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MES un altro colpo di mano contro la sovranità nazionale
Alberto Micalizzi*
Ci risiamo. La troika sta preparando un altro colpo di mano come quello del 2011. Stavolta cerchiamo di farci trovare preparati.
La sconfitta referendaria ha indebolito Renzi e buona parte della compagine pro-UE che ad oggi con molta probabilità è minoranza nel Paese. Ma è pronto il “Piano B”, preparato da tempo come tutte le scelte importanti promosse dalla Troika che notoriamente non improvvisa mai nulla.
La Troika valuta il rischio concreto che forze “populiste” prendano il sopravvento, sia nel caso di leggi elettorali con premio di maggioranza, che tramite sistemi proporzionali, che potrebbero condurre a coalizioni “anomale” tra movimenti anti-establishment. Tutto ciò renderebbe comunque più complessa – certo non impossibile – la continuazione del processo di cessione di sovranità verso la UE e rallenterebbe il completamento di due tasselli fondamentali necessari alla Troika, che sono l’unione bancaria e l’armonizzazione fiscale della UE.
Perché è importante l’unione bancaria? Per controllare l’emissione di moneta scritturale effettuata dalle banche commerciali (che pesa oltre il 95% della massa monetaria “M1”) tra le quali persistono ancora “sacche” sfuggenti, banche legate al territorio come le Banche di Credito Cooperativo che seppur in piccola parte continuano a fornire liquidità alla piccola economia reale rallentando i piani di deflazione e recessione voluti dalla Troika che sono alla base del meccanismo di appropriazione di risorse ai danni dell’economia reale.
D’altro canto, l’urgenza dell’armonizzazione fiscale serve ad evitare competizioni fiscali tra Paesi membri, a precludere ogni forma di uscita dalla morsa del pareggio di bilancio e cancellare il problema dell’evasione fiscale (Equitalia al confronto sarebbe ricordata come un istituto di opere pie…).
L’Italia non è la Grecia né l’Irlanda. La possibilità che vengano messi in discussione alcuni cardini della UE è tangibile e rappresenta un precedente che darebbe voce ai movimenti anti-establishment di altri Paesi chiave come Spagna (Podemos), Francia (Front National) e Germania (AFD).
Ci risiamo, dunque. I paralleli con il 2011 sono numerosi, così come simile potrebbe essere la logica che la Troika seguirà per governare la situazione: creare un’emergenza da gestire con strumenti tecnici che conducano al commissariamento del Paese o palesino tale minaccia, allo scopo magari di tenere in vita i governi posticci del post-Renzi.
Nel 2011 l’azione fu gestita dalle agenzie di rating (il braccio) che concertarono una raffica di pesanti tagli del rating del debito italiano (lo strumento) causando un’impennata dello spread (l’effetto) che condusse al Governo Monti (la soluzione). Oggi l’emergenza è la debolezza patrimoniale delle banche italiane che non soddisfano i criteri di Basilea, in primis di MPS ma anche di Carige, Popolare di Vicenza ed altre.
Dunque, uno degli scenari possibili (sottolineo: uno dei possibili) vede un gruppo di fondi pensione ed istituzionali (il braccio) condurre un attacco speculativo contro il settore bancario italiano attraverso ingenti vendite allo scoperto (lo strumento). Tutto ciò causerebbe il crollo dei prezzi azionari delle banche italiane (l’effetto) la cui crisi renderebbe impraticabile l’intervento di investitori esteri.
Allo stesso tempo i media main-stream additerebbero l’intervento statale come iniquo (palesando una menzogna simile a quella del risparmio dei costi della politica propugnato dal “SI”), spalleggiati dalle agenzie di rating che presto faranno sentire la propria voce (ironicamente proprio mentre una di esse – auspicabilmente – verrà condannata a Trani per la manipolazione di mercato del 2011). Dunque, non resterebbe che ricorrere ad un prestito del MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità (la soluzione).
Il MES è un moloch celato dietro i sorrisi rassicuranti dei burocrati della Troika, l’ultimo ritrovato della diabolica ingegneria giuridico-finanziaria a trazione UE. E’ ufficialmente un fondo insindacabile ed imperscrutabile di recente costituzione, che ha la veste di organizzazione intergovernativa (su modello FMI) i cui componenti, coperti da immunità totale, arrivano ad includere il Governatore della BCE e il FMI.
In realtà il MES è l’embrione del primo governo direttamente espressione di organismi internazionali, senza alcuna base parlamentare, svincolato da cicli politici e da rischi di caduta, che equivale al commissariamento dell’Italia da parte della stessa Troika. E’ un super-ministero con portafoglio in quanto, a differenza degli altri organismi dell’Unione, è l’unico che può contare su un capitale cospicuo, parliamo di €700 miliardi (!) oltre alla possibilità di emettere obbligazioni sui mercati internazionali.
L’Italia si è impegnata a versare al MES 125 miliardi di Euro, in parte già erogati ed in parte richiamabili in qualsiasi momento dal MES, senza necessità di approvazione e senza possibilità di contestazioni. A fronte di ciò, nel caso di bisogno, l’Italia dovrebbe chiedere un prestito (!) e accettare una serie di vincoli stringenti relativi a qualsiasi decisione di bilancio pubblico, quindi un formale commissariamento UE sul quel briciolo di sovranità rimasta ancora in mano all’esecutivo nazionale.
Il Governo italiano può ricorrere al MES senza necessità del Parlamento, ed è probabile che questo lavoro sporco lo facciano fare al nuovo cameriere di Palazzo Chigi. Fatto ciò, la prossima legge di stabilità dovrà piacere a Draghi, a Lagarde ed agli altri membri della Troika.
Quella contro il MES è una battaglia decisiva, che deve vedere impegnate tutte le forze che hanno a cuore la sovranità del Paese, sia per quel poco di sovranità che è rimasta sia per quel molto che c’è da riconquistare.
Ci distrarranno con la girandola di Palazzo Chigi, con il congresso del PD, con le primarie del centro-destra, con le storie romanzate dietro ad MPS, con la legge elettorale e tanti altri stratagemmi che occuperanno le reti televisive. Tutto purché il colpo di mano vada a segno sotto silenzio.
Le forze parlamentari che si auto-proclamano anti-establishment o populiste avranno quindi la possibilità di dimostrare con i fatti le proprie reali intenzioni, muovendosi una volta tanto d’anticipo con azioni anche eclatanti che denuncino l’ennesimo colpo di mano (e di Stato) da parte dei tecnocrati di Bruxelles.
La proposta politica da cavalcare è la nazionalizzazione di MPS, che avrebbe un duplice effetto: scongiurare il MES e dotarsi di una banca pubblica per raccogliere finanziamenti a tasso zero direttamente presso la BCE! Questa è la contro-mossa che adotterebbe un esecutivo serio.
Anche le forze extra-parlamentari possono fare un importante lavoro sul territorio, tra le associazioni civiche e popolari, ricordando a tutti che l’indebitamento è prima di tutto uno strumento di governo, e storicamente ha rappresentato la continuazione di una guerra con strumenti finanziari.
I membri europei della Commissione Trilaterale, di cui Mario Monti rappresenta la carica più alta, hanno come scopo principale il completamento del processo di unificazione europea. Ergo Monti, che ne é l’espressione più autorevole, non può che essere “committed” (ovvero devotamente impegnato) alla stessa causa. Ed è lo stesso presidente del Consiglio italiano, in un suo recente speech prima della nomina fulminea, a spiegare che è proprio grazie alla crisi che i singoli membri dell’Unione Europea perdono irreversibilmente pezzetti di sovranità nazionale a vantaggio di un rafforzamento progressivo della UE.
« Nei momenti di crisi più acuta: progressi più sensibili. Non dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di gravi crisi per fare passi avanti. I passi avanti dell’Europa sono per definizione cessioni di parti di sovranità nazionali a un livello comunitario. E’ chiaro che il potere politico, ma anche il senso di appartenenza dei cittadini a una collettività nazionale possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico del non farle diventa superiore al costo del farle perché c’è una crisi in atto, visibile, conclamata. […] Abbiamo bisogno delle crisi per fare passi avanti, ma quando una crisi sparisce rimane un sedimento, perché si sono messi in opera istituzioni, leggi eccetera per cui non è pienamente reversibile. »
Bisognerebbe chiedersi se gli elettori italiani abbiano ben chiaro qual è la strategia di uscita dalla crisi che Monti ha in testa, e se la condividano. Visto che non se ne è parlato in nessun dibattito pubblico di natura elettorale, sospetto che non si possa parlare di una consapevolezza precisa di questa strategia complessiva. Così come pochi, pochissimi italiani ad oggi hanno sentito parlare di un trattato comunitario dalle ricadute pesanti per gli stati che vi aderiranno, la cui ratifica è prevista per il prossimo mese di dicembre. Sto parlando del MES, il Meccanismo di Stabilità Europea.
Il MES (ESM in inglese) è un meccanismo anti-crisi permanente che dovrebbe partire nel 2013 con un fondo iniziale di 700 miliardi di euro. Il fondo sarà conferito dai 17 paesi membri: Belgio, Germania, Estonia, Irlanda, Svizzera, Spagna, Francia, Italia, Cipro, Lussemburgo, Malta, Olanda, Austria, Portogallo, Slovenia, Slovacchia e Finlandia.
In base all’articolo 8 del trattato [LINK], i 700 miliardi saranno suddivisi in 7 milioni di azioni da 100 mila euro l’una, che saranno attribuite ai singoli stati membri in base a una tabella che ne stabilisce la quota di partecipazione. L’Italia partecipa al 17,9% con 1.253.959 quote, per un totale di oltre 125 miliardi di euro. Più di noi faranno solo la Francia (142 miliardi) e la Germania (190 miliardi). Malta come al solito avrà il ruolo della valletta, cavandolsela con 511 milioni di euro.
In realtà i 700 miliardi rappresentano una cifra indicativa, perché il board dirigenziale, composto da 17 governatori, potrà decidere in qualsiasi momento di variare il capitale, modificando in piena autonomia l’articolo 8, esigendo in base all’articolo 9 il pagamento delle quote di appartenenza di ciascuno stato membro, che a richiesta dovranno essere inderogabilmente corrisposte nei modi e nei tempi decisi dal consiglio dei 17 super consiglieri.
Non solo, ma in base all’articolo 27 del trattato le sedi del MES, tutti i suoi archivi e i suoi documenti, le sue proprietà, i suoi fondi e ogni suo bene saranno immuni a qualsiasi procedimento giudiziario. E come se non bastasse il MES non sarà sottoposto a restrizioni, regolamenti, controlli o moratorie di nessun tipo, né avrà obbligo alcuno di accreditarsi come istituto bancario, come servizio di investimento finanziario o come qualsiasi altra entità che sia sottoposta ad autorizzazioni o licenze per esercitare le sue funzioni.
Tutto qui? Ovviamente no: l’articolo 30 estende gli stessi privilegi e le stesse immunità anche ai 17 governatori che, insieme ai loro subalterni e a tutto lo staff, saranno parimenti immuni da qualsiasi procedimento legale relativo agli atti perpetrati nelle loro vesti ufficiali. Va da sé che anche i loro archivi e i loro documenti saranno assolutamente inviolabili rispetto a qualunque procedura di accertamento espletata da qualunque forza di polizia o da qualunque organismo di controllo esterno. Insomma, 17 divinità plenipotenziarie intoccabili che avranno il potere di esigere centinaia di miliardi dagli stati membri a loro totale discrezione e senza che questi possano in alcun modo opporvisi e che saranno completamente immuni rispetto a qualsiasi autorità giudiziaria. E’ facile immaginare che gli stessi privilegi finiranno per essere estesi a tutti i documenti che li riguardano, compresi quelli personali e al di là della loro appartenenza o meno all’ambito del Meccanismo Europeo di Stabilità: in caso di accertamento, infatti, basterà appellarsi all’immunità acquisita grazie alla carica ricoperta nel MES, sostenendo che nei propri archivi e nei propri personal computer siano custoditi documenti riservati e inviolabili prodotti all’interno della ricchissima e fortificata torre d’avorio finanziaria.
E’ compatibile, tutta questa segretezza, con le forme di governo democratiche che caratterizzano le società moderne? Sono indispensabili, tutti questi privilegi e tutte queste immunità, per esercitare una mera funzione burocratica di salvataggio delle economie in difficoltà?
Certo è che l’articolo 5 del super trattato di prossima approvazione stabilisce che i governatori dovranno obbligatoriamente corrispondere ai 17 ministri dell’economia di ciascuno stato membro, e che il ministro dell’economia italiano è Mario Monti, il quale conquisterà dunque una ulteriore carica fondamentale per avanzare strategicamente nei suoi obiettivi trilaterali, oltre che una tale quantità di privilegi da far impallidire un faraone. dicembre 12.2016
*Alberto Micalizzi: Economista e Ricercatore Universitario, svolge attività di ricerca sull’impatto delle politiche economiche e monetarie sulla crescita aziendale e sulla relazione tra andamenti borsistici ed economia reale. [LINK nota biografica]
http://www.byoblu.com/post/
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