G7, la Casa Bianca spiega la svolta sugli F16: “Aiuteranno gli ucraini a prevenire aggressioni future. Un’escalation? Kiev ha dimostrato di saperla evitare”
Paolo Mastrolilli
Il consigliere per la sicurezza nazionale Sullivan spiega la decisione di Biden: “Nulla è cambiato, le forniture militari seguono sempre le esigenze strategiche sul terreno”. L’incognita dei tempi
HIROSHIMA – “Gli F-16 non servono alla prossima controffensiva ucraina, ma a mettere Kiev in condizione di difendersi e prevenire altre aggressioni in futuro”. Così il consigliere per la sicurezza nazionale americano Jake Sullivan ha spiegato la decisione del presidente Biden di dare via libera alla consegna dei caccia da parte degli alleati europei, aiutando l’addestramento dei piloti. Sullivan ha aggiunto che il tema di oggi al G7 di Hiroshima sarà la sicurezza economica, e quindi il rapporto con la Cina, che riporterà all’attenzione l’imminente decisione dell’Italia di confermare o cancellare la sua adesione alla Nuova Via della Seta.
L’Ucraina chiedeva da tempo di ricevere gli aerei da guerra, ma finora gli Usa avevano frenato per due motivi: primo, il timore che vengano usati per colpire il territorio russo, creando così le condizioni per un’escalation che in base alle minacce fatte in passato dal Cremlino potrebbe includere anche le armi nucleari tattiche; secondo, il fatto che i caccia non erano in cima alla lista dei sistemi d’arma necessari a soddisfare le esigenze militari del presidente Zelensky in questa fase del conflitto.
Gli alleati europei però hanno fatto pressione, dicendosi pronti a consegnare i propri F-16, che stanno sostituendo con gli F-35. In particolare Olanda, Belgio, Danimarca e Norvegia ne hanno oltre 125 che potrebbero dare subito, mentre la Gran Bretagna ha già deciso di addestrare i piloti ucraini. Ieri sera Biden ha fatto sapere agli alleati che non si opporrà alla consegna di caccia da parte degli europei, aggiungendo che anche gli Usa assisteranno la formazione dei militari di Kiev incaricati di impiegarli.
Stamattina, incontrando i giornalisti al seguito della Casa Bianca, Sullivan ha spiegato così la logica della decisione: “Nulla è cambiato nella posizione del presidente, perché le forniture di armi hanno sempre seguito le esigenze strategiche sul terreno. Nella prima fase del conflitto, quando la Russia aveva lanciato la sua invasione per conquistare Kiev, la capacità militare essenziale erano i missili Javelin, per fermare l’avanzata dei carri armati. E li abbiamo forniti. Nella seconda fase, quando l’attacco sulla capitale è fallito e la guerra si è concentrata sullo scontro di terra nella regione del Donbass, l’artiglieria è diventata l’elemento fondamentale, e quindi abbiamo inviato munizioni e sistemi come gli Himars. Nella fase attuale si prepara la controffensiva ucraina, e per cui sono diventati indispensabili i carri armati, che abbiamo consegnato. Gli F-16 non hanno mai fatto parte di questo mix di armi necessarie alle esigenze strategiche del momento, e di sicuro non erano in cima alla lista delle richieste avanzate da Zelensky. Ora però, dati tutti i progressi che abbiamo visto finora sul terreno, è arrivato il momento di guardare al futuro, e quindi a cosa servirà all’Ucraina per difendersi e prevenire eventuali nuove aggressioni. Gli F-16 non fanno parte dell’insieme delle armi necessarie in questo momento sul campo di battaglia, ma saranno utili per la protezione del paese quando questa fase del conflitto sarà superata”.
Quanto al rischio che la decisione di Biden apra la porta da un’escalation, incluso l’impiego delle atomiche da parte di Putin, Sullivan ha spiegato che “la nostra visione è sempre stata quella di fornire a Kiev tutto quanto le serviva per difendersi, senza però provocare la Terza guerra mondiale. Questa era e resta la nostra posizione. Gli ucraini hanno già dimostrato di rispettarla, e hanno dato garanzie di farlo anche con la fornitura degli F-16”. La questione dei tempi è invece più incerta.
In passato le stime dei militari sulle necessità per completare l’addestramento variavano da 18 a 6 mesi. Poi però sono stati effettuati dei corsi di prova con i piloti ucraini che si sono dimostrati molto più abili del previsto, e quindi ora la previsione è che nel giro di quattro mesi sarebbero pronti ad usare i caccia occidentali. Se così fosse, potrebbero comparire sul campo di battaglia anche per la fine dell’estate.
Finora i russi non sono riusciti a stabilire il loro dominio dei cieli, limitandosi in genere a condurre poche sortite al confine. I motivi, secondo gli analisti militari, sono due: primo, l’efficacia delle difese antiaree ucraine, che mettono a rischio la sicurezza dei caccia russi; secondo, la sopravvivenza di una discreta aeronautica militare di Kiev, che è riuscita a spostare costantemente i suoi aerei tra le varie basi, evitando che fossero distrutti a terra. Questa aviazione però si basa sui vecchi Mig sovietici, e quindi guardando al futuro è necessario avviare la transizione verso sistemi d’arma occidentali, più efficaci e più facile da fornire.
Questa logica spiegata da Sullivan conferma due cose. La prima è che l’alleanza occidentale ritiene arrivato il momento di lanciare un’accelerazione, tanto sul piano militare quanto su quello delle sanzioni, per approfittare delle difficoltà di Putin, che potrebbero spingerlo ad accettare finalmente l’apertura di una dialogo serio sulla fine del conflitto. La seconda è che Washington e i suoi partner guardano anche al futuro. Dando per scontato che il tentativo del Cremlino di cancellare l’Ucraina dalla carta geografica fallirà, si preparano a garantire e rafforzare le difese del paese, in modo da scoraggiare altre avventure del Cremlino, chiunque finirà per occuparlo in futuro. 20 MAGGIO 2023
Fonte Link: repubblica.it