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PARMA: DALLE ORIGINI ALL’IMPERO ROMANO

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PARMA, CRONACA DI UNA CITTA’ NEI SECOLI
a cura di Luigi Boschi

Indice

Le origini
Primi insediamenti
I Romani
Origini della Chiesa a Parma
Le invasioni barbariche
Sacro Romano Impero



1. Le origini
Nei terreni ai piedi delle colline di Parma, a Traversetolo, si sono trovate tracce di attività umana. Giacimenti e resti di manufatti che testimoniano la presenza nel territorio parmense dell’uomo preistorico di Neanderthal[1] che dominò il Paleolitico, periodo più antico dell’età della pietra.

Siamo nel Quaternario medio, penultimo periodo glaciale, riconducibile a circa 200.000 anni fa. Un ambiente caratterizzato da un clima arido e freddo con i ghiacciai alpini che si affacciavano in Val Padana.

Nel Paleolitico superiore (40.000 – 10.000 a.C. circa), l’Homo Sapiens, presente anche nella nostra provincia, sostituisce quello di Neanderthal. La pianura Padana da grande laguna marina, di cui i fossili sono testimonianza, si andava prosciugando. Il clima era divenuto più mite e compaiono, nella nostra Provincia, resti di attività agricola e dell’allevamento animali tipici del Neolitico, ultimo periodo dell’età della pietra (4.500 a.C. circa).[2]

Risalgono all’Età del Bronzo (2300-900 a.C.) i primi consistenti e diffusi insediamenti umani nel territorio parmense.[3] Queste comunità allocate inizialmente nelle zone collinari, gradualmente hanno stabilito collegamenti con il fiume Po, seguendo i corsi d’acqua che solcavano le relative vallate. Un territorio soggetto a grandi alluvioni e occupato da ampi letti di fiume; le terre erano tra acquitrini e paludi. E’ dalla tipologia ambientale che nasce la civiltà tipica parmense: la cultura delle Terramare.[4] "L’Età del Bronzo è un periodo della tarda Preistoria -racconta l’archeologo del territorio Angelo Ghiretti- ma le società e le culture che vissero nell’Età del Bronzo non hanno avuto nulla di Primitivo". E’ di questa Età la scoperta della ruota e l’invenzione dei carri (anche da guerra) che abbinati al già addomesticato cavallo permettevano di diminuire i tempi di percorrenza tra luoghi. Cambiano quindi le dinamiche di scambio e commerciali, aumentano gli incontri e gli scontri tra i popoli, sono più frequenti le migrazioni e le possibilità di acculturazione. I morti venivano cremati in urne tutte uguali e sepolti in vere e proprie necropoli di cui una fu scoperta nell’attuale piazza Duomo e in Piazzale della Macina.[5]

La metallurgia entra ormai in una fase di maturità che determina accumuli di ricchezza, di conseguenza iniziano a dividersi e strutturarsi le classi sociali dei guerrieri, dei contadini, di artigiani e commercianti con profondi cambiamenti delle società.[6] indice

2. I Primi insediamenti

E’ certo che dal X secolo a.C. vi fu un cambiamento climatico con conseguenti cambi di temperature, mutamenti nella vegetazione (i faggi sostituivano le querce), nell’alimentazione e nei modi di vestire. Le comunità parmensi erano influenzate da quelle limitrofe attraverso gli scambi commerciali.[7] Nel corso del tempo tra il 900 e il 200 a.C., sul parmense si sono susseguite diverse civiltà (Etruschi, Liguri, Tirreni, Celti, Galli ecc.). Parma potrebbe essere stata anche città etrusca nel VII sec. Nel IV secolo i Tirreni furono scacciati da una invasione celtica e divenne zona di influenza dei Galli Boi, tribù degli Anari.

Con i Celti, uomini alti, di carnagione chiara dai lunghi capelli rossi o biondi, che curano molto l’estetica delle armi e danno importanza principalmente all’oro e al bestiame, vi è un aumento demografico, una mescolanza culturale, ma scompare la dimensione urbana. indice

 

3. I Romani

Nel 183 a.C., sconfitto Annibale, alcune migliaia di romani guidati dai triumviri M. Emilio Lepido, T. Ebuzio Caro e L. Quinzio Crispino, si insediarono nell’agro dei Galli Boi, ricacciati oltralpe, mentre i Liguri si rifugiarono negli Appennini. I romani insediati, fondarono le colonie di Parma e Modena.[8] Alla confluenza tra il torrente Parma e il torrente Baganza, un punto nodale quanto a percorsi stradali, ha origine la colonia di Parma. Il nome, dall’etimo etrusco, risale da parma lo scudo rotondo romano. Iniziarono opere di bonifica dei territori per lo più paludosi in modo da consentire ai coloni lo sviluppo di attività economiche agricole e pastorizie.

Parma diede un importante apporto nello scontro a fianco di Mario contro i Cimbri nel 101 a.C. Per questa sua fedeltà si conquistò i meriti di essere chiamata città di diritto romano col riconoscimento di certe autonomie.[9] Un primo passo verso il decentramento giudiziario.

Nello scontro tra Antonio e Bruto, Parma parteggiò per l’uccisore di Cesare e tra i congiurati vi fu il poeta Cassio parmense che si rifugiò ad Atene. Qui, raggiunto dall’ira imperiale, fu ucciso per mano del poeta Quintilio Varo e tutte le sue opere furono distrutte. Dopo il 44 a.C. la città, rasa al suolo dalle truppe di Antonio, che volle vendicarsi, divenne luogo di miseria

Ottaviano Augusto nel suddividere la penisola italiana in regioni (11), dando un assetto regionale come "spazio di governo" e assetto amministrativo, nell’Emilia ordina le sue perimetrazioni su elementi oroidrografici, configurando così politicamente il geometrico triangolo disegnato dalla natura.[10] L’imperatore venne in soccorso alla miseranda condizione di Parma. Proprio a lui si deve la ricostruzione della città che sorse più a ovest rispetto a quella originale. L’abitato di Parma ha toccato infatti il suo massimo splendore antico in epoca imperiale: lo sviluppo edilizio e una società aperta alla bellezza. Furono costruiti: il Foro (attuale piazza Garibaldi), le terme (palazzo dell’Università), il teatro (ubicato vicino a barriera Farini, di fronte alla Chiesa S. Uldarico), l’anfiteatro[11] (area tra Convitto Maria Luigia, palazzo Marchi), la basilica fuori dalle mura (piazza Duomo). Sono testimonianze della nuova città augustea le importanti infrastrutture urbane. La città fu dotata di rete idrica sotterranea, acquedotto per la raccolta delle acque dai monti, le abitazioni riscaldate con tubi sotto i pavimenti in cui scorreva acqua calda. Il buon sviluppo economico consentiva poi la crescita qualitativa della città. La pastorizia e la fiorentissima produzione di tessuti di lana[12], costituivano la base. Di rilievo risultava pure l’allevamento dei suini, la coltivazione di cereali, della vite, la produzione di vino e allevamenti di api per la produzione di miele. Nascono fornaci per i laterizi. Una città poi ricca di traffici e commerci, dove cultura, arti e letteratura trovavano adeguate attenzioni e partecipazione. Pochi erano gli schiavi e gli ingenui (i nati liberi) convivevano con i liberti (ex schiavi), divenuti ricchi. Questa prosperità continuò per tutta la durata dell’Impero romano d’occidente e si protrasse fino al I secolo d.C.

Nel 312 d.C. Costantino sottomette Parma. Vengono costruite le mura alla fine del IV secolo, ma contemporaneamente, una grave crisi agricola colpisce la città, di conseguenza ristagnano i commerci, le ricchezze vengono tesaurizzate, il territorio si spopola. Iniziano le pestilenze che si protrarranno fino al VII secolo d.C. indice

4. Origini della Chiesa In Emila e a Parma

Il Cristianesimo nell’Emilia Romagna si innestò gradualmente facendosi strada tra una religiosità di tipo animistico (culto degli alberi, dei fiumi, delle sorgenti, ecc; riti legati al ciclo delle stagioni e del lavoro nei campi) nelle campagne, e tra culti pagani e orientali nelle città. Parma, come tutta l’Emilia, gravitava su Ravenna, la prima città emiliana ad essere cristianizzata, da cui partì, dalla seconda metà del II sec., l’evangelizzazione ad opera di sant’Apollinare. L’adesione al nuovo credo è una scelta lenta e difficile che coinvolge la persona spiritualmente e ciò comportò conflitti, crisi personali, inquietudini nella ricerca di nuovi modelli di vita e valori. La diffusione avvenne attraverso il formarsi spontaneo di piccoli gruppi stimolati dai viaggiatori d’Oriente, da Milano, da Roma. La religione Cristiana si sovrappose nel culto e nei riti a quella pagana sia con l’occupazione dei luoghi di culto, sia adattando il calendario religioso al ciclo delle coltivazioni e delle stagioni. Le principali festività Cristiane si ritrovano nel solstizio e nell’equinozio nei quali ricorrevano già le festività pagane, oppure ricalcano le cerimonie primaverili pagane (Ambarvalia) intorno ai campi, con le rogazioni cristiane.[13] La Chiesa assume poi una funzione di supplenza nella società civile con la crisi dell’Impero. I vescovi assumono funzioni pubbliche dapprima verso i poveri in seguito come difensori della città. Una protezione civile sancita dal Codice di Giustiniano a cui veniva associato un patronato dopo la morte attraverso la santificazione dei vescovi dopo l’epoca dei martiri.[14] Oltre alla Chiesa, col Cristianesimo, sorsero Ordini religiosi che proponevano separazione dal mondo, rinuncia e sacrificio. Nacquero i monasteri in particolare nelle aree rurali, che divennero anche luoghi di cultura e sviluppo economico legato alla bonifica del territorio e alla attività agricola.[15]

L’impianto della Chiesa nel parmense è collocato tra il IV e il VI secolo.[16] Per avere infatti qualche notizia solidamente documentata sulla presenza e sull’organizzazione di una Chiesa di Parma bisogna attendere il IV secolo, quando compare la sfuggente figura di un Urbano, Vescovo "semi ariano e scismatico", ancora presente nel 381, poi nulla. Nei secoli V e VI pare che l’unica sede episcopale attiva fosse a Brescello, ma la diocesi scomparve poiché l’antica città romana (Concordia Brixillum) venne sommersa dalle acque. Nomi di Vescovi, e quasi niente più che nomi, si hanno a partire dal VII secolo, per arrivare a Guibodo, poi alla figura di spicco di Cadalo e successivamente di San Bernardo degli Uberti (1106-1133). Da questo momento vicende e personaggi acquistano sempre più netti contorni e la Chiesa di Parma può contare, fino all’attuale vescovo monsignor Bonicelli, una catena di 69 Vescovi. [17] indice

5. Le Invasioni Barbariche

Dalla caduta dell’Impero, Parma, per la sua posizione strategica e per le piccole dimensioni, diviene terra di conquista dei barbari[18] che devastarono e abbatterono opere di civiltà. Sant Ambrogio parlava delle città emiliane come "cadaveri di città semidistrutte".

Si può ritenere che nel secolo VI d. C. si avviino i primi passi di un tragitto che attraverserà ben otto secoli di storia, un periodo in cui s’incrociano culture, etnie, religioni differenti, fino alla maturazione di un’identità. Il medioevo non è stato certamente quel periodo oscuro, tragico, senza identità che una certa storiografia ha voluto rappresentare. Le radici socio-culturali, politiche, etiche e religiose della civiltà occidentale sono qui. La memoria dell’identità di una comunità medioevale e della sua autorappresentazione simbolica sono state riversate in monumenti di varia struttura, in dipinti, in testi di poesie, di filosofia, di teologia.

Nel 493 Teodorico sconfigge Odoacre. Parma deve al re degli Ostrogoti (493-526), educato alla corte di Bisanzio, la rinascita della città, il restauro e lo sviluppo di edifici pubblici, degli acquedotti, dei canali Maggiore e Comune (tuttora esistenti) e delle fognature. Alla morte di Teodorico, dopo varie vicende, inizia il dominio bizantino (554-568 d.C.) e Parma, per la sua floridezza, è sede del tesoro dell’erario militare e assume il nome di Crisopoli, cioè la città dell’oro.

Nel 568-569 la città è occupata da Alboino, Re dei Longobardi. Parma diviene zona di frontiera con i Bizantini che continuavano a resistere sull’Appennino.[19] I confini di Parma erano più ampi dell’attuale Provincia e si estendevano fino a Bismantova. Fu trasferita la Cattedrale nella Chiesa di San Lorenzo entro le mura mentre sembra che quella antica paleocristiana fosse stata riservata al culto ariano.

Ai Longobardi si deve il rafforzamento della strada di Monte Bardone, la Via Romea, che attraverso la Cisa, portava alla Tuscia e al Mezzogiorno d’Italia. Sul percorso di Monte Bardone i Longobardi avevano stabilito un sistema di insediamenti, dei quali esiste testimonianza nei toponimi Bardi, Bardone, e vi hanno fondato monasteri, abbazie, ostelli e rifugi, protetti spesso da una cinta di mura, dove potevano far tappa i pellegrini in viaggio verso Roma. Sono i decenni in cui sono state costruite una serie di chiese romaniche di notevole rilievo (Vicofertile, Talignano, Fornovo, Bardone, Berceto, Zibana, Sasso). Ma sono soprattutto le Abbazie benedettine a diventare i centri che hanno animato le culture contadine ed hanno rappresentato l’ossatura della democrazia e di una prima economia di tipo aziendalistico.[20] Nelle loro conquiste i Longobardi insediarono costruirono castelli e strade per controllare passi, unitamente ai Monasteri per il recupero di terreni incolti. [21]

Storici recenti, studiando la svolta dal primo al secondo millennio, hanno concluso che già in quell’epoca oscura si ritrovano i primi accenni della schiarita che nel secolo successivo si è venuta manifestando in modo sempre più deciso. Il limpido edificio ideale di Tommaso d’ Aquino, le strutture delle possenti, luminose cattedrali protese verso il cielo, la dottrina di S. Francesco d’Assisi, la spiritualità degli umanisti, persino il razionalismo critico dell’illuminismo – tutto ciò si stava preparando già allora, nel X secolo, da parte di un pugno di monaci ispirati, chiusi dietro le mura dei loro conventi.[22] Questo lavoro di rinnovamento spirituale, iniziato allora dentro le mura dei monasteri, è rimasto nascosto ai contemporanei. Abbiamo solo la memoria di un monaco di Cluny, Raoul Glaber che ha scritto la storia del periodo dal 900 al 1044. Raoul, cercava nel suo oggi segni del mutamento, tendenze e tentativi che, in contrapposizione all’esistente, additassero un futuro diverso e migliore.

 

 

MONASTERI BENEDETTINI IN DIOCESI DI PARMA

1) Abbazia di S.Remigio di Berceto. Fondata nel 718 dal re longobardo Liutprando, a presidio della via Francigena, affidandone il governo ad un pellegrino franco, S.Moderanno vescovo di Rennes. Forse a Berceto chiuse la sua esistenza come monaco S,Bucardo, primo vescovo di Parma, pare dopo l’abbandono della località agli ultimi monaci.

 

2) Abbazia di S.Giovanni Evangelista di Parma. Fondata verso la fine del sec. X° dal vescovo Sigifredo II° per chierici religiosi, ne affida la direzione e la formazione al canonico Giovanni, che ne diviene il primo abate ed adotta gli usi cluniacensi proposti dall’abate S.Maiolo incontrato in un sinodo a Ravenna.

La vita santa dell’abate Giovanni, testimoniata dalla sua carità e dai suoi miracoli viene ratificata dalla elevatio vescovile in occasione della traslazione del corpo dal chiostro alla chiesa al tempo del vescovo Ugo (1027-1044).

Notevole è la dotazione fondiaria del monastero in diocesi di Parma, Reggio Emilia, Luni e Pistoia. In data 17 marzo 1144, il papa Lucio II° prende il monastero con il suo abate, i monaci e le dipendenze sotto la protezione del beato Pietro e della Sede Apostolica.

Il 17 Luglio, con bolla del papa Sisto IV, viene sancita l’unione alla congregazione di S.Giustina di Padova.

Fu un rifiorire del monastero con la ricostruzione degli edifici con magnificenza rinascimentale e nuove e ottime vocazioni. Alto il livello scientifico e letterario, biblico e teologico, con personaggi come Isidoro Clario che parteciperà al Concilio di Trento con , proposte progressiste e conciliatoristee Benedetto Bacchini, grande erudito del ‘600 -‘700, fondatore del Giornale dei Letterati e maestro dei Muratori.

 

Il secolo XIX infierisce con tre soppressioni governative (napoleonica nel 1810, ducale nel 1849 e del regno d’Italia nel 1866), risorgendo tutt’e tre le volte. La prima volta, nel 1816 con decreto della duchessa Maria Luigia e l’onere della ricostruzione del collegio dei nobili. La seconda volta, nel 1852, condecreto di Carlo III° vengono riammessi nuovi benedettini detti San Giuliano, dal nome del monastero di Genova da cui provenivano.

La terza, nel 1889, nella badia di Torrechiara, riscattata dal demanio. Nel 1920 l’abate Caronti riporta la comunità nell’avito monastero di S.Giovanni Evangelista.

 

3) S. Maria di Cstiglione-Castione Marchesi – oggi in diocesi di Fidenza Abbazia fondata nel 1033 dal marchese Aldaberto e dalla moglie Adeleida.

Vi è una bolla inedita di Leone IX all’abate Romualdo e una del 1144 di Lucio II° che prende il monastero sotto la protezione apostolica.

Nel 1487 subentrano i monaci olivetani.Espulsi nel 1764 per le leggi illuministiche del Du Tillot.

 

4) Abbazia di S. Basilide di Cvana. Fondata nel 1115 da S. Berbardo degli Uberti per i monaci benedettini vallombrosani. Vari documenti pontifici ed imperiali da Pasquale II ad Anastasio IV a Enrico V. Alla fine del sec. XV cessa la vita regolare per estinzione naturale.

 

5) Abbazia di S. Bernardo, alias di S. Maria dei Cistercensi di Fontevivo. Fondata dal vescovo Lanfranco di Parma nel 1142. Nel 1615 subentrarono i monaci di S.Giovanni Evangelista di Parma, il cui abate "pro tempore" la resse come abate nullius fino alla sua incorporazione alla diocesi di Parma per decreto della congregazione concistoriale in data 14 agosto 1892. Tuttora il vescovo di Parma ha anche il titolo di abate di Fontevivo.

 

6) Monastero di S. Martino dei Bocci, alias S. Maria di Valserena, Paradigna. Fondato dal card. Gherardo Bianchi nel 1298, chiamando monaci cistercensi dal monastero di Chiaravalle della Colomba, Alseno, che vi rimasero fino alla soppressione napoleonica (1810).

 

7) Abbazia di S. Maria della Neve, presso Torrechiara.

Fondata dal conte Pier Maria Rossi nel 1473 ed eretta canonicamente dal papa Sisto IV nel 1473 ed unita alla congregazione benedettina di S.Giustina di Padova. Nel 1491 fu unita al monastero di San Giovanni Evangelista di Parma e ne seguì le sorti durante i secoli. Nel sec. XIX dopo le soppressioni governative fiu riscattata dal demanio e nel 1889 fu sede monastica per la ripresa della comunità di S.Giovanni Evangelista fino al suo rientro in sede nel 1920. Tuttora è sede d’incontri di preghiera e di studio. Dipenze de La Chaise-Dieu sulla Via Francigena ottenute dal vescovo Lanfranco nel 1139, copn il Monastero della Rocchetta sul Prinzera, ed i priorarti di Sivizzano, Talignano ed altre chiese. La vita monastica con monaci dura fino alla fine dek sec. XIV.

Priorato di S. Benedetto di Priorato di Fontanellato, dipendenza dell’abbazia di Leno, già attestato da un diploma di Enrico II del 1014. La presenza monastica scompare intorno al 1400 e subentrano i conti Sanvitale.

 

MONASTERI FEMMINILI IN DIOCESI DI PARMA

Monastero di S.Alessandro, fondato dalla regina Cunegonda, vedova del re d’Italia Bernardo e da lei dotato di beni con atto 15.06.835. Fu soppresso dalle leggi eversive napoleoniche nel 1810.La chiesa, riedificata all’inizio del sec. XVI e ridotta allo stato attuale nel 1622, rimase come chiesa parrocchiale. Il monastero fiu demolito nel 18721 per lasciare il posto al Teatro Regio.

 

Monastero di S. Paolo, fondato intorno all’anno 1000 dal vescovo Sigifredo II, rifabbricato nel 1584 e soppresso nel 1810. Vi si trovano le camere dipinte dal Correggio per ordine della badessa Giovanna da Piacenza.

 

Monastero di S.Quintino, fondato dai canonici di Parma all’inizio del sec. XII. Fu soppresso nel 1810.

 

Monastero di S.Uldarico. Fondato all’inizio del sec. XI. Soppresso nel 1810.

 

Monastero di S.Giovanni Battista a Borgo San Donnino. Fondato nel 1129 da Oberto Pallavicino. Prima badessa fu Martina Pallavicino. Fu soppresso nel 1810.

 

Monastero delle monache cistercensi a S.Siro di Fontanelle, di cui nel 1186 era badessa Felicita, che fondò in Reggio la chiesa di S. Nicolò. Attualmente questo monastero delle cistercensi, ormai chiuso da secoli, è in località S.Siro, oltre l’Enza in diocesi di Reggio Emilia. indice

6. SACRO ROMANO IMPERO

Carlo Magno, re dei Franchi, nel 773 nella sua discesa verso Roma, occupa Parma che diviene contea Carolingia. Dopo pochi anni sono attivati i dazi sulle merci in transito e coniata la moneta.

Nell’877 il vescovo Guibodo (si ritiene fosse nipote dell’imperatore Carlo), fonda il Capitolo della Cattedrale[23] ed avvia lo "Studium", da cui discende l’attuale Università.

Ireneo Affò nella "Storia di Parma", all’anno 1028, descrive sulla traccia di S. Pier Damiani e di Donizone, l’alto grado di cultura e di formazione in cui Parma eccelleva.[24] Tra il 980 e il 983 sono fondati i monasteri di S.Giovanni e di San Paolo testimonianza dell’importanza del cristianesimo monastico nella città con il richiamo alla moderazione e contenimento della lussuria. I legumi costituivano l’alimento di sussistenza e su di essi venivano trasferiti simbologismi etici.

Le biblioteche della Cattedrale e della Scuola Vescovile erano ricche di testi giuridici, di teologia e di scienze umane e naturali, quali i codici virgiliani e ciceroniani. Dalla Scuola Vescovile escono i chierici, i notai, i medici, i cancellieri del Sacro Romano Impero. Molte famiglie vi specializzano i propri figli in determinate professioni, trasmesse di padre in figlio.[25]

Erano gli anni in cui le tre grandi religioni monoteistiche (Ebraica, Musulmana, Cristiana) intrattenevano rapporti culturali attraverso studiosi di alto profilo, quali, ad esempio, Tommaso d’Aquino per i cristiani, Averroè e Avicenna per gli arabi, intermediari della cultura greca e Maimonide per gli ebrei.

Bagdad fu centro del grande rinascimento scientifico (matematico, astronomico, etc.) e culturale (filosofia dell’Islam), mentre a Toledo vi erano le scuole dei traduttori a cui partecipavano arabi, greci e latini. I volumi venivano poi venduti alle Università e agli studi vescovili dei monasteri. indice



[1] Questo tipo di uomini aveva corpo massiccio, piccola statura, testa voluminosa con la regione facciale più sviluppata rispetto alla regione cerebrale, cranio appiattito e fronte sfuggente, dentatura voluminosa e mascella inferiore robusta, senza mento. La stazione era perfettamente eretta.

[2] Presenze neolitiche sono documentate a Salsomaggiore Terme, Tabiano, Pellegrino Parmense, Bardi Varsi. Modeste infiltrazioni di popolazioni si hanno anche lungo le valli del Taro, del Baganza e del Parma.

In questo periodo si seppellivano i morti rannicchiati in tombe ad inumazione in lastra di pietra (ritrovamenti di Bedonia, di Castelguelfo e Collecchio).

[3]Nelle prime colline di Felino, in località "Monte Leoni" (S. Michele di Tiorre), è stato scoperto e descritto negli anni ’70, da un gruppo internazionale di ricerca, organizzato dall’Istituto di Ecologia dell’Università di Parma, un sito terramaricolo, datato alla metà dell’Età del Bronzo (2300 – 900 a.C.). Dallo studio si son potute rilevare le scelte economiche di quella comunità basate sullo sfruttamento di varie risorse animali e vegetali. Il terreno ha mostrato la presenza, oltreché di orzo, frumento e miglio, di altre specie coltivate: fichi, uva, fave, ortaggi. Dall’analisi delle ossa animali si evince una predominanza della pecora/capra, del maiale, scarsi invece bovini e animali dell’attività venatoria. Nell’Antica Età del Bronzo (2300-1700 a.C.) vi era una rarefazione insediativa come in tutta l’Emilia Occidentale. Nel corso della Media Età del Bronzo (1650-1350 a.C.), si osserva una sistematica e capillare presa di possesso del territorio da parte di comunità umane con una serie di modelli insediativi: sito su altura, al termine di una cresta o crinale, su terrazzo fluviale o su dorsale pianeggiante. Villaggi abitati da meno di cento persone, con una distanza media tra loro di tre o quattro chilometri circa. Le Valli Enza, Parma e Baganza erano state densamente popolate. Nella parte finale della Recente Età del Bronzo (1350-900 a.C.), si assiste ad un vero collasso di popolamento se non di abbandono di numerosi abitati. Un declino pare dovuto da dissesti ambientali e idrogeologici con conseguenze di siccità e epidemie. Alla scomparsa di insediamenti radi si contrappone un nuovo tipo di gestione del territorio ad alta densità insediativa. De Marchi L.: Archeologia della Preistoria tra parmense e reggiano. Graphital edizioni. Parma. 2003

[4]I villaggi, perimetrati da un ampio fossato, composti da capanne su palafitte lignee, venivano costruiti a forma trapezoidale o quadrangolare, con un angolo acuto rivolto verso monte, in modo da frangere, da fare da spartiacque alle ondate di piena che scendevano dall’Appennino. Nella città di Parma è certa la presenza di una terramare nell’area di borgo Valorio, posta su di un nodo stradale nel quale confluivano vie che penetravano nell’Appennino.

[5]L’utilizzo di urne tutte uguali sembra stia a significare il senso di una uguaglianza tra gli uomini dopo la morte. Un diverso concetto di anima, poi, rispetto alle epoche precedenti, quando il defunto veniva inumato rannicchiato che farebbe pensare a una idea di rinascita (recupero posizione fetale), mentre la presenza di oggetti cari in vita sono un segno di continuazione della vita dopo la morte organica.

 

[6] Si intensificano i collegamenti e le direttrici di percorrenza, le comunità dei villaggi sono in stretto contatto, i boschi vengono abbattuti e soggiogati nelle nuove campagne in cui prende piede una agricoltura, che seppur arcaica, è da ritenersi intensiva. La presenza di scrematoi rivela una attività connessa con la trasformazione del latte e la produzione di derivati. Oltre alle armi di bronzo, si costruivano oggetti di osso. Caratteristica è la produzione di ceramica senza tornio con decorazioni nero lucido che riprodotta in Età Etrusca, sarà denominata bucchero.

[7] Golasecca (Milano), atestina (Este di Padova), villanoviana (bologna), etrusca.

[8] Nel 268 a.C. era già stata fondata la colonia romana di Rimini, nel 218 a.C. quelle di Cremona e Piacenza, nel 189 a.C. Bologna. E’ del 187 a.C. la costruzione della via Emilia.

[9] Le autorità locali potevano risolvere vertenze non superiori a 15.000 sesterzi. Più tardi con la Lex Iulia Municipalis di Giulio Cesare, furono riconosciute ulteriori autonomie alle città di diritto romano.

[10] Con alcune eccezioni per radicate situazioni etnoculturali, nonché politiche, a Occidente (valle del Trebbia congiunta con i Liguri); a Oriente (valli della Marecchia e del Savio agli Umbri).

 

[11] Grande come l’Arena di Verona

[12] E’ tutt’altro che agevole ricercare quando e in qual misura la marra e la falce del contadino abbiano sostituito il vicastro del pastore, con la diffusione dei bovini, il commercio del latte e del formaggio. Bernini F.: Storia di Parma. Luigi Battei. Parma. 1976

[13] Gregorio Magno narrò nei suoi Dialogi che il Vescovo di Piacenza Savino si rivolse al Po con diffida scritta da un notaio e gettata nelle acque del fiume di non uscire dagli argini arrecando danni alle popolazioni.

[14] Il santo patrono divenne un fattore di grande identificazione cittadina dopo la caduta dell’impero romano.

[15]Primo importante monastero in Emilia fu quello di Bobbio (612), fondato da un monaco irlandese: San Colombano. La cultura monacale oltre all’importanza spirituale, rappresenta un luogo di memoria storica. Le agiografie ritrovate consentono di conoscere la vita di quel tempo, i personaggi, il paesaggio.

[16] Si consiglia sul tema della Chiesa primitiva la lettura del contributo esemplarmente lucido e documentato di Bianchi, A. 1996 La Chiesa delle origini: diffusione, vita e teologia dei primi tre secoli Parma, Istituto interdiocesano di scienze sociali S. Ilario di Poitiers

[17] (P. Bonardi).

[18] (399/424 Goti, Unni; Attila 451 d.C. saccheggia l’Italia settentrionale; Odoacre e gli Eruli nel 476 d.C.)

[19] La creazione dei ducati e dei gastaldati fu il primo segno dell’occupazione Longobarda. Parma fu dapprima ducato insieme a quelli di Reggio e Piacenza, poi divenne territorio direttamente dipendente dal re. Mentre il duca era un signore di un piccolo stato nello Stato, il gastaldo era un procuratore della Corona che amministrava le terre negli interessi regi.

[20] Fondazione Ambrosiana Paolo VI 2003 Ora et labora. Le comunità religiose nella società contemporanea Nomos Edizioni Busto Arsizio

[21] Si attribuisce ai Longobardi un progresso nell’agricoltura anche in funzione di un nuovo aratro che sostituiva quello romano. Pure i mulini sui fiumi pare siano una loro introduzione nel nostro territorio. Questo non solo per l’esperienza nelle tecniche fluviali, ma anche per l’introduzione della forma giuridica demaniale. Fiumi e sponde erano infatti soggetti a concessione regia.

[22] Jungk, R. 1975, L’uomo del millennio Einaudi, Torino

[23] Una unione di sacerdoti che conduceva vita comune nel "Canonicale claustrum", ubicato nei pressi della chiesa madre, e aveva in dotazione metà del prato regio, tutte le decime della città, vari poderi e appezzamenti, due xenodochi, con annesse pertinenze e metà delle rendite del sale e delle terre di Salso. Per merito di questo tranquillo luogo, anche Parma chinò la testa sui libri: Guibodo vi impiantava una scuola per futuri sacerdoti. Marchesi G.: Storia di Parma. Newton Compton Editori. 1994

[24] Con diploma emesso dall’Imperatore Ottone I, in data 13 Marzo 992, al vescovo di Parma Uberto, viene concessa la facoltà "erigendi sive ordinandi sibi" un suo proprio Notariato e, implicitamente, una Scuola per la formazione del medesimo. (Archivio Vescovile di Parma, cassetta "Diplomi Imperiali")

[25] G. Pighini 1965 – Storia di Parma – Caselli, Reggio Emilia.

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