Home Dossier Cina Covid, test obbligatorio per chi arriva dalla Cina: la decisione del ministero

Covid, test obbligatorio per chi arriva dalla Cina: la decisione del ministero

147
0

Silvia Turin
Oggi quasi 1 cinese su 5 risulterebbe positivo e più il SARS-CoV-2 circola, più è probabile che nascano varianti significative, con caratteristiche di maggiore diffusività o patogenicità

Il ministero della salute ha disposto l’obbligo di sottoporsi a tampone anti Covid a tutti i passeggeri in arrivo dalla Cina. Ne ha dato notizia il ministro della salute Orazio Schillaci. La decisione è stata assunta in seguito ai preoccupanti dati epidemiologici cinesi. «Ho disposto, con ordinanza, tamponi antigenici Covid 19 obbligatori, e relativo sequenziamento del virus, per tutti i passeggeri provenienti dalla Cina e in transito in Italia. La misura si rende indispensabile per garantire la sorveglianza e l’individuazione di eventuali varianti del virus al fine di tutelare la popolazione italiana. Riferirò più dettagliatamente nel corso del Consiglio dei Ministri convocato oggi» è quanto dichiara Schillaci.

Poco prima che scattasse la decisione del ministero anche la Regione Lazio aveva disposto i test per chi sbarca a Fiumicino da Pechino o Shanghai. Stessa linea era stata adottata martedì dalle autorità sanitarie della Lombardia per l’aeroporto di Malpensa. «Su un volo proveniente da Pechino il 52% dei passeggeri è stato trovato positivo al Covid» ha detto l’assessore alla sanità della Lombardia Guido Bertolaso.

C’è preoccupazione da parte delle autorità sanitarie mondiali per la situazione dei contagi Covid in Cina: i numeri non sono forniti dal governo di Pechino, ma secondo quelli elaborati dagli istituti occidentali di analisi sanitaria, come la britannica Airfinity, quasi 1 cinese su 5 risulterebbe positivo, le terapie intensive sarebbero sature di pazienti e il numero dei morti avrebbe superato i 5.000 al giorno, come racconta (in questo articolo) Guido Santevecchi.

Stop alla politica «zero Covid»

In più, l’abbandono della politica «zero Covid» da parte della Cina, ormai definitivo, sta per segnare gli ulteriori, ultimi passi: dall’8 gennaio Pechino riprenderà l’emissione e il rinnovo dei passaporti per l’estero e, alla notizia, la ricerca di aerei e destinazioni all’estero si era moltiplicata per dieci rispetto all’anno scorso.
Oltre all’apprensione per i malati gravi in Cina, c’è allarme per le conseguenze epidemiologiche di una mole di contagi così vasta: si potrebbero generare nuove varianti anche più letali che dal Paese asiatico potrebbero diffondersi nel resto del mondo.

La pericolosità della situazione cinese

Ma perché proprio le infezioni in Cina sarebbero così preoccupanti riguardo allo sviluppo di nuove varianti? La probabilità di comparsa delle varianti cresce con l’aumentare della circolazione del virus e in Cina alcune previsioni tracciano due picchi di contagi con cifre abnormi: 3,7 milioni al giorno a metà gennaio e 4,2 milioni al giorno a marzo. «I virus a Rna come il coronavirus — spiega Paolo Bonanni, epidemiologo, professore ordinario di Igiene all’Università di Firenze — ogni volta che si riproducono fanno degli “errori” chiamati “mutazioni”. Nella maggior parte dei casi le mutazioni non determinano cambiamenti importanti nella struttura del virus. Tuttavia, in termini probabilistici, più un virus circola più è probabile che nascano varianti significative, con caratteristiche di maggiore diffusività o patogenicità. È come con una slot machine: più tentativi vengono fatti, più è elevata la probabilità che emerga una combinazione più diffusiva, o anche più aggressiva del virus».

 

Una popolazione poco immune

Ed è questo l’allarme lanciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) sulla situazione in Cina: a causa della politica «zero Covid» la popolazione locale è praticamente «naive», cioè non ha quasi avuto precedenti esposizioni al virus SARS-CoV-2 e ha poca immunità. Non solo, gli anziani sono stati poco vaccinati (solo il 48 per cento dei cinesi tra i 70 e i 79 anni e il 20 per cento degli over 80 hanno ricevuto tre dosi) e i vaccini offerti, Sinopharm e Coronavac, si sono dimostrati molto meno efficaci di quelli utilizzati in Europa e Usa. In base alle stime disponibili, quindi, solo il 25% della popolazione cinese avrebbe un qualche grado di immunità a Omicron (vaccino o infezione), in confronto, in Italia l’84,4% della popolazione è vaccinato, senza considerare i guariti.

Oltre Omicron

Il virus in Cina è quindi libero di contagiare milioni di persone e di replicarsi e mutare milioni di volte. Ma c’è da tener presente un altro aspetto: la variante che potrebbe diffondersi potrebbe non essere Omicron. E questa è un’altra grande fonte di preoccupazione: «Mentre nei primi due anni di pandemia si sono create nuove varianti con ceppi diversi tra loro (Alfa, Delta, Beta, Omicron), nell’ultimo anno si sono sviluppate solo sottovarianti di Omicron — spiega l’epidemiologo — che rappresentano un segnale di tendenza all’endemizzazione del virus grazie ai vaccini». Il problema oggi è che in Cina, con una circolazione del virus così elevata, potrebbe effettivamente nascere una variante completamente nuova e molto distante dal ceppo Omicron, magari capace di superare la protezione offerta finora dai vaccini in uso. «Ci troveremmo allora in una situazione più pericolosa, che ci potrebbe portare a livelli di malattia grave, ospedalizzazione e morte che non conoscevamo da tempo», sottolinea Paolo Bonanni.
La stessa Omicron, lo stanno dimostrando gli ospedali cinesi, non è così mite: «Omicron non è meno letale – conferma Bonanni —. Piuttosto la sua aggressività si è confrontata con un sistema immunitario allenato dalle vaccinazioni o dall’infezione e per questo la sua gravità risultava attenuata». Anche un recente studio conclude che, se Omicron non avesse incontrato una popolazione vaccinata come quella occidentale (o comunque immune alla malattia), sarebbe stata letale come il ceppo Wuhan (ma meno della variante Delta).

Monitoraggio e richiami vaccinali

«Quello che possiamo fare noi oggi sono i richiami vaccinali (soprattutto dei fragili) per prepararci ad un’eventuale nuova variante diffusiva che potrebbe più facilmente crearsi con i milioni di infezioni in Cina. Pare infatti molto improbabile che la protezione data dai vaccini si possa totalmente azzerare, mentre potrebbe abbassarsi proporzionalmente di più in chi non abbia fatto richiami recenti», conclude Bonanni. Importante è non farsi trovare impreparati, sia come singoli, sia come comunità: quel che sta succedendo in Cina è quel che sarebbe potuto avvenire da noi se non avessimo avuto vaccini efficaci. Dal punto di vista del tracciamento è fondamentale poi il sequenziamento dei positivi per intercettare in tempo l’ingresso di nuove varianti.

Fonte Link: corriere.it

Artist Management Company

Previous articleMoni Ovadia, la legge morale nel film “mi ricordo Anna Frank”
Next articleCosì il governo vuole aiutare Kyiv a fermare i missili di Putin