Il cinema doveva incantare e stregare, doveva sbalordire, affascinare e depistare, portare in altri mondi e in altre dimensioni. Il cinema doveva far venire i brividi dalla paura o far schiattare dalle risate, ma soprattutto far emettere all’unisono da un pubblico vasto degli "oh" di stupore, di meraviglia, di entusiasmo. E’ quanto molto cinema cerca ancora di fare, con grandi mezzi ma, a ben vedere, servendosi dello stesso armamentario cui ricorreva Méliès.
Coinvolgere con lo spettacolo del vero o sbalordire con lo spettacolo del falso, o ancora mediare con la forzatura fantasiosa del vero; far ridere o far piangere; suscitare identificazioni o sollecitare riflessioni; attrarre o distrarre; chiedere la negazione di sé e della propria ragione (della propria veglia) o destare a nuove scoperte la propria intelligenza, il proprio spirito, il proprio cuore. Quando le luci si spengono nelle platee e lo schermo si accende, tutto può accadere, ma secondo linee direttrici già fissate dalla scelta magica di Méliès o da quella prosastica di Lumière; e tuttavia… Tra i miracoli del cinema può esserci anche la prosaicità del fantastico e la poesia del reale, la fuga all’infuori e la spinta all’indentro che possono, talora, anche coincidere.
Goffredo Fofi
"Come in uno specchio"
SOKRATES n°3 – 24 Aprile 1996