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Intervista a Elvio Ubaldi. Era il 1998…

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Investire in innovazione rimane sempre una pratica incompresa, ostacolata, non sostenuta…Basta vedere il rapporto investimenti in ricerca e Pil di questo Paese nell’ultimo ventennio …e sai con chi avrai a che fare…senza illusioni. Non c’è peggior cosa delle false speranze!

Era l’aprile ’98, dopo questa intervista, pubblicata anche sul sito di Civiltà Parmigiana durante la campagna elettorale, si penserebbe che, se fosse divenuto sindaco, Elvio Ubaldi avrebbe aperto un nuovo dialogo politico con la città; avrebbe favorito e appoggiato il potenziale innovativo latente sul territorio, mai sufficientemente considerato; avrebbe dato impulso all’impresa culturale, chi si sarebbe mosso in tale direzione, il digitale; e invece…all’apertura di cantieri, nel primo mandato, non si può contrapporre un’apertura all’innovazione, al dialogo col territorio. Poi, però, il Sindaco, si lamenta della classe dirigente locale, di cui è parte, del mancato rinnovo. Eppure, non sostenne Digitalcity, non condivise il progetto di città digitale (l’attuale sito del Comune è emblematico del decorativismo digitale), non sostenne le iniziative estive del 2001 nell’Oltretorrente, atte a rivitalizzarne i luoghi, proponendole poi lui l’anno successivo, anche in altri quartieri della città, non condivise la necessità di una politica sulla prima casa, non fu disponibile allo sviluppo di una politica estera della città, è rimasto distaccato dai problemi dell’Ospedale, della sanità, e si ostenta la non responsabilità. Ora seguitemi in questa intervista che gli feci. 

B)Sembra che la macchina non risponda più ai comandi: cosa ne pensa?

U)La macchina elettorale dei partiti? Beh…è inevitabile, mi sarei stupito del contrario. Cioè io ritengo che i partiti siano organismi essenziali per la democrazia, ma quando sono gestiti come quelli di oggi da ristrette oligarchie chiuse nelle loro stanze per i soli loro interessi, come se giocassero a scacchi o a domino, è evidente che poi la reazione della gente sia questa. In una città, in un paese oramai in cui la gente non conta più niente… in cui viene chiamata solo per dei plebisciti a favore dell’uno o dell’altro, ma che in realtà, non ha potere di incidere sulle scelte, nemmeno di eleggere i propri rappresentanti… Pensi cosa è successo a Parma nelle ultime politiche in cui da Roma, con il massimo disprezzo per la gente, sono stati imposti addirittura 5 candidati su 5, di cui tre fuori Parma e di cui, la gente, non sapeva nemmeno chi fossero; non li aveva mai visti nessuno. Io mi sarei stupito del contrario e penso che andrà fortunatamente sempre peggio, da questo punto di vista, per loro. 

B)Le forme di partito sembrano soffrire la concorrenza con le liste civiche, come vede Lei da antesignano di questa formula a Parma questa nuova dimensione del dialogo politico nella città?

U)Si, io ritengo le liste civiche un fenomeno che appartiene a questa transizione politica ormai lunga. I segnali ci sono da molto tempo, tant’è che noi abbiamo fatto una lista civica quattro anni fa, ma dopo diverso tempo che insistevamo sulla necessità di innovazione dei modi di fare politica. Mentre invece in questi anni si è fatto finta di innovare i meccanismi istituzionali. Si è arrivati a una democrazia sempre più concentrata che anziché  garantire una maggiore partecipazione, ha garantito un controllo oligarchico appunto persino del consenso della gente e quindi anziché capire i segnali di questo cambiamento, questi mandarini, perché oramai non si può che chiamarli così, della politica, si sono chiusi sempre più in se stessi e alla fine le liste civiche proliferano. Io non credo che le liste civiche siano il futuro della politica, anzi spero di no. Certo che fin che restano questi partiti ce ne saranno sempre di più. Credo che la prima operazione di risanamento della politica e del rapporto tra cittadini e istituzioni del nostro paese debba passare dalla liquidazione di questi partiti. Non dalla liquidazioni dei partiti, ma di questi partiti, di come sono gestiti da questi gruppi dirigenti, dopodiché credo si aprirà una fase più naturale, me lo auguro, in cui la gente possa davvero riconoscersi di più nei meccanismi della politica. 

B)Quali sono i rischi delle liste civiche, non potrebbero divenire i rappresentanti di privilegi di quartiere?

U)No; credo che i rischi delle liste civiche possano essere quelli della frammentazione, della frantumazione e eventualmente un eccesso di particolarismo, tant’è che noi abbiamo sempre tenuto molto a specificare che la nostra è una lista civica concentrata sui problemi della città, ma non una lista anti politica in senso lato e nemmeno una lista che si basasse su un campanilismo chiuso, esasperato, perché questo sarebbe un grande errore; ma cercare di riportare la politica alla dimensione dei problemi della gente. Se è vero che deve essere superata la politica ideologica è altrettanto vero che è necessario tirarne le conseguenze e spostare il confronto sui problemi reali della gente, mentre qui si è passati da una finta chiusura, da un finto superamento della politica ideologica per andare invece alla politica cinica che non ha nemmeno più principi. Cioè si è inteso il superamento della ideologia semplicemente con la sua sostituzione e con il cinismo, con il pragmatismo più cinico. E invece io credo che la politica abbia bisogno di principi non di ideologie, cioè non di precostituzioni rigide del modo di vedere la società, ma abbia bisogno invece di principi, di valori e poi di grande realismo e di grande coerenza ai problemi della gente. 

B)Non le sembra che in questa città si siano affidati sempre incarichi lottizzati e soprattutto non vi è stato un ricambio generazionale? E se vi è stato, è stato di facciata con adepti o discendenti?

U)Si è vero. Questa è una città che si è chiusa troppo spesso in ristrette oligarchie è diventata una città autoreferenziale si è illusa di essere al centro del mondo, si è illusa che i conflitti dovessero essere sopiti attraverso la riduzione ai minimi termini delle cause di conflitto, anziché attraverso una loro elaborazione un loro superamento. Cioè cosa è avvenuto in questa città: si è cercato continuamente di trovare non delle sinergie creative tra le varie forze, istituzioni, gruppi e altro ma si è cercato di trovare un equilibrio che stava in piedi eliminando tutte le parti di dissenso o di interferenza. Morale: l’accordo era un accordo ai minimi termini. Un accordo al mino comun denominatore e quindi questo ha portato a quella depressione che è depressione di peso politico -questa è l’unica città che da anni non ha nemmeno un assessore regionale- perché io dico o ha elaborato un gruppo dirigente di imbecilli, di incapaci, o ha elaborato un gruppo dirigente inetto o comunque senza colonna vertebrale. Dicevo prima che non le è stato nemmeno reso il diritto di esprimere i propri rappresentanti politici, una città che si è fatta soffiare le principali occasioni di sviluppo, anche da città vicine, proprio perché non ha un gruppo dirigente all’altezza della situazione. 

B)E’ sintomatico che nei convegni nazionali o internazionale non vi sia una presenza dei saperi di Parma. Noi siamo una città che ospita ma non siamo una città che produce menti per gli altri, in grado di reggere un dialogo internazionale o nazionale…

U)Esatto ma lei è un ottimista, ormai non veniamo nemmeno più ascoltati nell’ambito interprovinciale! 

B)Questo potrebbe esser anche un difetto del nostro provincialismo, ma non essere invitati in ambiti nazionali…sta a indicare una mancanza di stima nei saperi locali.

U)E’ verissimo; è una mancanza di stima, non in senso relazionale, è l’attestazione che qui non si produce nulla che valga la pena di sentire. 

B)La mediocrità..

U)Sì certo la mediocrità; come in tutte le cose esistono le eccezioni. Sicuramente le eccezioni non appartengono al campo politico. 

B)Parma, una città che promuove dopo morti. Senza entrare nella tragedia umana e familiare, non pensa che questa tragedia esprima  un comportamento delinquenziale del luogo?
L’isolamento delle menti, la privazione del dialogo sono atti criminali in una società orientata nel futuro non al consumo di massa ma alla comunicazione, all’informazione, ai saperi.
In questa tragedia c’è tutta la verità di una città malata in cui prevale la logica “amico-nemico”, in cui il dialogo è stroncato, in cui vige la pratica dell’isolamento, in cui la denuncia è il mezzo di sopraffazione. Una città dove i poteri occulti che governano vogliono soccombenti e non menti creative.

U)Lei ha toccato due temi, quest’ultimo su cui io posso dire che obiettivamente non è che Parma sia una città priva di cervelli e di intelligenze, dico che si è creato un sistema che tende a soffocare largamente le intelligenze vivaci o creative che possono esserci e che tende quindi a omogeneizzare il tutto in quella logica da minimo comun denominatore per cui ogni cosa che eccella o emerga e possa fare ombra viene in qualche modo compressa.
Questa è una città molto salottiera che ama molto adularsi, guardarsi allo specchio più che a lavorare. Ora prendiamo il problema del disagio giovanile che c’è. Ora più di un terzo dei ragazzi che frequentano la scuola media superiore non la portano a termine. E’ il segno di un disagio, di una dispersione di risorse umane e professionali notevoli, in una città tra l’altro che incomincia ad avere penuria di risorse umane, professionali, giovani, e rispetto alla quale la città si diverte a fare convegni, ricevimenti, salotti ma che non produce nulla di operativo, ma nulla. 

B)Non pensa che una città che si attesta da 20 anni a 170.000 abitanti presenti una carenza di attrazione? I comuni presto saranno in competizione per le residenze.
I territori dovranno essere capaci di creare un contesto che sia in grado di attrarre menti, professionalità, così come fecero per i capitali favorendo investimenti di processo.

U)Vede io vado dicendo da diversi anni nella incomprensione totale eh.., almeno dei gruppi politici di questa città che rivelano una rozzezza di pensiero difficilmente ritrovabile da altre parti, vado dicendo, da molti anni, che la crisi maggiore e più preoccupante di questa città è quella che ancora non si vede ossia la mancanza di prospettive. Noi non sappiamo dove andare, viviamo come quelle ricche e nobili famiglie che nel tempo e nelle generazioni hanno accumulato prestigio e denaro e che poi, le ultime generazioni, si limitano a mangiare il prestigio e il denaro senza riprodurne di nuovo. Allora quelle generazioni ultime che mangiano senza produrre, stanno bene e se uno guarda le statistiche, apparentemente stanno bene, ma tutti i segnali del declino ci sono. Lo stesso rischia di essere questa città, non ha posato alcuna premessa per il futuro. Il futuro come viene definito nell’era della globalizzazione sarà caratterizzato dalla concorrenza dei sistemi territoriali e quando parlo dei sistemi territoriali, parlo proprio della sinergia, dell’interazione tra i vari fattori di un territorio, che sono quello economico, quello culturale, quello sociale, quello sanitario ecc, ora è ipotizzabile che, nel futuro, le risorse più innovative a maggior valore aggiunto, le iniziative di maggior qualità verranno collocate in quelle aree territoriali dove esistono le migliori condizioni possibili di accesso di servizi, di rapporti, di controllo sociale, d’accordo?… Benissimo, allora quando noi lanciamo l’allarme perché questa città rischia il proprio futuro è proprio perché in questi anni si è fatta sottrarre e si sta facendo sottrarre insediamenti, iniziative e servizi che saranno strategici, decisivi rispetto a questa concorrenza di aree territoriali e quindi alla dislocazione di nuove risorse e quindi di nuova ricchezza. Cioè un cervello viene a Parma se trova quelle condizioni ottimali, quanto meno migliori che da altre parti, in cui possa svolgere la propria attività.

L’incredibile è che questa città, di base ha quasi tutte queste condizioni, ma è quasi come se stesse ingrigendo, è come se non utilizzasse queste risorse per pretendere quel di più che può avere e che è quel di più che fa la differenza. 

B)Non le sembra che in questa logica di sviluppo territoriale un ruolo primario dovrà essere svolto sempre di più dalle banche e dalle fondazioni? Istituti che hanno gli strumenti finanziari per creare sistemi di sviluppo territoriale.

U)Sì le istituzioni bancarie sono sicuramente un elemento decisivo.

Però io faccio questo discorso. Un po’ tutte le componenti se ragioniamo in termini di sistema hanno un ruolo decisivo. Perché vede sono importantissime le risorse, ovviamente, e allora le istituzioni bancarie sono chiamate più direttamente di altre, ma è importantissima la cultura, la capacità e lo spirito imprenditoriale che anima un ambiente; è importantissima la sicurezza, la salute, l’equilibrio sociale, cioè una cultura complessivamente volta al miglioramento e allo sviluppo. In questo il ruolo fondamentale, vedo proprio l’intervento delle istituzioni pubbliche ad esempio del Comune: non che il Comune debba mettere il cappello su tutto e debba controllare tutto, come si sta facendo adesso, ma nel senso che il Comune dovrebbe diventare l’elemento propulsivo di raccordo, cioè l’elemento di stimolo, di organizzazione dello sviluppo dei vari fattori. Mentre oggi si limita ad essere il controllore, l’inquisitore di ciò che c’è anziché il regolatore di uno sviluppo nuovo. 

B)I contesti sono determinanti per coltivare le menti, quali sono le aree di eccellenza su cui dovrebbe svilupparsi la città. Qual è il suo progetto?

U)Guardi, io in testa a tutto metterei il fattore demografico. Una città che non ha giovani, una città nella quale…e il dire giovani voglio dire spirito di innovazione, di ricerca, di curiosità,… è una città poco adatta per insediare nuove attività…Allora c’è un problema demografico locale, ma questo apre anche la necessità di attrarre qui giovani nuovi, cioè far si che la nostra città, il nostro territorio, diventino un’area ambita per l’insediamento e per la permanenza di giovani. E questo sicuramente oggi non ce l’abbiamo. L’altro fattore determinante è la cultura, anche la cultura tecnico-professionale; non parlo solo… Certo anche la cultura di rappresentazione, la musica, le arti figurative, ma in particolare la cultura di ricerca, la cultura avanzata della ricerca tecnologica, scientifica, anche letteraria, questi fattori interagiscono sempre tra di loro. Soprattutto con le nuove tecnologie informatiche e multimediali.

Il fattore demografico, il fattore culturale, il fattore dell’accessibilità dei trasporti, della possibilità di movimento e di collegamento. Sia di collegamento fisico sia di collegamento telematico. Se lei pensa che in questa città abbiamo appena chiuso una bozza sgangherata di piano regolatore per il quale la città cablata o la città telematica non esiste! 

B)La città digitale non esiste nemmeno nei programmi elettorali dei vari candidati! Una città con tangenziali, sovrappassi, strutture, senza il pensiero digitale è come un corpo senza testa.

U)Questo è vero. Esatto. Nei programmi elettorali non si riesce a metter molte cose; primo perché vengono fatti in fretta… 

B)Ma il Suo è molto ampio…

U)Quello nelle sue mani è un sunto; non la versione integrale.

Ciò non toglie che quando faccio un programma elettorale questi progetti, seppur importanti, possano anche non esserci, ma quando faccio un piano regolatore non può non esserci. Anche perché ci abbiamo messo 8 anni per farlo. 

B)(E miliardi dei cittadini penso?)

U)Ecco voglio dire ..L’accessibilità, la vivibilità intesa come sicurezza della persona, sicurezza sanitaria, sicurezza assistenziale; poi l’ambiente.

Un grande tema, vede una città con palazzi scrostati…Non abbiamo neanche saputo lanciare un piano di abbellimento e risanamento della città. Parlo di strade, di inquinamento, del traffico. Anche dell’ambiente in senso tradizionale… il verde, l’ambiente non inquinato. L’ambiente è un altro fattore decisivo. La vivibilità è decisiva. 

B)(Se non lo è per una città che vuole essere considerata la food valley italiana?)

U)Uno che da via dice: dove vado a stare? dove mi colloco a lavorare visto che voglio cambiare. Beh guarda tutti questi fattori.
E qui in questa direzione noi non abbiamo assolutamente lavorato. Ci accontentiamo delle statistiche del “Sole 24 ore” che ci mette in testa alle classifiche perché compriamo molti biglietti per lo stadio. 

B)A proposito di stadio, se si dovesse dare attuazione alla sentenza…potrebbero esserci dei problemi, di fatto oggi si vendono biglietti di posti che non esistono; un bel problema estivo per il prossimo sindaco?

U)Può darsi che anche questo sia un problema. Vede anche qui abbiamo appena finito un piano regolatore che non ha previsto nemmeno un’area per un eventuale, dico un eventuale nuovo stadio.. sa se non è adesso… dato che per fare il piano regolatore ci si mette 10 anni, e prima che questo abbia concluso l’iter ne saranno passati almeno 10, dato che se ne fa uno ogni 30 anni anche se ogni volta si dice che bisognerebbe farlo più spesso… allora voglio dire… io posso pensare che forse ancora per 5/6 anni lo stadio resti dov’è ma almeno un’area in cui eventualmente, se un domani qualcuno a sue spese volesse costruire, come viene avanti ormai nel mondo del calcio, la dovrò indicare un’area no?… non c’è nemmeno quella. 

B)Il comune del 2000 potrà fare a meno di un proprio organo di informazione pubblica?

U)No. Diciamo che non può vivere senza un collegamento continuo con la città. Cioè una spiegazione continua, un dialogo, un interscambio continuo di comunicazione, di scelte, di metodologie di scelte, spiegazione delle scelte, ma anche in senso inverso di ricezione delle attese..no..delle idee della città. Qui si tratta di trovare lo strumento più adatto. Sicuramente lo strumento che stiamo usando adesso è uno strumento assolutamente inadeguato. 

B)Lei ha visto che per dare i risultati elettorali è stato improntato un sistema di rilevamento e informazione molto rapido e efficiente, nello stesso tempo adeguato per collegare 275 circoscrizioni in tempo reale. Questa macchina burocratica che sembra ignorare la comunicazione digitale, sembra improvvisamente conoscerla e saper dare una risposta …perché invece la risposta viene disattesa nelle consuetudini, nella quotidianità del cittadino che invece avrebbe bisogno di queste informazioni immediate che come vediamo potrebbero essere date, non solo quindi per occasionalità.

U)Certo vengono ignorate a mio avviso per due ragioni: una per ignoranza, una per interesse. La ragione di ignoranza è che spesso abbiamo le classi dirigenti e gruppi dirigenti, io stesso non mi ritengo un esperto in questo settore… 

BMa si può viaggiare anche con gli autisti visto che lo si fa già con le auto?

U)Appunto. Dico che esiste un gruppo dirigente che per loro questo problema non esiste; vivono ancora in una realtà ottocentesca da penna d’oca e carta pergamena o quasi e quindi 

B)(potrebbe essere interessante!)

U)e quindi non si pongono ancora questo problema.

Seconda ragione di interesse. Vede organizzare…dotare il Comune di una struttura veramente informatizzata, capace di comunicare con la gente di dare servizi avanzati vuol dire riorganizzare l’apparato burocratico. Lei mi insegna che in qualsiasi ambiente in cui si introduca l’informatica non basta montare dei computer si deve riorganizzare il modo di lavorare. Riorganizzare il modo di lavorare vuol dire andare a toccare degli interessi consolidati che fanno capo a gruppi, piccoli gruppi di pressione e di clientela dell’interno..no? che fanno capo a privilegi che non vogliono spostare che fanno capo a dirigenti che spesso non sono stati preparati per fare questo…E allora si ignorano le cose anche per quello. 

B)Chi ne fa le spese sono i giovani e i cittadini che pagano per un disservizio e.. stipendi sociali a pioggia…(per lavori non socialmente utili)

U)Noi abbiamo ancora un apparato che sballotta il cittadino qua e la perché non sa nemmeno far circolare le notizie all’interno. 

B)Governare una città: il suo progetto organizzativo per avere capacità di governanza locale e relazioni internazionali?

U)Certo… Vede.. Parto da una affermazione banale ma che spesso non viene seguita. Il meglio non c’è qui a Parma. Basta andare in giro vedere cosa c’è nel mondo, prenderlo e adattarlo ragionevolmente alle nostre condizioni. Molti dei problemi nostri li potremmo risolvere o trovare -suggerimenti o spunti importantissimi di soluzione- solo se uscissimo appena dai nostri confini e vedessimo quello che c’è. Certo ogni cosa va adattata al contesto ma questo è uno sforzo minore e qui invece c’è un provincialismo asfissiante. Pensi mi sono trovato a ragionare con assessori che si vantavano di aver risparmiato 500.000 lire perché loro non vanno spesso a Roma o non sono mai andati a Bruxelles. Quando ormai il problema dell’innovazione del reperimento delle risorse è fondamentale e oggi tutto questo si reperisce sul mercato internazionale. Anche con partecipazioni di privati, join veture, sono tutte iniziative che si riescono a recuperare solo se si ha la capacità di guardarsi intorno.

Io avevo fatto una volta una proposta, questo solo sul piano della cultura politica amministrativa, dicevo una volta..poi, non molto tempo fa… un paio di mesi fa. La volevo attuare ma mi sono trovato in mezzo a questa avventura ohimè…era questa. Facciamo un centro culturale che anziché girare tra un pasticcino, un ricevimento e l’altro, che sono cose oramai deprimenti avesse il compito per ogni tema, per ogni questione, di chiamare qui da ogni parte del mondo le eccellenze. Illustrare, ragionare con loro sui nostri problemi e incominciare ad ampliare la visuale e vedere quali suggerimenti possono venirci.

Sul piano delle strutture, delle costruzioni, ma spesso anche sul piano del metodo di come affrontarle. Anche il problema del metodo è un problema fondamentale.

Esistono in Francia, negli Stati Uniti, ma persino nell’Estremo Oriente oramai degli esempi di aree territoriali che si stanno organizzando per essere concorrenziali, con incentivi, iniziative ecc. che sono formidabili, vanno studiate. Ad esempio in estremo Oriente, nei Paesi di nuova industrializzazione, esistono le cosiddette aree aperte dove le municipalità si sono organizzate per attrarre e potenziare iniziative nuove, che vanno davvero studiate… non perché possiamo specularmente ripeterle, ma perché possono venire quelle idee, quei suggerimenti che per noi sarebbero decisivi. 

B)Perché non propone il progetto della città digitale di Parma a Negroponte? Se vogliamo le eccellenze…

U)La prima operazione da fare è quella della apertura, il salto di qualità mentale. Quando noi diciamo chiamiamo qui un premio Nobel all’anno, lo ospitiamo noi insieme alle fondazioni bancarie, assieme… i mezzi ci sono. Lei sa che all’estero i grandi studiosi prendono dei periodi sabbatici; l’Università all’estero funziona in modo diverso..lei recluta per un corso un grande esperto che fa un ciclo di lezioni e di conferenze in una Università ..allora perché a Parma non facciamo questo in accordo con l’Università, con le Fondazioni bancarie, l’industria…cioè ogni anno si chiama una persona, viene ospitata, fa cicli di conferenze… 

B)Ma deve essergli dato un incarico progettuale..

U)Certo, studia la città e suggerisce proposte e innovazioni. E’ un modo, non certo decisivo, ma è il segno della volontà di apertura verso l’esterno. 

B)Non ha pensato alla necessità di istituire con le banche, le fondazioni, le imprese presenti sul territorio: La Banca del sapere, un istituto delle invenzioni in cui i progetti di valore possano essere finanziati, aiutati nello start up; un gruppo di esperti che sappia capire e valutare i progetti a medio lungo termine; un luogo in cui la creatività di pensiero possa trovare possibilità di ascolto e di sviluppo?

U)Questo è interessantissimo. Prima però ci vuole chi produca questo. Noi attiviamo, diamo spazio, diamo cittadinanza a coloro che vogliano ricercare sul luogo e quindi parallelamente immagazziniamo conoscenze.. Se oggi dovessimo fare una banca del sapere così che cosa immagazziniamo?

Certo noi dobbiamo imparare anche a codificare, consolidare quello che si produce, ma prima bisogna produrre. 

B)Bisogna vedere se all’interno delle istituzioni bancarie c’è la volontà e soprattutto vi sono le menti capaci di capire e valutare progetti di sviluppo territoriale; sarebbe interessante un convegno con i responsabili di fondazioni straniere, e comparare le loro strategie, iniziative, attività, con quelle degli istituti locali.

U)Questo è un giusto quesito…Eh…che però noi potremmo mettere definitivamente alla prova nel momento in cui avremo creato le condizioni per dire adesso c’è.. e allora deve essere possibile…

Certo le Fondazioni operano nell’ottica tradizionale, anche qui vecchia di qualche secolo: della beneficenza e della cultura intesa in modo un po’ aulico… 

B)Un po’ di rappresentanza…e celebrazione…

U)Un po’ di rappresentanza, mentre invece bisognerebbe incominciare a investire nella cultura come ricerca, come innovazione. 

B)La vivibilità del centro, la sua viabilità divenuta quasi insopportabile e insostenibile, probabilmente un aborto di city che non può trovare possibilità di sviluppo per la struttura urbanistica della città; abbiamo un centro ormai abitato da banche, burocrazie, luoghi che possiamo considerare le attuali industrie della città e che hanno sostituito quelle degli anni 40/50. Ridistribuire in periferia queste industrie della pratica e riconvertire l’uso di questi luoghi per l’abitare, l’incontro, la cultura, la cura del sé?

U)Vede il nostro centro adesso è sicuramente caotico, nato quasi casualmente con un sovrapporsi quasi casuale, però è anche un organismo molto delicato che va affrontato quindi con grande equilibrio. Il centro della città di Parma è al tempo stesso il maggior centro commerciale della provincia, il maggior centro di terziario, il maggior centro direzionale, è anche l’area di maggior intensità abitativa di tutta la provincia. Allora noi dobbiamo stare attenti a fare interventi che d’altra parte sono urgenti, ma che non vadano a squilibrare eccessivamente nessuno di questi fattori, perché altrimenti rischiamo il collasso. Cosa significa questo, cosa voglio dire…Se il centro diventasse solo zona residenziale rischierebbe di morire. Se noi mettessimo in crisi il commercio, il centro muore e muoiono le attività terziarie. Se mettiamo in crisi le attività terziario direzionali muore il commercio, quindi muore anche la residenza…allora che serva una regolamentazione dell’accesso al centro, che serva un decongestionamento di alcune funzioni, che serva una nuova vivibilità anche residenziale, questo è verissimo…Abbiamo delle zone del nostro centro che oggi vivono una crisi forte, alcune zone dell’oltretorrente, ma anche nel cuore dell’oltretorrente, all’inizio di via Bixio ci sono dei negozi che hanno chiuso da mesi e nessuno li va più ad occupare.. Allora… 

B)Anche nel centro della città…

U)Sì, sta già accadendo nelle strade appena collaterali a quelle principali,…Allora 

B)Galleria Magnani ne è un esempio

U)Appunto, bravissimo. Allora noi dobbiamo stare attenti e dobbiamo avere una politica di grande rivitalizzazione del centro senza congestionare…e anche qui all’estero esistono grandi esempi. Io porto sempre in via esemplificativa, l’esempio di Harlem. Se lei è stato ad Harlem che è ancora, ma soprattutto negli anni passati era uno dei ghetti più fetidi del mondo, lei vede dei palazzi bellissimi, di architettura molto bella, molto importante, bene questi palazzi hanno tutte le finestre sfondate, bruciacchiate…perché?  Perché Harlem all’inizio del secolo era una delle zone  più in di New York, una delle zone più nobili, più qualificate. Poi una serie di interventi urbanistici e sociali sbagliati l’ha trasformata in un ghetto. Adesso la stanno gradatamente recuperando e valorizzando. Questo che cosa dimostra? Che le città i centri delle città sono come degli organismi delicati. E i problemi non possono essere lasciati a se stessi altrimenti si apre la crisi o il caos come spesso abbiamo noi, non possono nemmeno essere affrontati superficialmente perché si rischia lo stesso fenomeno. Allora anche qui lo studiare ciò che avviene, ciò che è avvenuto nel resto del mondo è decisivo. Tra l’altro i centri delle città italiane hanno un loro equilibrio una loro cultura.. è la copresenza di artigianato, di commercio, spesso di artigianato artistico, di funzioni direzionali e terziarie, di solito la city intesa come centro direzionale terziario è una concezione più anglosassone che europea centrale.. no? Ecco noi apparteniamo a questa scuola. Il nostro centro vive in questa storia e noi dobbiamo preservare quella.. Certo la storia in cui è nata in cui vive non prevedeva 3000 automobili al kmq… 

B)E neanche tutte le banche in pochi kmq

U)Esatto e allora è qui che va ripristinato l’equilibrio con interventi in se equilibrati. 

B)L’accusa che muove principalmente al sindaco Lavagetto?

U)E’ un po’ quello che dicevo prima, quello di non avere avuto il coraggio, la visione del futuro. 

B)E a livello progettuale?

U)Che non c’è quasi niente, questa è una città che si sta impasticciando intorno a progetti pensati…se va bene 10 o 15 anni fa, ma molto più spesso 30 anni fa. Allora discutiamo ancora sulla tangenziale, che era una roba di 30 anni fa, discutiamo ancora sul centro agroalimentare, discutiamo sul CEPIM, discutiamooo …sulll…festival verdiano, son robe di 30anni fa, e siamo ancora qui a discutere, impasticciati in quello e non riusciamo a fare nulla e nemmeno a superare …non riusciamo ad avere una visione del futuro. Ecco la critica maggiore che io faccio è l’angustia, il grigiore, il senso di rinuncia che ha caratterizzato la città in questi anni. 

B)Un sindaco di città che avrà a che fare con centri direzionali e strategici che risiedono all’estero, questa è la realtà di Parma, un sindaco di residenti con le menti strategiche e economiche collocate altrove?

U)Si per alcuni aspetti questo è vero e vale per tutte le città del mondo se togliamo le due o tre in cui ormai si stanno concentrando i grandi poteri finanziari e dell’informazione. Queste città sono New York, Londra, Francoforte, per alcuni aspetti non lo è nemmeno Milano. Noi però abbiamo una risorsa in più. Vede in futuro.. èh.. ogni città che voglia svilupparsi deve vedere..deve capire, progettare la definizione di un proprio ruolo, che cosa vuol essere che cosa vuole fare. 

B)Ritorniamo ai centri di eccellenza?

U)Esatto. Uno può anche essere ..accontentarsi di essere il terminale ricco ben mantenuto di centri strategici esterni e per alcuni versi lo saremo un po’ comunque tutti. Ma uno può anche ritagliarsi un ruolo suo originale. E’ come nei grandi sistemi economici. Lei per sopravvivere in un grande sistema economico ha due strade o l’economia di nicchia o l’economia concorrenziale. Per entrare nell’economia concorrenziale bisogna essere molto forti, si dovrebbe fare concorrenza a New York o a Francoforte, quindi questo non ce lo possiamo neanche porre… 

B)(la Microsoft è nata in un garage, quando la Xerox aveva i laboratori di ricerca a Palo Alto)

U)Però potrei avere una economia di nicchia, questa funzione di nicchia ci è favorita dalla nostra esperienza ..Noi abbiamo  un grande futuro nel nostro passato. Nel senso che questa è una città che ha una sua specificità, una sua specialità: sono i prodotti tipici che sono il passaporto della nostra ricchezza e una cultura ben definita e particolare, tradizionale a cui dobbiamo aggiungere questa capacità di innovazione. Nel mondo della globalizzazione anche multimediale, produrre eccellenza culturale a New York e produrla da un’altra parte sarà la stessa cosa, anzi probabilmente New York vi saranno i grandi centri di strategia finanziaria e informativa, ma per fare altre cose sarà preferibile insediarsi da altre parti. Allora in questo ambito sta, secondo me la nicchia del nostro sviluppo. Una nicchia forte interessante per il nostro sviluppo. Se però non cadiamo in un errore, nella tentazione di pensare che la tipicità e la tradizione non abbiano bisogno di innovazione. Invece anche la produzione delProsciutto di Parma ha bisogno di innovazione tecnologica, se non altro per cercare di farlo meglio e farlo a prezzi… 

B)La nostra produzione industriale alimentare non è altro che la parodia di quella contadina. Un processo produttivo che ne ha permesso una produzione di massa e una qualità da hard discount?
Come pensa si possa produrre la qualità della tradizione nella economia di massa? Vi saranno altri prodotti. Si sono fatti altri prodotti che nulla hanno a che fare con la cultura contadina mediterranea.

U)Un esempio a tutti noto. Nel mondo si fanno centomila tipi di spumanti: uno solo è lo champagne. Può essere a volte meno buono di altri spumanti ma quello è champagne. E da solo si mantiene.
Allora noi dobbiamo arrivare a fare lo stesso. Lo champagne non lo potranno mai fare a New York anche se in teoria potrebbero farlo, ma non è possibile farlo. 

B)Culturalmente

U)Culturalmente, per ambiente. Allora il Prosciutto di Parma, Lei sa che non è più Prosciutto di Parma se no si fa a Parma;

Non è più Parmigiano Reggiano se non si fa nelle nostre zone.

L’aria non centra niente oggi, è invece nella cultura agroalimentare che il “distretto” ha saputo sviluppare, il vero valore, il plus territoriale. L’aria è un po’ una storiella.

Allora noi dobbiamo puntare sui valori e sapori che abbiamo saputo generare, perché lì sono le nostre risorse. Ma anche quelle hanno bisogno di innovazione, hanno bisogno di innovazioni tecnologiche nella produzione, hanno bisogno di marketing, di comunicazione, hanno bisogno di iniziative. 

B)Alimentare e digitale: trasformare gli atomi in bit, dare valore al bit per trasportare nel mondo l’atomo alimentare

U)Certo in molti prodotti il confine oramai tra virtuale e reale è molto discutibile…

La fiera di Parma: sempre più le fiere stanno diventando, direi, quasi esposizione virtuali o luogo in cui si contraggono i prodotti che non luogo di collocazione materiale di prodotti.

Ecco il vero nostro passo da fare sarà quello, di utilizzare anche le istituzioni e le strutture che abbiamo già e che magari lavorano anche bene, hanno assolto una loro funzione; citavo prima la fiera, per farle fare un passo in avanti, la fiera non può restare là, semplicemente una serie di capannoni in cui ogni tanto si mettono delle merci, deve diventare anche un vero e proprio centro altamente informatizzato, altamente telematico di commercializzazione di prodotti, siamo specializzati nell’alimentare, di prodotti alimentari… 

B)Con una presenza degli alimenti di tutto il mondo…, per una vera “cittadella del cibo”, non quindi con la sola presenza dei prodotti di Parma

U)Esatto. Infatti io parlo di una grande borsa merci telematica globale, mondiale 

B)In America hanno fatto Walt Disney, non pensa che la cittadella del cibo potrebbe ispirarsi a questo modello, un luogo dove il prodotto non sia solo commercializzato, ma oltre alla degustazione, sia un luogo di cultura alimentare mondiale?.

U)Sotto al nome della cittadella del cibo può starci tutto, dal luogo del divertimento, del cibo come divertimento, cibo come scoperta, cibo come ricerca, e abbiamo già le istituzioni base qui di ricerca, pensi alla stazione sperimentale delle conserve, oltre che all’Università, al luogo della commercializzazione globale telematica del cibo. Cioè uno apre una finestra al di là della quale sta di tutto. Se ha le capacità e le iniziative per… 

B)Da ex amministratore può dirmi quali sono i costi di questa macchina comunale comparati con gli investimenti?

U)Sono elevati rispetto alla produttività. 

B)E’ corretta la cifra di 250 miliardi?

U)Si, non conosco esattamente le cifre di bilancio, ma dovrebbero essere di quell’ordine; certo la macchina comunale costa molto relativamente a quello che produce ma soprattutto nel modo con cui produce. E qui torniamo al discorso che facevo prima sulla necessità di una profonda riorganizzazione che sappia valorizzare meglio le risorse, che sappia riorganizzarsi. E l’informatizzazione è un aspetto della riorganizzazione; ma soprattutto vede, una macchina comunale che entri in una cultura diversa. Oggi la macchina comunale come gran parte della burocrazia pubblica del nostro paese vive in una cultura ispettiva inquisitoria no?.. Lei va a chiedere qualcosa, lei ha bisogno, deve dimostrare di avere il diritto di avere quella cosa.

Quindi quintali di carte, documenti ecc. L’inversione culturale è portarla ad essere collaborativa rispetto alla richiesta del cittadino. In funzione dei problemi, l’apparato l’aiuta a risolvere le sue necessità cercando di trovare al proprio interno tutto ciò che ha già, non che se lei va a richiedere una licenza allora le chiedono il certificato di residenza ecc.. 

B)Con il comune digitale questo si risolve con una card che contiene tutti i dati necessari di sé o della sua attività.

U)Certo se si fa, ma farla torno a dire non è solo un problema tecnologico, è un problema di impostazione 

B)O di esubero di personale?

U)Anche, ma vede noi abbiamo tanti servizi in cui il personale è carente, quindi non si tratta di dire adesso licenziamo e riduciamo il personale di 100, 200, 300, unità. Si tratta di studiare i carichi di lavoro e di utilizzarlo laddove esiste uno sbilanciamento. L’organico non è un problema. 

B)La sperimentazione, l’innovazione sono elementi che contribuiscono alla qualificazione dell’immagine di una città. Immagini una rete civica collegata via satellite, ad esempio?

U)Guardi io ho fatto questa proposta per provare ad aprire una rete civica di informazione al cittadino nel 1988, quando ero vicesindaco e partivo con l’idea dei punti di informazione e di servizi di informazione al cittadino; doveva essere una rete diffusa su tutto il territorio e avrebbe dovuto raggiungere le case di ogni singolo cittadino attraverso i canali che già allora incominciavano ad uscire; ancora non c’era internet però si incominciava già a parlare di reti… non c’è stato nessun punto in avanti, abbiamo aperto una bottega in via Melloni dove si danno delle informazioni, meglio di niente, ma è ancora un concetto  ottocentesco. 

B)Il transito diverrà virtuale, l’abitare è e rimarrà reale, non pensa che il turismo di massa che spesso devasta o stupra l’ambiente, debba essere rivisto con logiche di turismo residenziale; ossia l’abitare i luoghi magari per periodi brevi, ma privilegiare lo stare anziché il transitare?

U)Si, io mi auguro che il traffico diventi virtuale, temo che ancora per molto tempo resterà fisico, resterà reale; comunque tornando…cioè mi auguro.. mi auguro che, quanto temo, si riduca. Questo volume di spostamento è davvero impressionante. Per quanto riguarda il turismo, io credo che Parma, non sia una città da turismo di massa, o da turismo da comitive, non nel senso che io voglia tenerle fuori, ma nel senso che dobbiamo creare le condizioni perché diventi sede di un turismo più specializzato, più attento agli eventi integrati con i giacimenti artistici culturali, un turismo di ricerca, un turismo scientifico, no…più che il turismo delle lattine e dei panini; ripeto verso il quale non ho niente, ma se dobbiamo ritagliarci una nostra vocazione, credo che sia più opportuno ritagliarcela verso un tipo di turismo specializzato e qualificato. 

B)Tra i nuovi progetti nati negli ultimi 10/15 anni, qual è quello meritevole degli investimenti effettuati?

U)Muh! Forse l’aeroporto se si riesce a dargli davvero una funzione importante di aeroporto Europeo. Avrei voluto dire un’altra iniziativa che è quella del Collegio d’Europa, che però è andata deprimendosi per colpa prevalentemente delle amministrazioni locali e di diverse Istituzioni locali. Poteva essere una grande risorsa scientifica culturale; sarebbe proprio stata una delle finestre aperte sul mondo. Il Collegio d’Europa è nato tra l’86/87 e da allora è vivacchiato, deperito; sostanzialmente comunque è stato di molto al di sotto delle attese che ci eravamo dati.

Una città come Bruge in Belgio sul suo Collegio d’Europa ha creato un grande giro di presenze di cultura, di specializzazione, perché lì vanno i maggiori specialisti d’Europa nel campo delle normative Europee delle tecnologie, dei controlli ecc. Questa è un’altra grande colpa dell’amministrazione uscente. 

B)Verdi e il Suo Festival del 2001?

U)Si prepara purtroppo una cosa molta confusa; e temo che siamo già in ritardo per prepararne un’ altra. 

B)Cosa ne penserebbe di proporla a Jack Lang come direzione Artistica?

U)Certamente noi abbiamo bisogno di uscire dal nostro provincialismo e dalla nostra autoreferenzialità. Il 2001 potrebbe essere l’avvio di quella collocazione di Parma nei grandi eventi internazionali; però ci vuole la fine di questa autosufficienza, e guardi che questo non è contraddittorio con l’altro, il sorgere di un grande orgoglio e una grande volontà di fare. Cioè fine dell’autosufficienza, nel senso che noi dobbiamo reperire i modelli e le esperienze più alte che esistano nel mondo, e avere il senso di orgoglio per evitare che le celebrazioni di Verdi diventino una sbavatura, una slavatura eh…buttata un po’ qua e là: Parma, Bologna, Busseto, Rimini e non so che cos’altro senza riuscire noi ad essere il cuore. Ecco perché ho detto facciamo di Parma la Salisburgo italiana. Salisburgo non è solo Mozart, ma intorno a Mozart hanno creato un giro una ricchezza, anche di quel turismo qualificato che citava Lei, che qui non ce lo sogniamo neanche; ora che cosa ci manca…se Lei pensa a ciò che a Parma c’è già, c’è più che a Salisburgo in termini di giacimenti culturali, museali, monumentali, in termini di tessuto sociale e civile in genere, e perché non avere questa ambizione? 

B)Spesso però abbiamo avuto manie esterofile, Parma, infatti, ha investito molto in attività professionali fuori dal proprio territorio, senza cercare invece di coltivare culture indigene… e oggi ci troviamo un territorio impoverito.

U)Si, qui è il contesto generale che deprime l’iniziativa 

B)Però i mezzi c’erano!

U)I mezzi c’erano, potenzialmente ci sono ancora oggi. Qui entriamo in un campo in cui le risorse private, le intelligenze vengono investite se si crea quel contesto complessivo di sviluppo che si diceva prima. Altrimenti è difficile pensare che una importante struttura professionale si trasferisca da Milano a Parma, se poi deve vivacchiare, se i collegamenti non sono ottimali… 

B)Carmelo Bene dice che “Politica è così la pratica oscena dell’inattuale. E’ attualità disattesa. Ma- si potrà obiettare- il politico ha da essere mediocre; senza incapacità e grettezza non si dà governo. […] L’ingovernabilità è (non poi tanto paradossalmente) lo stato di grazia…”

U)E’ una visione molto pessimistica eh…un po’…così…Vede sulla politica si divertono in molti a sparare… e visto gli esempi che spesso da di sé la politica c’è anche ragione di farlo. Però io credo che la politica possa essere molto di più, cioè…voglio dire possa tornare ad essere quell’arte raffinatissima dell’intelligenza, della passione, con la quale si cerca di regolare la convivenza delle persone, cioè si cerca di costruire quella architettura straordinaria, difficile che segna i sogni e le attività umane da sempre, che è quella della costruzione di una società in cui le persone possono stare bene. 

B)Ma Lei mi ha appena terminato di dire che negli ultimi 10/ 15 anni a Parma non è stato fatto nulla che meritasse l’investimento che il cittadino ha sopportato e pagato e nemmeno vi è un progetto degno di menzione. Oppure Lei saprebbe indicarmi uno statista degli ultimi 20 anni?

U)A Parma? 

B)No a livello nazionale

U)Vede adesso la politica fa sempre riferimento a dei valori e allora bisogna vedere se lo statista importante si giudica in relazione ai valori o si giudica in relazione a ciò che ha conseguito in base ai suoi valori, cioè se lo giudichiamo in base ai nostri o in base ai suoi valori…perché di persone che hanno cercato di fare delle grandi cose, di muovere un sistema su alcuni piani o su altri ce ne sono stati, perché sicuramente… 

B)Magari intralciati dall’affarismo?

U)Certo…ma fa parte della politica…noi non possiamo pensare alla politica come ad un esercizio astratto o in ambiente sterilizzato. La politica è tale perché vive in mezzo alle contraddizioni, alle depressioni e alle tensioni.

L’utopia…è facile da realizzare…tutti si sono esercitati in una utopia, ma l’utopia non è un elemento di valutazione della politica. La politica è confronto con il reale e gestione del reale in base ad obiettivi a volte minimi a volte strategici, quasi escatologici che uno vuole raggiungere. Allora rispetto a questo la politica va giudicata. Sapendo che lungo questo percorso esistono tutti gli inciampi…la politica è una tipica attività nel tempo… quindi con tutte le contraddizioni e tutte le tensioni che sono del tempo. La politica è storicizzata sempre. La politica astratta è una utopia, io scrivo un trattato di utopia, di politica utopistica e allora ci metto dentro tutto quel che ho voglia; La città del sole o l’utopia di Tommaso Moro o la Repubblica di Platone la posso sempre scrivere, però quella è l’utopia…poi dopo…- e quella mi serve per dire io vorrei raggiungere questo- poi dopo la politica diventa l’esercizio del contingente; quindi non va mai disprezzata perché si misura col contingente, anzi è la sua funzione. Il problema è capire e vedere come rispetto a questo contingente si è piegata, è stata tutto sommato sovrastata o come voglia in un qualche modo riorganizzarlo e rilanciarlo verso una prospettiva. Quello che manca oggi è il fatto che la politica si è piegata, si è adattata ad essere subordinata, ad essere servile, rispetto al contingente, non abbia quell’impeto quella capacità di creatività, di immaginazione che non è ideologia… ecco perché…l’ideologia è un sistema che vuol essere al tempo stesso realistico e rigido, che è il massimo della contraddizione…no?…io creo una ideologia che ha già fatto i conti con le contraddizioni dell’esistente e dentro a quello piego nel tempo anche col mutare del tempo tutti i miei obiettivi tutti i miei mezzi; quello è assurdo. 

B)Il suo primo intervento se dovesse diventare sindaco?

U)La prima cosa che farò, l’ ho già detto in altre occasioni, è convocare tutti i dirigenti e i funzionari del comune e spigare quale deve essere la nuova logica, la nuova impostazione, perché lì sta il primo nodo della situazione. E spiegare come dovrà avvenire come ho già espresso in alcune domande precedenti.

Chiarito con loro questo e sapendo che questo è un processo, non è che con un atto, con un incontro io pensi di modificare nulla, ma avvio un processo. Dopo esiste un problema di metodo. Cioè se noi vogliamo risvegliare risorse nuove in questa città, dobbiamo creare le condizioni anche di fiducia e di rapporto, perché queste risorse si muovano. Quindi i primi atti non saranno appaltare strade, cosa che pure deve essere fatta ed è urgente, ma noi prima di tutto dobbiamo rimuovere una questione di metodo,…definire, illustrare e chiarire gli obiettivi strategici e su questi chiamare a raccolta tutte le risorse che ci sono. Sarà il mio primo atto o la serie dei miei primi atti, sarà una sfida alla città. Loro mi hanno eletto e chiedono a me di amministrarli subito dopo chiedo loro cosa siano disposti a fare, perché non credo che si aspettino la continuazione di una gestione burocratica eh…, chiusa su se stessa come c’è stata fino ad oggi, altrimenti non servirebbe cambiare. 

B)L’antitesi di ruolo degli amministratori, che dovrebbero essere creativi e amministratori, non pensa che andrebbe ripensato questo modo di agire tuttologico?

U)Perché spesso ci sono creativi che si sottraggono alla politica e preferiscono continuare nella ristrettezza, mi passi questo termine, dei loro interessi, e ci sono degli amministrativi che non sanno fare il loro mestiere non lo vogliono fare e quindi vive una sorta di schizofrenia. E’ la schizofrenia dell’amministratore che al tempo stesso è un po’ dirigente d’ufficio e un po’ utopista, che lancia idee strane senza riuscire a raccordare i due momenti, cioè quello della prospettiva con quello della loro reale realizzazione. 

B)In questa logica Lei come pensa di agire nel suo eventuale insediamento?

U)Chiamando a raccolta le risorse che ci sono, chiarendo che una persona da sola non governa la città e che la città non si governa dal palazzo comunale. O noi riusciamo a creare una rete di mobilitazione diffusa e interventi diffusi, anche con il rischio che questa comporta, altrimenti…

Ci sarà senz’altro, inevitabilmente una gestione burocratica, magari un po’ più efficiente, magari un po’ più coraggiosa, ma non basta, per dare una svolta alla città. Questo non basta.

Quindi abbiamo l’ambizione di una sfida che è molto di più del sostituire una amministrazione; certo che quando ci rivolgiamo alla gente dobbiamo farci capire, e quindi devo parlare di tangenziali, di forno inceneritore, di cose che pure esistono e vanno affrontate; cioè io le ho scritte perché queste sono cose da fare, ma questo è il meno…Ciò che conta è l’insediamento in questa città di una nuova linea;

Io lo dico anche un po’ enfaticamente di un nuovo rinascimento, una specie di riscoperta, di una nuova volontà e forza creativa. 

B)Una Signoria per Parma?

U)Ma con prìncipi collettivi, quando il principe assume un ruolo podestarile, in modo assolutistico, rischia di fare la fine che rischia di fare questo. 

Luigi Boschi

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