveva ribattuto che il fatto di non aver mai cantato a Parma rappresentava una lacuna anche nella sua carriera. Carriera straordinaria, va aggiunto: non c’è bisogno di ricordare che è stata una delle più grandi artiste del secolo scorso. Ma va anche detto che era allora già in fase calante, per ovvie ragioni anagrafiche.

    Il 13 dicembre, dunque, andò in scena l’opera pucciniana nella recita inaugurale della stagione lirica. Fu una serata strana. C’era stata un’abbondante nevicata che aveva complicato l’accesso al teatro, si cominciò con un certo ritardo e con il pubblico del loggione che cominciava a dare segni di nervosismo.
    L’ingresso in scena della Freni, nel primo atto, fu accolto con un caloroso applauso di sortita, di quelli che una volta si riservavano ai grandi. Ma poi la “gelida manina” del tenore Fabio Armiliato non scaldò il pubblico, che non infierì soltanto per non guastare l’attesa di “Mi chiamano Mimì”.

    Purtroppo, nemmeno l’aria della Freni riuscì a entusiasmare e, alla fine, mancò l’ovazione che il soprano era solita suscitare in tutti i grandi teatri del mondo in cui aveva interpretato quest’opera.

    Le cose non cambiarono negli altri atti, complici anche l’infelice direzione di Maurizio Benini e le lacune di Armiliato. La Freni non riuscì a rovesciare le sorti della serata e alla fine ci furono soltanto tre chiamate con applausi di cortesia. Altro che trionfo!

    L’indomani, la Freni confessò la propria delusione a Giovanni Ferraguti (Gazzetta di Parma del 15 dicembre 1995): “Non me lo sarei mai aspettata. Ho cantato in tutti i teatri del mondo e ci tenevo particolarmente a questo debutto parmigiano. Doveva essere il coronamento di una carriera, invece… sul palcoscenico ho avvertito una indifferenza che è stata peggio di una vera contestazione”.

    Il motivo del successo solo di cortesia era ben spiegato, sulla stessa pagina, dalla recensione di Gian Paolo Minardi. Il quale, reso omaggio alla grande artista, aggiungeva che “la Mimì di oggi non è più quella di trent’anni fa, nella memorabile edizione di von Karajan” ma “una Mimì più tesa anche di fronte a certe arditezze di scrittura…non più agevolmente superate come un tempo”.

    Peccato sia andata così. Molti parmigiani l’avevano applaudita spesso alla Scala e in altri teatri, e avrebbero voluto festeggiarla come avrebbe meritato anche al Regio. Oggi si può solo rimpiangere che quell’incontro non sia avvenuto con un contorno di circostanze più favorevoli.

    Molti anni prima, il Regio aveva portato fortuna alla Freni. Era il 27 settembre 1958 e nel nostro teatro si svolse, in un’unica serata, il primo concorso della Corale Verdi per cantanti lirici. Mirella Freni Magiera (come si faceva chiamare allora, essendo da poco sposata con il pianista Leone Magiera) sbaragliò il campo conquistando il primo premio e fu la prima vincitrice di quel concorso, purtroppo oggi estinto, che negli anni a venire avrebbe laureato anche Katia Ricciarelli e José Carreras.

    Della presenza di Mirella Freni a Parma, resterà anche il ricordo della sua partecipazione (con Elena Obratzsova, Luciano Pavarotti e Ruggero Raimondi) alla memorabile Messa da Requiem di Giuseppe Verdi in Duomo, con l’orchestra e il coro della Scala diretti da Claudio Abbado il 4 aprile 1980, nell’ambito delle celebrazioni per i 150 anni del Teatro Regio.

    MAURO BALESTRAZZI