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Cassazione: Berlusconi perde causa contro l’Economist
È stato respinto dalla Cassazione il ricorso di Silvio Berlusconi contro il settimanale britannico The Economist per l’articolo pubblicato il 26 aprile 2001 nel quale si dava un giudizio negativo sulla idoneità del leader del centrodestra a rivestire il ruolo di primo ministro. Per gli Ermellini l’articolo non era diffamatorio – come sostenuto da Berlusconi – ma ha correttamente esercitato il diritto di critica giornalistica. Confermato il “proscioglimento” di Economist deciso nel 2012 in appello a Milano. Berlusconi è stato anche condannato al rimborso delle spese. L’Economist è stato assistito dallo studio legale Caiazzo Donnini Pappalardo & Associati, con i soci Marisa Pappalardo e Roberto Donnini.
Anche gruppo Espresso escluso da diffamazione
Per aver ripreso l’articolo dell’ Economist era stato denunciato anche il gruppo l’Espresso. Anche in questo caso la vicenda giudiziaria si era conclusa con l’esclusione della diffamazione per l’articolo pubblicato dal quotidiano La Repubblica il 27 aprile del 2001, periodo concomitante con lo svolgimento della campagna elettorale per le elezioni politiche del 2001 nelle quali era candidato Berlusconi.
Il ricorso
Nel ricorso in Cassazione i legali del Cavaliere hanno contestato la verità dei fatti e il superamento del limite della continenza. In particolare, secondo i legali dell’ex premier, erano veri solo i fatti che riguardavano le «numerose inchieste penali» alle quali Berlusconi era stato sottoposto in quegli anni, mentre non erano veri i fatti che riferivano dell’oscurità della provenienza dei suoi capitali e l’esistenza di legami con la mafia.
La replica della Cassazione
La Cassazione ha replicato che “costituisce esercizio di critica politica, in questo caso svolto da un settimanale di riflessione sui principali accadimenti economici e politici sia interni che internazionali, l’esposizione di fatti in parte ormai storici, in parte aventi comunque già una pubblica diffusione e tali da incidere sulla reputazione pubblica di un soggetto avente ampie aspirazioni politiche (come tali di sicuro interesse pubblico), e di altri fatti dei quali seppur il periodico non sveli la fonte di apprendimento ne indichi la ricostruibilità (in particolare, le copie dei verbali contenenti un interrogatorio)». I supremi giudici proseguono aggiungendo che rientra nel diritto di critica giornalistica e costituisce esercizio di critica politica quando un articolo, come quello dell’Economist, «non si limiti a rassegnare i fatti ma li utilizzi come elementi sulla base dei quali complessivamente considerati (per la loro pluralità, la loro gravità, per il fatto di non essere episodi isolati ma al contrario di caratterizzare tutto il percorso politico e pubblico della persona in questione) costruire una valutazione, tutta politica, di inadeguatezza del soggetto politico obiettivamente coinvolto a vario titolo in quella sequela di fatti a candidarsi alla guida di un Paese». Berlusconi è stato anche condannato a versare 10 mila euro per le spese di giudizio sostenute in Cassazione dal settimanale britannico.