Dove andate, giovani, dove andate, bande di studenti che correte per le strade, manifestando in nome delle vostre collere e dei vostri entusiasmi, provando il bisogno imperioso di levare pubblicamente il grido delle vostre coscienze indignate?
Andate a protestare contro qualche abuso di potere, qualcuno ha offeso il bisogno di verità e di equità che ancora arde nelle vostre anime nuove, ignare dei compromessi politici e delle quotidiane viltà della vita?
So bene che i pochi giovani che manifestano non rappresentano tutta la gioventù e che un centinaio di chiassoni per strada fanno più rumore di diecimila lavoratori, chiusi in casa a studiare. Ma cento chiassoni sono già troppi, ed è sintomo doloroso che un movimento del genere, per limitato che sia, possa prodursi, in un’ora come questa, nel quartiere latino!
Dei giovani antisemiti, è mai possibile che ne esistano? E’ possibile che vi siano cervelli nuovi, anime nuove, già squilibrate da questo veleno idiota? Che tristezza, che inquietudine per il ventesimo secolo che sta per schiudersi! A cent’anni dalla dichiarazione dei diritti dell’uomo, cent’anni dopo l’atto supremo di tolleranza e di emancipazione, ecco che si ritorna alla guerre di religione, al più odioso e al più stupido dei fanatismi! E possiamo ancora capirlo da parte di taluni individui che interpretano la loro parte, che hanno un atteggiamento da conservare e un’ambizione vorace da soddisfare. Ma nei giovani, in quelli che nascono e premono per il fiorire di tutti i diritti e di tutte le libertà, di cui avevamo sognato di veder risplendere il prossimo secolo! Sono loro gli artefici che aspettavamo, ed ecco che già si dichiarano antisemiti, vale a dire che daranno inizio al secolo massacrando tutti gli ebrei, perché sono concittadini di un’altra razza e di un’altra fede! Un inizio del genere come appannaggio per la Città dei nostri sogni, la Città dell’uguaglianza e della fraternità! Se davvero la gioventù vi si riconoscesse, ci sarebbe da singhiozzare, da negare qualsiasi speranza e qualsiasi felicità umana.
O gioventù, gioventù! Pensa, te ne supplico, alla grande impresa che ti aspetta. Sei tu la futura operaia, tu getterai le fondamenta di questo secolo imminente che, ne abbiamo la fede profonda, risolverà i problemi di verità e di equità posti dal secolo ormai agli sgoccioli. Noi, i vecchi, gli anziani, ti lasciamo l’imponente cumulo della nostra inchiesta; molte contraddizioni e punti oscuri, probabilmente, ma senza alcun dubbio lo sforzo più appassionato che mai secolo abbia fatto verso la luce, i documenti più onesti e più solidi, le fondamenta stesse di quel vasto edificio della scienza che tu dovrai continuare a costruire per il tuo onore e per la tua felicità. E ti chiediamo soltanto d’essere ancora più generosa, più libera di spirito, di superarci nell’amore per la vita vissuta in modo normale, nello sforzo tutto dedito al lavoro, questa fecondità degli uomini e della terra che saprà bene, alla fine, far germogliare la traboccante messe di gioia sotto il sole splendente. E ti cederemo fraternamente il posto, felici di sparire e di riposarci della nostra parte di impresa compiuta, nel placido sonno della morte, se sapremo che tu ci continui e che realizzi i nostri sogni.
Gioventù, gioventù! Ricordati delle sofferenze che i tuoi padri hanno sopportato, delle terribili battaglie che hanno dovuto vincere, per conquistare la libertà di cui tu in questo momento gioisci. Se ti senti indipendente, se puoi andare e venire come t’aggrada, dire sulla stampa tutto ciò che pensi, avere un’opinione ed esprimerla pubblicamente, è perché i padri hanno offerto la loro intelligenza e il loro sangue. Tu non sei nata sotto la tirannia, tu ignori che cosa voglia dire svegliarsi ogni mattina con lo stivale di un padrone sul petto, tu non ti sei battuta per sfuggire alla sciabola del dittatore, ai falsi pesi del cattivo giudice. Ringrazia i tuoi padri e non commettere il crimine di acclamare la menzogna, di fare una campagna insieme alla forza bruta, all’intolleranza dei fanatici e alla voracità degli ambiziosi. Tutto questo porta alla dittatura.
Gioventù, gioventù! sii sempre dalla parte della giustizia. Se mai il concetto di giustizia si oscurasse in te, andresti incontro a tutti i pericoli. E non ti parlo della giustizia dei nostri codici, che è soltanto la garanzia dei legami sociali. Bisogna rispettarla, certo; ma è una nozione più alta, la giustizia, quella che pone come principio che il giudizio degli uomini è sempre fallibile e che ammette la possibile innocenza di un condannato senza per questo recare offesa ai giudici. Non c’è forse, in questo, un’avventura fatta per risvegliare la tua accesa passione per il diritto? Chi si leverà per esigere che giustizia sia fatta se non tu, che non fai parte delle nostre lotte d’interessi e di persone, che ancora non sei impegnata né compromessa in alcun affare losco, che puoi parlar chiaro, in tutta purezza e in tutta buona fede?
Gioventù, gioventù! Sii umana, sii generosa. Se anche noi ci sbagliamo, sii con noi, quando diciamo che un innocente subisce una pena terribile e che il nostro cuore in rivolta si spezza per l’angoscia. Basta ammettere per un solo istante il possibile errore, di fronte a un castigo a questo punto smisurato, perchè il petto si serri e le lacrime sgorghino dagli occhi. Certo, gli aguzzini rimangono insensibili, ma tu, tu, che piangi ancora, che ancora non hai fatto esperienza di tutte le miserie, di tutte le pietà! Com’è che, se da qualche parte vi è un martire che soccombe vittima dell’odio, non ti abbandoni al sogno cavalleresco di difenderlo e di liberarlo? Chi, se non tu, potrai mai tentare la sublime avventura, lanciarsi in una causa generosa e superba, tenere testa a un popolo, in nome della giustizia ideale? E non ti vergogni che ad appassionarsi, ad assumersi oggi la tua impresa di generosa follia, siano gli anziani, dei vecchi?
Dove andate, giovani, dove andate, studenti che battete le strade manifestando, gettando nel bel mezzo delle nostre discordie il coraggio e la speranza dei vostri vent’anni?
«Andiamo verso l’umanità, verso la verità, verso la giustizia!»
Emile Zola
"Lettera Pubblicata in un opuscolo messo in vendita il 14 dicembre 1897"
SOKRATES n°1 – 11 Aprile 1996