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Tosca di Puccini al Teatro Regio di Parma
CARLO VITALI
PARMA TEATRO Regio: PUCCINI, TOSCA
INTERPRETI A. Pirozzi, L. Decaro, F. Landolfi, L. Leoni, A. Gabba, L. Casalin e altri
DIRETTORE Fabrizio Maria Carminati
REGIA Joseph Franconi Lee (da Alberto Fassini)
venerdì 27 aprile 2018, ore 20.00; sabato 28 aprile 2018, ore 17.00; domenica 29 aprile 2018, ore 15.30; venerdì 4 maggio 2018, ore 20.00; sabato 5 maggio 2018, ore 17.00; domenica 6 maggio 2018, ore 20.00.
Durata complessiva 2 ore e 35 minuti, compreso due intervalli
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“Archetipi da incubo espressionista, tali da ridurre a formichine gli umani che vi si aggirano nei loro costumi Impero mimando passioni, inganni e delitti di un cronòtopo aristotelico ben individuato, ma non solo di quello”.
In origine firmato da Alberto Fassini – siciliano e barone come Vitellio Scarpia; quando uno dice le affinità elettive… – questo allestimento di Tosca debuttò a Palermo e Bologna giusto vent’anni fa, e da allora di strada ne ha fatta assai. Chi scrive ricorda di averlo visto nel giugno 2002 alla Nhk Hall di Tokyo fra lo sgomento di un pubblico non ancora aduso alle regie antinaturalistiche. Quella dorata processione librantesi a mezz’aria tra le curve anamorfizzate della cupola di Sant’Andrea della Valle, che colpaccio surreale! E gli scaloni di sghembo, il finestrone di Palazzo Farnese e l’angiolone di sei metri, metà armigero e metà ambiguo efebo, tutto virato in toni di grigio? Archetipi da incubo espressionista, tali da ridurre a formichine gli umani che vi si aggirano nei loro costumi Impero mimando passioni, inganni e delitti di un cronòtopo aristotelico ben individuato (Roma, 17 giugno 1800, da mezzodì alle quattro del mattino), ma non solo di quello. Un saggio di straniamento dalla Storia che, al netto di latitudini e scuole teatrali diverse, riecheggia nel Boris secondo Nekrosius. E dire che, scomparso Fassini nel 2005, stava per finire al macero; il Regio parmense lo acquistò dal Comunale di Bologna per poche centinaia di euro; poi, fattolo rinfrescare da Joseph Franconi Lee, continuò a noleggiarlo con profitto. Stavolta, dopo la prima del 2009, lo ripropone in casa, ormai con l’alone di classico contemporaneo e non più di semplice vintage.
Altro e meno pacifico discorso: il cast chiamato a raccogliere l’eredità di interpreti che su queste tavole abitarono i ruoli principali sino alla generazione scorsa. Raina, José, Renato, Leo… e qui la giusta lacrimuccia, ma la vita continua. Una Tosca come Anna Pirozzi, debuttante nel ruolo solo quattro anni fa, ha già molte frecce al suo arco: una tigre, una furia disperata nel suo scontro con Scarpia; e proprio da brivido, a pugnalazione avvenuta, il suo Sprechgesang esalato con pietà naturaliter christiana, non già sibilato col disprezzo di rito verista. Voce di lirico-coloratura con l’elmo (Abigaille e Lady Macbeth i suoi personaggi d’elezione) difetta ancora, semmai, di certe sfumature civettuole e sentimentali necessarie a integrare il profilo della sfaccettata eroina pucciniana. Lo stesso vale per Lorenzo Decaro, sostituto in extremis dell’afono Andrea Carè. Un Cavaradossi tagliato con l’accetta: proiezione e potenza sì, anche sfida e braveria talora sbroccanti in lievi cali d’intonazione, ma di erotismo il minimo sindacale. Terzo fra i dimidiati lo Scarpia di Francesco Landolfi: edonista ipocrita e sadico come da copione, però umano-troppo-umano senza quella corda blasfema che in Raimondi vibrava con esiti di tenebra. Alla recita domenicale non mancavano comunque applausi scroscianti per tutti, comprimari inclusi. Fra i più meritati per solida competenza vocale e attoriale quelli andati a Luciano Leoni (Angelotti) e Armando Gabba (Sagrestano); bene anche gli altri, benissimo i cori di adulti e voci bianche. Sotto l’attenta direzione di Fabrizio Maria Carminati, analitica pur se a tratti un poco slentata, la scena recuperava in fretta uno scollamento dalla buca che aveva afflitto il primo atto.
CARLO VITALI
Fonte: “Classic Voice”, giugno 2018