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La Camera «ricca»: meno deputati dopo il taglio dei parlamentari, ma la spesa è uguale

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Camera dei Deputati
Camera dei Deputati
Francesco Verderami

Con i fondi anche i contratti di Crimi e Taverna. Un tempo i grillini l’avrebbero denunciato, stavolta invece hanno partecipato all’impresa

Da casti si sono trasformati in «casta». Se i grillini sono diventati uguali agli altri , è perché insieme agli altri hanno fatto lievitare i costi della politica. È avvenuto la scorsa estate, giusto alla vigilia dello scioglimento delle Camere.

L’hanno fatto senza darlo a vedere e approfittando dell’alto patrocinio offerto dalla terza carica dello Stato. C’è la prova che abbiano addentato la mela del potere, sta nel Bilancio deliberato dall’Ufficio di presidenza di Montecitorio (anche) con la firma del presidente Fico. Quattro anni fa il campione dell’ortodossia a cinquestelle, nel discorso d’insediamento sullo scranno più alto della Camera, aveva puntato l’indice contro la famelicità dei partiti, avvisando che «l’epoca dei privilegi è finita» e che il taglio dei parlamentari sarebbe stato solo «il primo passo». Quattro anni dopo è caduto in tentazione.

Era il 13 luglio, il governo Draghi stava per entrare in crisi e nel Palazzo tutti davano ormai per scontato il voto anticipato. Il futuro Parlamento sarebbe però nato con un terzo di seggi in meno, per via della riforma. E ovviamente, meno seggi avrebbero significato meno soldi per le forze politiche. Per aggirare il problema bisognava escogitare una serie di artifizi. Così, nella «previsione pluriennale», si decideva intanto di lasciare invariata la «dotazione» dello Stato. Nel Bilancio veniva scritto che la Camera continuerà a percepire 943 milioni di euro anche nel 2023 e nel 2024. Strano, visto che il taglio di 230 seggi dovrebbe portare a una diminuzione dei finanziamenti. Che sono soldi dei contribuenti. Era il 13 luglio, il governo Draghi stava per entrare in crisi e nel Palazzo tutti davano ormai per scontato il voto anticipato. Il futuro Parlamento sarebbe però nato con un terzo di seggi in meno, per via della riforma. E ovviamente, meno seggi avrebbero significato meno soldi per le forze politiche. Per aggirare il problema bisognava escogitare una serie di artifizi. Così, nella «previsione pluriennale», si decideva intanto di lasciare invariata la «dotazione» dello Stato. Nel Bilancio veniva scritto che la Camera continuerà a percepire 943 milioni di euro anche nel 2023 e nel 2024. Strano, visto che il taglio di 230 seggi dovrebbe portare a una diminuzione dei finanziamenti. Che sono soldi dei contribuenti. (21/11/22)

Fonte: corriere.it

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