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Debito Usa, stop a colloqui. I repubblicani bloccano tutto

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L'annuncio di John Boeher, leader del Great Old Party: "Il presidente non vuole fare ciò che è necessario". La replica: "Non si possono solo fare tagli, servono nuove entrate". Al centro del dissenso le agevolazioni fiscali per i più ricchi. Si avvicina il rischio default del debito statunitense. E gli Stati si preparano. Oggi incontro alle 11 (le 17 ora italiana) tra Obama e i leader democratici e repubblicani dal nostro corrispondente

FEDERICO RAMPINI

(repubblica.it)
 NEW YORK – Un weekend di paura, con lo spettro di una riapertura dei mercati lunedì mattina che potrebbe avvenire nell'angoscia di un imminente "default" degli Stati Uniti d'America, o quantomeno di un declassamento del loro rating sovrano, con effetti a cascata sul costo del denaro e su tutta l'economia mondiale.

E' il risultato del drammatico colpo di scena che ha mandato in fumo l'ultima ipotesi di accordo bipartisan tra il presidente e la maggioranza repubblicana alla Camera.

"Il presidente della Camera mi ha chiamato mezz'ora fa per annunciarmi che abbandona il tavolo del negoziato". Erano le 18 di ieri a Washington, mezzanotte in Europa, quando Barack Obama ha esordito all'improvviso in una conferenza stampa dal contenuto drammatico. Dalla sua prima frase, è chiaro che la speranza di un accordo imminente sul debito Usa era tornata in alto mare. "Il downgrading, il declassamento degli Stati Uniti diventa più probabile", ha dovuto annunciare il presidente.

Il suo tono era grave: "Il tempo è scaduto". L'ipotesi di compromesso bipartisan è stata affondata perché John Boehner, che alla Camera guida la maggioranza repubblicana, è stato preso in ostaggio dalla destra più intransigente: quella settantina di eletti che hanno giurato fedeltà al Tea Party e al dogma anti-tasse.

Obama ha rivelato per la prima volta la portata delle sue concessioni: "Mille miliardi di tagli alle spese, più altri 600 di tagli ai diritti acquisiti di pensioni e sanità, contro solo 1.200 miliardi di aumenti di entrate ottenuti non alzando le aliquote ma eliminando privilegi e deduzioni per i più ricchi". Obama ha sottolineato che quelle concessioni erano state accolte da dure critiche all'interno del suo partito: per i democratici il presidente stava offrendo troppo, sacrifici pesanti per la sua base elettorale. "Cosa vogliono i repubblicani? Ancora più tagli alla scuola e alla salute, pur di non toccare i jet privati o le detrazioni per i benestanti come me".

Il tono di Obama era teso, con una convocazione-ultimatum: "Domattina alle 11 (oggi alle 17 in Europa, ndr) voglio qui tutti i leader repubblicani e democratici del Congresso". E' il preannuncio di un weekend al cardiopalmo, con un rilancio in extremis di negoziati per arrivare lunedì alla riapertura dei mercati con un'ipotesi-ponte, che consenta di votare un rialzo del tetto del debito ed evitare l'Armageddon, l'apocalisse finanziaria di una bancarotta di Stato.

Mancano nove giorni al baratro, e l'America è costretta a prepararsi all'impensabile. Il banchiere centrale Ben Bernanke ieri aveva già incontrato il segretario al Tesoro Tim Geithner per i "preparativi" del caso: che fare se tra dieci giorni, il 2 agosto, Washington si trovasse in "default" tecnico, cessazione dei pagamenti federali per esaurimento del limite massimo di debito pubblico autorizzato dal Congresso.

Alcuni Stati Usa già vivono una pre-crisi: dopo che Moody's ha annunciato la possibilità di declassamenti generalizzati nei suoi rating, la California e il Maryland sono costretti a rinviare emissioni di titoli pubblici locali. Barack Obama non vuol crederci: "Il default non è un'opzione". "Non voglio punire i ricchi – dice il presidente – ma i sacrifici devono essere condivisi da tutti". Obama ricorda che "nessuno è immune da colpe, l'ultimo bilancio in pareggio l'America lo conobbe sotto un presidente democratico, Bill Clinton".

Come dire: dov'eravate voialtri repubblicani intransigenti quando George Bush sfasciava la finanza pubblica con gli sgravi ai ricchi e il salasso di due guerre? "Combattere il deficit senza nuove entrate sarebbe ingiusto verso le classi lavoratrici e il ceto medio", dice il presidente. Com'era prevedibile, il Senato ha bocciato (51 no contro 46 sì) la legge passata alla Camera che avrebbe imposto il pareggio di bilancio nella Costituzione, e un tetto di spesa pubblica al 18% del Pil. Una legge-simbolo, votata dalla destra come un manifesto ideologico. La stessa destra ora vuole costringere il presidente a uno strappo istituzionale: che si prenda lui la responsabilità di alzare unilateralmente il tetto del debito pubblico per evitare il default.

La destra non vuole compromettersi dando l'avallo a una manovra bipartisan. Ma Obama non vuole rimanere col cerino in mano: "Ho consultato i legali della Casa Bianca, quell'ipotesi è impraticabile". Perciò oggi vuole mettere tutti con le spalle al muro: convocando i quattro leader repubblicani e democratici di Camera e Senato gli chiederà: "Cos'avete da proporre al popolo americano, per evitare la bancarotta?" La scadenza vera arriva prima ancora del 2 agosto. Lunedì è l'ultimo giorno utile, perché il Tesoro e la banca centrale possano prendere tutti gli accorgimenti necessari ad evitare l'arresto della macchina dei pagamenti: stipendi pubblici, pensioni. E lunedì è anche il giorno del verdetto dei mercati, che potrebbe essere pesante. 

(23 luglio 2011)

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