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Bormioli: “Calici per brindare, siamo di nuovo uniti nel vetro”

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Il percorso di un gruppo che oggi conta su un potenziale di 2.250 dipendenti, 450 milioni di fatturato, 13 forni in attività con una capacità fusoria di mille tonnellate al giorno, 2,5 milioni di pezzi prodotti ogni giorno

di GLORIA RIVA*

In Emilia Romagna quando si parla di Bormioli, si parla di vetro: le due parole sono pressoché sinonimi. Del resto il know how della famiglia Bormioli risale addirittura a venticinque generazioni fa, cioè al 1300, quando i testi dell’epoca raccontano la maestria della famiglia Borniolle, proveniente dalla Francia del Nord, nell’arte della lavorazione del vetro.

Nel XVI secolo le tracce di quell’antica casata si ritrovano nel genovese, ad Altare, dove la famiglia emigra e cambia il cognome in Bormioli. Traslocherà ancora, dalla Liguria (mantenendo però una storica sede) a Fidenza, nel 1825 per via dell’abolizione dell’Università del vetro ad Altare.

All’epoca il capostipite era Luigi Bormioli, ebbe due figli, che nel 1854 acquistano a Parma una vetreria per un valore equivalente a 60 mila euro di oggi e dove all’inizio del secolo scorso lavoravano un centinaio di persone, intente a produrre boccette per profumi, contenitori per farmaci, barattoli, ampolle e bicchieri per la casa e la cucina. Insomma, il core business della famiglia Bormioli è sempre stato il vetro, declinato nei suoi vari utilizzi.

Eppure dalla metà degli anni Quaranta del secolo scorso, non è più possibile parlare genericamente di Bormioli, perché si fa risalire al 1946 una scissione interna. È l’ingegner Luigi Bormioli, rimasto orfano in giovane età, ad essere costretto a separarsi dall’azienda degli antenati e in quell’anno fonda a Parma una vetreria che ancora oggi porta il suo nome e si specializza nella produzione di contenitori per la cosmetica e la profumeria e in oggetti di altissimo livello.

L’altro ramo della famiglia prosegue la sua attività nella Bormioli Rocco&Figlio, un gruppo che negli anni ha visto una enorme espansione, arrivando a contare nove stabilimenti produttivi, di cui 6 in Italia, 2 in Francia e uno in Spagna, con 2.700 dipendenti. Quest’ultima è l’azienda nota ai più, quella dal marchio rosso con la stella bianca, famosa per la produzione di brocche e bicchieri da casa e i vasi Quattro Stagioni, quelli per le conserve.

Negli anni ‘90 la Rocco Bormioli è un gigante da 3.500 dipendenti e un fatturato di 600 miliardi di vecchie lire, minato però da una grave crisi finanziaria. Ecco quindi che l’ultimo erede della famiglia Bormioli, che si chiama proprio Rocco Bormioli, cede la società alla Banca Popolare di Lodi del banchiere Gianpiero Fiorani che poi passa sotto al controllo del Banco Popolare. Nel 2011 l’intero gruppo viene acquisito dal fondo di private equity inglese Vision Capital per 250 milioni di euro. 

L’ingresso del fondo, come racconta il sindacalista e segretario generale della Filctem Cgil di Parma, Simone Cavalieri, aveva portato con sé “un lento declino, cominciato con l’ingresso nell’azionariato della Banca Popolare di Lodi e peggiorato con l’ingresso della società inglese, che hanno curato soprattutto gli equilibri finaziari a scapito degli obiettivi industriali. Del resto era chiaro già da qualche tempo che il fondo si stava preparando a un’uscita e stava trascurando gli investimenti sulle linee produttive”, spiega il sindacalista.

Inaspettatamente il gruppo Rocco Bormioli, che sembrava destinato a finire in mano a una società straniera, circa un anno fa è stato acquisito dai cugini della Luigi Bormioli di Parma, che nel frattempo è diventata leader nella produzione di vetro d’alto di gamma, creando cristalli, brocche, bicchieri e boccette di elevato valore, destinati all’hotellerie di lusso, alla cosmetica e profumeria, alla distilleria e alle decorazioni creative.

La società, che ha mantenuto la sua sede principale a Parma (più un secondo impianto ad Abbiategrasso, alle porte di Milano), ha investito moltissimo sull’innovazione di processo e infatti negli anni ha dato ampio impulso alle tecnologie più all’avanguardia, arrivando a sfruttare le nanotecnologie per rafforzare lo stelo dei calici e non solo.

Oggi la Luigi Bormioli fattura 203 milioni di euro, esporta in tutto il mondo ed è diretta da Alberto Bormioli, erede di Luigi Bormioli. “La Luigi Bormioli ha acquisito il solo ramo casalinghi della Rocco Bormioli, con sedi a Fidenza, Altare (Genova) e in Spagna, mentre gli impianti e gli stabilimenti dedicati al pharma sono passati al fondo d’investimento Triton. Con questa acquisizione Alberto Bormioli raddoppia il perimetro aziendale”.

Infatti la nuova Bormioli, che mantiene per il momento separate le due ragioni sociali ma ha un solo azionista e proprietario, Alberto Bormioli appunto, conta oggi su un potenziale di 2.250 dipendenti, 450 milioni di fatturato, 13 forni in attività con una capacità fusoria di 1.000 tonnellate al giorno, 2.500.000 pezzi prodotti ogni giorno.

“La nota assolutamente positiva è che Alberto Bormioli sta trasferendo la competenza e la capacità industriale, che ha fatto prosperare la società Luigi Bormioli, alla Rocco Bormioli dove è stato prospettato un imminente investimento per il rifacimento del forno di Fidenza, che effettivamente ha urgente bisogno di una riqualificazione. Inoltre l’impatto occupazionale è stato positivo, perché l’organico è rimasto inalterato, nonostante ancora siano da risolvere alcune problematiche relative all’impiantistica e, soprattutto ai magazzini”.

L’obiettivo di Alberto Bormioli, è quello di “ampliare i perimetri delle proprie risorse organizzative e materiali al fine di sviluppare originali e virtuose modalità di fare business nel vetro, a vantaggio degli interessi della clientela facendo leva sulle conoscenze, la cultura e la capacità di entrambe le societa”, ha dichiarato il presidente della società.

Dal punto di vista finanziario la Luigi Bormioli ha finalizzato l’acquisizione sfruttando capitale proprio, quindi senza passare da un prestito bancario, “evidenziando un’ampia capacità di far fronte a impegni economici consistenti”, commenta Cavalieri della Cgil.

La nuova proprietà ha in programma una serie di investimenti per l’impianto di Fidenza, che dovrebbe puntare sul miglioramento della qualità
dei prodotti e su un’estensione della gamma prodotti, non solo dedicandosi al settore casalingo, ma anche ai mercati della distilleria e della cosmetica, che in Italia concentrano i propri poli produttivi proprio nell’area emiliana.

La scheda –  Mentre la Rocco Bormioli si colloca sul segmento mass market, con vetri, caraffe, bicchieri e barattoli venduti soprattutto nei supermercati e al grande pubblico, la Luigi Bormioli si ritaglia un segmento di mercato elitario, puntando tutto sull’alto di gamma, qualità altissima, sia nel settore dei casalinghi, sia dell’hotellerie, della cosmetica e della distilleria. L’azienda di Parma Luigi Bormioli ha un volume d’affari che si attesta a 203 milioni di fatturato nel 2017.

Le due società proseguono su strade parallele, finché Alberto Bormoli nell’estate del 2017 acquisisce la Rocco Bormioli, messa in vendita dal fondo d’investimento inglese che l’aveva in pancia sin dal 2011. Inizialmente si erano fatti avanti per l’acquisizione della Rocco Bormioli (esclusivamente per il ramo casalingo, che vale circa 225 milioni di fatturato) il gruppo cinese Deliglass, la multinazionale tedesca Gerresheimer e il gruppo Zignano Vetro.

Ma la trattativa si è poi conclusa con i cugini della Luigi Bormioli, riportando in famiglia un’attività che, da circa 20 anni era stata presa di mira da speculazioni finanziarie. Oggi il nuovo gruppo Bormioli conta oggi su un potenziale di 2.250 dipendenti, 450 milioni di fatturato, 13 forni in attività con una capacità fusoria di 1.000 tonnellate e 2.500.000 pezzi prodotti ogni giorno. 25 settembre 2018

*Affari & Finanza

Fonte Link: parma.repubblica.it

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