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Gli allarmi ignorati. La Guardia costiera è rimasta a guardare
Abbiamo un Ministro degli Interni in balia di un improvviso potere quasi assoluto. Non è detto che un buon Prefetto sia anche un capace Ministro. Piantedosi un ex prefetto braccio destro di Salvini, suo uomo di fiducia, esperto in pratiche di respingimento, che ovviamente lo difende a spada tratta. Un Prefetto di cui per quel che ho conosciuto negli anni sono spesso dei boriosi di potere, massoni e gran burocrati con cui nascondono i loro misfatti (vediamo in questo periodo a Parma il disagio con i passaporti, occorrono mesi per il solo rinnovo); ecludendo il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, vittima e lasciato solo, ma era un carabiniere, prima di essere un prefetto. Mi ricordo a Parma di Annamaria Cancellieri (scandalo Ligresti), Sergio Pomponio, Mario Ciclosi (che voleva dare in affitto Palazzo del Governatore e i disastri insieme a Pomponio al teatro Regio nel periodo commissariale), Paolo Scarpis (disse nel 2009 che le infiltrazioni mafiose a Parma erano delle sparate di Saviano e non ci fossero indagini su possibili infiltrazioni [LINK] smentito poi clamorosamente da intercettazioni pubblicate sulla Gazzetta si Parma il 14/02/2015 e dal libro ‘ndrangheta all’Emiliana”; Giuseppe Mazzitelli (da Presidente della Fondazione Magnani-Rocca non denunciò gli ingenti danni economici prodotti da Galaverni); e ora Piantedosi (ex Prefetto, ora Ministro degli Interni, che si giustifica, insieme al Ministro delle infrastrutture e trasporti Salvini, nonché vicepremier, sulla tragedia di Cutro, per il mancato soccorso della Guardia Costiera; salvare i migranti in mare è sempre stato un vanto della Guardia Costiera, prima dell’arrivo del leghista; la mentalità del vertice di trasmette ai sottoposti, qualcosa non ha funzionato nella catena di comando). Vadano ora sul posto della tragedia a giustificarsi se ne hanno il coraggio. Non ne salvo nemmeno uno. LB
Alessia Candito, Dario del Porto, Alessandra Ziniti
La direttiva sulla difesa dei confini, in acque internazionali e in mancanza di una emergenza acclarata, prevale sul dovere di soccorso. Così pure la chiamata della Guardia di finanza è caduta nel vuoto. L’autorità marittima non ha avviato la procedura di ricerca del barcone, ma si difende: “Una tragedia imprevedibile”
Un tragico errore di valutazione, un intervento ipotizzato troppo tardi. Non è vero, come ha sostenuto ancora ieri Matteo Salvini, che la Guardia costiera è stata informata quando il barcone partito dalla Turchia era già naufragato sulla secca di Cutro. L’Imrcc di Roma, il centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo, informato prima da Frontex di quel barcone individuato a 40 miglia dalle coste calabresi e poi dalla Guardia di finanza dell’impossibilità di raggiungerlo per le cattive condizioni meteo, non ha ritenuto di aprire un evento Sar.
Non ha ritenuto, dunque, che quello che – come si evinceva dalla segnalazione di Frontex – era in tutta evidenza un barcone che trasportava migranti dalla rotta turca fosse di per sè, con un mare forza 4 e con la conclamata presenza di numerose persone, in condizioni di rischio. Era in acque internazionali e navigava senza problemi. È la direttiva della difesa dei confini che, in acque internazionali, in mancanza di un’emergenza dichiarata, prevale sul dovere di soccorso come da “regole di ingaggio” riviste dal governo Conte I. Ecco perchè le motovedette classe 300 della Guardia costiera che avrebbero potuto agevolmente raggiungere quel barcone sono rimaste in porto.
La difesa della Guardia costiera
Così ha ammesso ieri sera a Porta a Porta il portavoce della Guardia costiera Cosimo Nicastro mettendo fine all’imbarazzante rimpallo di responsabilità nel risalire alla catena di comando che la sera del 25 febbraio ha deciso che nel mare Ionio dovesse aver corso un’operazione di polizia (prerogativa della Guardia di finanza) e non di soccorso ( in capo alla Guardia costiera). «È stata una tragedia non prevedibile alla luce delle informazioni che pervenivano. Gli elementi di cui eravamo a conoscenza noi e la Guardia di Finanza non facevano presupporre che ci fosse una situazione di pericolo per gli occupanti. Non erano arrivate segnalazioni telefoniche né da bordo né dai familiari». Sottolinea Nicastro che la segnalazione di Frontex «è stata trasmessa all’International coordination center, che è il punto di contatto non per le operazioni di ricerca e soccorso ma per le operazioni di polizia in mare» e ammette che quando le motovedette della Finanza rientrano in porto avviene una «conversazione» tra i colleghi della Capitaneria di Porto di Reggio Calabria e quelli della Guardia di Finanza e «non vengono segnalate situazioni critiche che facciano pensare che l’operazione di polizia si stia trasformando in un’operazione di emergenza». Tuttavia, «la Guardia Costiera incomincia ad attivare tutta la sua catena affinché fosse predisposto il dispositivo Sar». Ma intanto il barcone naufraga.
La versione della Finanza
La ricostruzione degli eventi che filtra dalla Guardia di Finanza aggiunge ulteriori interrogativi sulla gestione dei soccorsi durante quella notte. Alle 2.30 del mattino di domenica 26 febbraio, dopo la segnalazione di Frontex, i finanzieri escono in mare con una motovedetta e un pattugliatore. Un’ora dopo, alle 3.30, sono costretti a rientrare al porto di Crotone a causa delle pessime condizioni meteo marine. Alle 3.40, dalla centrale operativa di Vibo Valentia della Finanza contattano la direzione marittima di Reggio Calabria, da cui dipende la capitaneria di Crotone. Si fa presente che gli equipaggi sono stati costretti a interrompere la navigazione e si chiede di far intervenire le imbarcazioni della Guardia Costiera, meglio attrezzate per affrontare le onde. Ma la sollecitazione cade nel vuoto. Venti minuti più tardi, il caicco con circa 180 persone a bordo si schianta sulla secca di Cutro facendo 67 vittime.
Le “regole di ingaggio”
Per giorni, la Guardia Costiera aveva mantenuto il silenzio limitandosi ad affermare che la presenza di un’imbarcazione in pericolo era arrivata solo alle 4.30 e da cittadini presenti sulla spiaggia. Ieri mattina, però, davanti al Palazzetto dello sport trasformato in camera ardente, il comandante della Capitaneria di porto di Crotone, Vittorio Aloi, allunga la catena dello scaribarile. «Per le regole di ingaggio – dice – le operazioni le conduce la Finanza fin quando non diventa un evento Sar» E poi, piccato, sottolinea: «Il mare era forza quattro, le motovedette possono uscire anche se è forza 8». Non ha intenzione di essere quello che resta con il cerino in mano il comandante Aloi e per spiegare perché i suoi uomini non siano stati chiamati in causa si trincera dietro regole e procedure. «Le regole d’ingaggio – sostiene – sono complesse non si può fare una sintesi e i piani operativi non dipendono solo dal nostro ministero di competenza, Infrastrutture e Trasporti, ma anche dal Viminale».
Bisogna provare a orientarsi in una selva di sigle e di centri di coordinamento nazionali ed europei per capire chi, quella notte del 25 febbraio, davanti alla segnalazione di Frontex, con tanto di foto e di coordinate, ha deciso che quell’imbarcazione proveniente dalla Turchia, ancora in acque internazionali, ma diretta verso l’Italia, non era a rischio. Funziona, o meglio dovrebbe funzionare, così: se un assetto impiegato nell’operazione europea Themis ( come è l’aereo Eagle 1) avvista un obiettivo lo segnala all’Icc, il Centro di coordinamento internazionale di stanza nella sede del Comando aeronavale della Guardia di finanza all’aeroporto di Pratica di Mare. L’Icc è però coordinato dal Centro di coordinamento nazionale (Ncc), una cabina di regia istituita al Viminale. Che entra in campo, come autorità di pubblica sicurezza, a soccorso effettuato.
Nessun evento Sar
Chi, dunque,dopo la segnalazione di Frontex, ha deciso che toccava alla Finanza scendere in mare? Semplicemente: all’autorità marittima spetta decretare “l’evento Sar”, l’operazione di salvataggio con i mezzi della guardia costiera. In caso contrario si attiva il dispositivo di polizia. E dunque, la notte del naufragio, l’”evento Sar” per il caicco non è mai stato dichiarato. Nonostante 23 ore prima del disastro, alle 4.57 di sabato, lo stesso centro di coordinamento e soccorso di Roma ne avesse aperto uno segnalando alle navi in transito una barca “in distress” nel mare Jonio. Quantomeno singolare che, 18 ore dopo, quando Frontex avvista la barca, presumibilmente piena di migranti ma in condizioni di “buona galleggiabilità”, l’informazione non venga collegata all’allarme precedente. La situazione non cambia neppure dopo la telefonata della Finanza all’autorità marittima di Reggio Calabria. Se non si fosse trattato della stessa barca bisognerebbe cercarne ancora un’altra. 2 MARZO 2023
Fonte Link: repubblica.it
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Il passare dei giorni rende sempre più nitido cosa è accaduto nella notte tra sabato e domenica scorsi nelle acque calabresi di Cutro. Fu la Guardia costiera, come titoliamo nella nostra apertura e come ci raccontano i nostri Dario Del Porto, Alessia Candito e Alessandra Ziniti, a decidere di non aprire “un evento Sar” di ricerca e soccorso della barca carica di migranti a 40 miglia dalle nostre coste. E questo in ragione delle direttive sulla “difesa dei confini” inaugurate dal governo giallo-verde Conte-Salvini che raccomandano alle motovedette delle nostre capitanerie di prendere il mare solo in presenza di una richiesta o segnalazione di aiuto. Una decisione quella presa dalla Guardia costiera che, per altro, si pone in aperta violazione delle norme volute nel 2021 dall’allora ministra De Micheli che – come scrive nel suo commento Gianluca Di Feo – avevano disciplinato in modo minuzioso le operazioni di salvataggio in mare anche al di fuori delle acque territoriali non necessariamente in presenza di una richiesta di aiuto. Una verità che inchioda politicamente le politiche migratorie del governo e due suoi ministri. Quello dell’Interno Piantedosi che, ieri alla Camera, è tornato a difendere in modo politicamente scomposto il suo operato (“Sono orgoglioso di essere un questurino”). E quello delle Infrastrutture, nonché vicepremier, Matteo Salvini, assediato dalle opposizioni ma anche da una parte della maggioranza (a cominciare da Fdi) che comincia a coltivare dubbi sulla linea dura imposta sin qui dalla Lega. Una linea che, oggi, conoscerà un’ulteriore umiliazione dal forte significato simbolico e politico. A sorpresa, ieri pomeriggio, il Capo dello Stato Mattarella ha infatti annunciato che sarà oggi a Crotone per rendere omaggio alle 67 vittime della strage. E lo stesso farà la segretaria del Pd Elly Schlein che, ieri alla Camera, ha chiesto le dimissioni del ministro Piantedosi. A chiudere la pagina sulla strage di Cutro, i servizi di Martinelli e Mastrolilli sulla Tunisia, il Paese al collasso da cui si prepara un nuovo esodo verso le nostre coste. 2 MARZO 2023
Maurizio Molinari