Il talento fa quello che vuole, il genio fa quello che può.
Del genio ho sempre avuto la mancanza di talento.
Fin dal nostro fiorire-sfiorire alla cecità della luce, l’orale ha la precedenza sullo scritto: lo scritto inteso come morto orale.
Lo scritto è il funerale dell’orale, è la rimozione continua dell’interno.
Già dalla nostra tramontante nascita incomincia un destino. Spietato, per la maggior parte degli esseri umani: se non si nasce miliardari, si è spacciati per sempre. Ci si deve piegare al quotidiano, procurare gli stimoli al progetto; invece di s-progettare, si è dannati al disegno. […]
L’anagrafe, lo studiarsi di sopravvivere ci condannano all’in-formarsi, per formarsi, deformarsi, ingobbire leopardianamente, pur d’avere una parte, quando non si vorrebbe altro che mettere da parte l’arte, come del resto la vita. una vera iattura. […]
Si è costretti all’esserci trafelato: questo piegarsi alla rappresentanza, ai libri, a questa nourriture della quale avrei fatto assolutamente a meno. Non si scampa alla volgarità dell’azione, alla scorreggia drammatica della rappresentazione di Stato. Si è obbligati allo scandalo, quasi fosse la "prima comunione" con l’indifferente prossimo tuo, con l’odiato condomino che non detesterai mai quanto te stesso. […]
La cultura è, comunque. omologazione civile della rappresentazione di Stato. E’ lasciarsi coltivare, colonizzare altrui (J. Derrida), in un paese, un continente, il mondo in cui l’ignoranza di massa non è più "santa" e lo scellerato progresso (degenerazione) dell’analfabetismo è la scuola medio-universitaria dell’obbligo e "società intellettuale". […]
Se consideri la degradazione babelica della tradizione orale, frustrata dall’avvento di una stampa censurata ed elitaria immagina ora l’inattualità mediocre della "professione" politica, linguacciuta e difforme, così a corto di linguaggio e fonia, così modestamente chiaccherata, mondanina, antiestetica per somma di lacune. Quale idiosincrasia tra l’"efficacia" (improntitudine) del politico e il senso storico in quanto ricreazione originale.
Il poverismo politico dell’oggi è l’occasione (ahimè puntuale) della (sua stessa) scribacchiata redazione del domani (è già quest’oggi). La comprovata inettitudine di ricercare il passato originalmente. Questo disastro del dire è già orrore d’ortografia e sintassi del domani-trascorso. "Politica" è così la pratica oscena dell’inattuale. E’ attualità disattesa. Ma – si potrà obbiettare – il politico ha da essere mediocre; senza incapacità e grettezza non si dà governo. Ed è vero, o quanto meno sacrosanto. L’ingovernabilità è (non poi tanto paradossalmente) lo Stato di grazia, "il premio che i desideri avanza" dell’elettorato viziato e mascalzone. Recidivo. Il rituale altalena (cariatide a riposo la fiducia) tra la "sfiducia" e la "non-fiducia" al governo. Democrazia del potere.
Carmelo Bene
"Opere"
SOKRATES n°8 – 29 Maggio 1996