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Lettera al Papa: quel trono vuoto

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Fede e musica: sulle ragioni vere e presunte dell’assenza di Papa Francesco a un concerto in suo onore

Carlo Vitali

Santità, faccia chiarezza, per favore. Il Suo trono lasciato vuoto al “Grande concerto di musica classica per l’Anno della Fede 2013” del 22 giugno sembra essere un segnale, ma in che direzione? Se vale la motivazione fornita da monsignor Rino Fisichella al pubblico dell’Aula Nervi in attesa: “Il Santo Padre non potrà essere presente per un’incombenza urgente e improrogabile“, nulla quaestio. Chi meglio di Lei può stabilire le priorità del Suo ministero? Ma l’indomani girava voce che Lei avrebbe anche detto: “Non vengo al concerto, non sono un principe rinascimentale che ascolta musica invece di lavorare”.

In tal caso vorremmo obiettarLe con rispetto che la Nona Sinfonia di Beethoven, oggetto di quel concerto, non fu composta in omaggio a un sovrano terreno né a una classe sociale oziosa; afferma invece nell’ultimo movimento, su parole del massone e protestante Schiller, la fraternità del genere umano e la fede in un Dio “padre amante” che “deve” (muss, professione categorica!) “abitare sopra questa volta stellata”. Considerarne l’ascolto come uno svago principesco appare riduttivo. Ad altri potrebbe sembrare un atto di culto – sia pure senza connotazioni confessionali – dunque tale da non dispiacere a Lei, che ha aperto il Suo pontificato con gesti di apertura verso tutti gli uomini di buona volontà.

Ma c’è anche altro, e sarebbe forse un valido motivo per la Sua assenza. Ad esempio la vacua mondanità di un pubblico che verso la grande musica non dimostra né rispetto né conoscenza. Li abbiamo sentiti applaudire fra i movimenti o perfino su certi passaggi in pianissimo: quanti di loro erano là solo per cogliere una photo-opportunity? Oppure la grettezza dell’emittente televisiva nazionale: i titoli di coda già in sovraimpressione sul coro che continua a cantare; non si è ancora spento l’accordo finale che parte la striscia delle pubblicità, tanto per non perdersi il picco di ascolto. L’impegno dell’Orchestra Rai, del Coro di Santa Cecilia e del maestro Valčuha meritava di meglio.

Ci consenta di opinare che non è il Vicario di Cristo ad essere fuori posto là dove si celebrano le lodi di Dio attraverso il dono del genio musicale elargito ai Suoi figli. Per restare ai Suoi predecessori immediati: Giovanni Paolo II partecipò con Karajan alla registrazione in contesto liturgico della Krönungsmesse di Mozart; Benedetto XVI era titolare di un abbonamento alle stagioni del Parco della Musica. Vogliamo sperare che alla prossima occasione Lei sarà presente in sala; non da principe in trono ma in un’umile poltroncina di fila pagata col denaro della Sua borsa privata, com’è nel Suo stile francescano. Sul trono vacante potrà accomodarsi per una sera un abitante di quelle “periferie esistenziali” alle quali Lei dichiara di rivolgere la Sua cura pastorale prioritaria. Magari un cassaintegrato, un’immigrata, o un professore di quelle Fondazioni lirico-sinfoniche che stanno finendo in liquidazione sotto l’accetta della spending review. L’ultima è il Maggio fiorentino, ma altre certo ne seguiranno se l’Italia non recupera anch’essa il debito senso delle priorità. “Abbiamo suonato il flauto per voi e non avete danzato; abbiamo preso il lutto per voi e non avete pianto” (Matteo XI/17).


Amadeus, settembre 2013, p. 5 

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