Home Artgallery Jessica Wilson Galleria Niccoli all’ ArtVerona 14-16 ottobre 2022 con Jessica Wilson

Galleria Niccoli all’ ArtVerona 14-16 ottobre 2022 con Jessica Wilson

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foto Viviana Berti: detail- opera di Jessica Wilson
foto Viviana Berti: detail- opera di Jessica Wilson

I knew you were trouble when you walked in

By Jessica Wilson




Immediati e dirompenti, i segni colorati di Jessica Wilson nascondono, dietro l’apparente semplicità del tratto, un universo dinamico di significati provenienti da molteplici stimoli: reminiscenze dei lavori dei grandi artisti del XX secolo e del Rinascimento, che assimila e cita, trascorsi biografici personali, design, architettura fino ad arrivare al mondo multiforme dell’interpretazione personale. Filtrato dalla memoria e dalle sue mani – spesso in chiave ironica – il lavoro di Jessica Wilson tocca le corde dell’immaginario di chi osserva per trasportarlo nell’intimità del proprio io: sensualità e sessualità, quotidiano e onirico, astratto e concreto si alternano in un gioco dettato dall’inconscio del singolo spettatore.

Ogni singola pennellata lega la sua poetica ai grandi esponenti del Minimalismo americano, all’hard-edge painting di Hellsworth Kelly, ai fabric paintings di Frank “Blinky” Palermo e alle accese geometrie di Mary Heilmann, figura intellettuale di grande rilevanza per la poetica dell’artista. Nel 2017 la stessa Wilson realizza la mostra di fantasia Mary, Blinky, Jessica, Yay! presso la Gerald Moore Gallery, nella quale si serve del riferimento ai lavori di Mary Heilmann e Blinky Palermo per realizzare una serie di dipinti liberamente ispirati ai due artisti come audace commento a una storia dell’arte alla quale l’artista guarda con nostalgia.

Questi riferimenti estetici rappresentano solamente uno dei vari fili che l’artista britannica intreccia nel suo lavoro; accuratamente nascosti nell’impasto denso delle sue opere sopravvivono alcuni passaggi-chiave della storia dell’arte e della cultura: dai titoli che fanno riferimento alla musica Pop, al grande formato tipico dell’Espressionismo astratto, al rigore compositivo dell’astrazione geometrica, fino alla ricerca colorista del Cinquecento italiano; punto focale, quest’ultimo, dell’attuale ricerca dell’artista. A permetterle di annodare questi fili è il confronto con il Museo degli Uffizi di Firenze – i cui capolavori hanno già ispirato artisti contemporanei del calibro di Bill Viola – e in particolare la visione della tela La Visitazione dipinta dal Pontormo intorno al 1530, un’opera capace di contenere il tempo passato, quello presente e quello futuro. La posa tipica dei gruppi scultorei romani d’età imperiale, la delicata e accesa vaghezza del Manierismo, che sarà poi banco di prova per la pittura americana durante tutto il Primo Novecento, ci guidano, dulcis in fundo, al lavoro di Jessica Wilson, I knew you were trouble when you walked in.

Confrontandosi con l’opera di Pontormo, l’artista ricuce lo strappo con il maestro fiorentino negandone l’estetica affastellata per condensarla e scavarla fino alla radice compositiva del dipinto: l’apparente movimento delle quattro figure. Vero motore del grande dramma che si consuma in scena, questa sorta di danza che nasce dall’abbraccio fra la Beata Vergine e Sant’Elisabetta sembra creare un piccolo moto circolare nel gruppo – le altre due figure sono due astanti narrate nell’episodio del Vangelo di Luca –, capace di far perdere alla scena la proverbiale staticità che la contraddistingue. Di questo lieve moto, Jessica Wilson recupera la parte anatomica che gli dà origine, ovvero le gambe, utilizzando i quattro colori che compongono il primo piano della scena del Pontormo e che non sono altro che il ribaltamento cromatico dei vestiti delle due figure-chiave. Il cortocircuito innescato dall’artista si completa nella scelta del supporto: le tavole lignee utilizzate dal Pontormo, diventate poi tele nei lavori di confronto del Novecento, sono ora lamine in allumino nel lavoro di Jessica Wilson, segno tangibile della capacità di questo capolavoro cinquecentesco di attraversare illeso la prova del tempo.

[Massimo Belli]

Nata nella Contea di Bedfordshire nel 1986, Jessica Wilson studia prima presso l’University College Falmouth, sezione Fine Art, quindi alla scuola d’arte sperimentale nell’East London Turps Banana Painting Program. Co-fonda e dirige, nel 2013, The Juncture, iniziativa che incoraggia il dialogo artistico in uno spazio tra studio e galleria. Finalista nel 2015 della Discerning Eye Drawing Bursary, nello stesso anno partecipa alla mostra bipersonale Lonely Long Feett, Standpoint, Londra. Nel 2016 inizia a frequentare un master alla Glasgow School of Art, dove sviluppa pienamente il suo linguaggio segnico minimalista e colorista. Partecipa a numerose mostre fra Londra e Glasgow, curando nel 2017 Steal the Show a Bentinck Street, Glasgow.

Al 2017 risale la mostra personale Mary, Blinky, Jessica, Yay! alla Gerald Moore Gallery e il primo incontro con la Galleria d’Arte Niccoli: le immagini social dei lavori dell’artista scozzese compaiono spesso suggerite nel feed del profilo della galleria e così dove non arriva il fato arriva l’incrocio di dati di un algoritmo. Da questa reiterata proposta visiva nasce l’idea di un contatto, il primo viaggio a Glasgow, l’acquisizione di una mostra e successivamente di un corposo blocco di opere da parte della Galleria Niccoli, dando vita a un sodalizio che dura ormai da più di cinque anni.

Nel 2019 partecipa all’esposizione Surface Tension alla Galleria Steve Turner di Los Angeles, mentre nel 2021 ha ricevuto il premio Visual Arts & Crafts Maker Award di Glasgow. Nel 2022 ha ottenuto un finanziamento pubblico da Creative Scotland per produrre un nuovo corpo di opere, all’inizio dello stesso anno ha realizzato la mostra personale I wish people liked me more al Pavilion Pavilion di Glasgow e preso parte allo stand curatoriale quadripersonale realizzato dalla Galleria d’Arte Niccoli nel contesto di Arte Fiera Bologna.

Il lavoro qui esposto fa parte di un progetto espositivo di confronto fra l’artista britannica e il Rinascimento italiano già iniziato nel 2019 insieme alla Galleria d’Arte Niccoli e messo in stand by durante la fase pandemica.

Il mio obiettivo è quello di iscrivere i miei dipinti con un’anamnesi storico-artistica, con sottili associazioni alle opere di altri pittori del XX secolo, che inneschi anche i ricordi personali degli spettatori. I miei pensieri sulle opere di altri artisti si mescolano con motivi soggettivi della mia biografia. È, per così dire, una doppia memoria che non solo racconta la storia dell’astrazione, ma è anche mezzo autobiografico. 
 [Jessica Wilson]

Jacopo Carucci (Empoli 1494 – Firenze 1557), meglio noto come Pontormo, è stato un pittore italiano della scuola Fiorentina cresciuto sin dalla tenera età nell’alveo delle botteghe del primo Cinquecento fiorentino: da Piero di Cosimo ad Andrea del Sarto, fino – dice il Vasari – a sparuti contatti con Leonardo. Gli influssi di questi grandi maestri, trasmessi poi al suo allievo Agnolo Bronzino, verranno assimilati dal Pontormo per poi giungere a una ricerca stilistica personale libera dal giogo delle botteghe.

La rapida ascesa come pittore – favorita dalle grandi capacità espressive e dalla considerazione della corte medicea – e l’innovazione compositiva che riuscì a raggiungere confrontandosi costantemente con i capolavori di Michelangelo e Raffaello, ne faranno un banco di prova importate per artisti e critici del Novecento, fino a consacrarlo come uno dei maggiori esponenti e precursori del Manierismo.

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