Home Sokrates John Cage ALLEVAMENTI

ALLEVAMENTI

310
0

Ricordo che quando frequentavo la grammar school, appoggiavano per alcuni secondi la puntina del giradischi sul disco, e tutti noi dovevamo scoprire chi fosse l’autore, quando era morto e così via. Le cose diventavano un po’ confuse perché non capivamo se i suoni fossero uomini o gli uomini suoni. […] Abbiamo creato il nostro governo e il nostro sistema educativo in modo tale che… insomma, siamo riusciti soltanto a render cattiva la gente. L’abbiamo costretta a essere cattiva. L’intera faccenda della competizione delle scuole, il fatto di provocarla e di come poi essa rimanga nella società, tutto questo non fa che rafforzare la disonestà. … Parlando di educazione, di cambiamenti nell’educazione e di come si possano conseguire, la gente acquisterà sempre maggiore consapevolezza, come già del resto accade che, nell’arco di cinque anni dopo essersi laureati in una particolare disciplina in qualche università americana, tutte le cose che si sono imparate nel corso della propria educazione si rivelino assolutamente inutili. Questo dipende dal fatto che i cambiamenti hanno luogo più rapidamente di quanto accadeva prima, e che le tecniche effettivamente utilizzate, le informazioni utili, ecc., non sono più quelle che sono state insegnate.

In tal modo si assume un atteggiamento scettico nei confronti della funzione dell’educazione, e alla fine non si dovrà far altro che fornire a ciascun individuo, a partire dall’infanzia, la possibilità di vivere tutta una varietà di esperienze nelle quali la sua mente sia effettivamente coinvolta, non come un ricettacolo mnemonico di un corpo di informazioni che le venga trasmesso, ma piuttosto come una persona che stia dialogando. […] Per come sono ora (le università), non sono altro che luoghi dove le persone vanno per prendere lauree, per poi trovare un lavoro, per poi entrare in questa prigione di cui abbiamo parlato. La stessa università è modellata sul modello della prigione, e così ci si abitua al modello della prigione già dal momento in cui si viene educati. […] Dal punto di vista positivo di una nuova società, l’università sta gradualmente diventando come la vita, e sta iniziando a includere tutte le cose che alla vita appartengono, e così, quando finalmente non si dovrà più lavorare, se non, mettiamo, per un’ora all’anno, allora potremo passare tutta la nostra vita all’università. Ma, in tal caso, dovremo creare una situazione di tipo non poliziesco e in cui sia assolutamente piacevole trovarsi, perché comunque non dovremo mai laurearci. In altre parole dovrebbe trattarsi di un luogo all’interno di una comunità abbondantemente implementata, in cui ci sia libertà di fare o di studiare qualsiasi cosa si desideri, e in cui ci sia sempre qualcuno disposto ad aiutare a imparare o approfondire qualsiasi cosa si ritenga utile. […]
Allontaniamo i nostri bambini da noi con le baby-sitter, e quando sono cresciuti li mandiamo a scuola. Quando si laureano, li mandiamo nell’esercito e, se riescono a uscirne vivi, diamo loro dei lavori che quasi li uccidono. Poi, se escono un po’ di senno, li spediamo in manicomio, e quando infrangono qualche regola li mandiamo in prigione; e infine, quando sono abbastanza vecchi, li releghiamo negli ospizi. Non esiste un solo momento nella nostra società attuale in cui non cerchiamo in qualche modo di sbarazzarci di noi stessi. […] Vogliamo liberarci della distinzione tra studente e insegnante, per sviluppare invece, semplicemente, l’idea di una società che sia composta da persone giovani, persone adulte, persone non competenti e persone competenti, tutte desiderose di aiutarsi reciprocamente. Gli insegnanti possono imparare moltissimo dagli studenti, proprio come gli studenti possono, talvolta, avere occasione di imparare qualcosa dagli insegnanti. Ma questa reciproca trasmissione di insegnamenti potrà avere luogo assai più agevolmente se questa distinzione viene eclissata, e potrà esserlo soltanto se gli studenti lavoreranno per se stessi quanto per i loro insegnanti.. […] Nel mio primo discorso spiegai loro il mio punto di vista, in base al quale non sapevamo affatto cosa avremmo studiato, cioè che si trattava di un corso di cui non conoscevamo l’argomento. E perché la cosa fosse chiara, avevamo sottoposta l’intera biblioteca universitaria alle operazioni casuali, mediante l’I Ching, e ciascun allievo avrebbe letto, diciamo, cinque libri oppure parti tratte da quei cinque libri, nel caso in cui questi fossero stati troppo lunghi, e l’I Ching avrebbe indicato loro quali parti leggere. E in quel modo pensavo – e anche loro erano d’accordo – che tutti avremmo avuto qualcosa di cui parlare, qualcosa da scambiarci l’un l’altro. Mentre se avessimo fatto come negli altri corsi, in cui tutti leggevano lo stesso libro, sapendo così ciò che stavamo facendo, ci saremmo trovati unicamente nella posizione di competere l’uno con l’altro per vedere chi aveva capito più degli altri. In questo corso, invece, diventammo tutti generosi nei confronti degli altri, e le conversazioni erano assolutamente imprevedibili. […] Sono d’accordo con l’idea di Marshall McLuhan secondo la quale l’elettronica ha esteso il sistema nervoso centrale, e che questo network sta diventando una mente mondiale; e che la nuova psicoanalisi dovrebbe occuparsi delle aberrazioni di questa mente mondiale.{…} Ma a causa delle circostanze e così via , spesso diventiamo degli specialisti piuttosto che delle persone complete. La cosa buffa è che gli Stati Uniti sono in bancarotta, e anche le altre nazioni lo sono. Hanno l’abitudine di fare bancarotta e risolvono la cosa accordandosi fiducia reciprocamente. E stiamo facendo finta che potremmo tirare avanti tranquillamente anche facendo a meno della fiducia reciproca delle varie città. Ciò che dovremmo fare, è smetterla di vivere separatamente gli uni dagli altri e così invece di vivere a New York City distante da Philadelphia o da altre città, abitare in questa megalopoli che si estende attualmente su tutta la Terra, nella quale i territori selvaggi in cui non risiedono grandi popolazioni sono come Central Park. La Terra è un unico luogo, e dobbiamo arrivare a vederla come tale. {…} Sappiamo già che tutto il lavoro necessario potrebbe essere svolto se ciascuno lavorasse un’ora all’anno. Ma allo scopo di mantenere le nostre università e la nostra struttura economica dobbiamo continuare ad affannarci e ad agire come se non avessimo modo di sbarazzarci del lavoro, onorando quella vecchia equazione che dice lavoro uguale denaro uguale virtù. Ciò di cui abbiamo bisogno è una situazione nella quale non sia necessario svolgere alcun altro lavoro eccetto quello che abbiamo bisogno di svolgere. Adesso, vede, facciamo un lavoro che non vogliamo fare unicamente per far soldi. (…) Credo che una delle cose che accadranno sarà, come afferma McLuhan, che raggiungeremo la consapevoleza che il lavoro è obsoleto e creeremo una società nella quale finalmente faremo ciò che vogliamo fare, e ne saremo totalmente coinvolti invece di esserne coinvolti solo allo scopo di guadagnarci da vivere. […] La tendenza è definitivamente verso una società basata sulla disoccupazione . Il nostro sistema educativo è attualmente basato sulla preparazione della gente al lavoro; eppure anche quando io ero giovane, era risaputo che i laureati dalle università erano frequentemente disoccupati. E nel corso della prima grande depressione c’erano laureati che andavano in giro frugando nella spazzatura per vivere. Sappiamo già che questo è sbagliato. Ma ciò che è fondamentalmente sbagliato è che si venga educati allo scopo di trovare un lavoro. Adesso sappiamo che non c’è davvero lavoro sufficiente in giro e che abbiamo, attraverso l’invenzione, che rappresenta un’ottima cosa, diminuito la necessità del lavoro. Così dobbiamo veramente cercare d’immaginare cosa fare. Non si devono creare lavori stupidi, ma un uso interessante del proprio tempo a cui dedicare se stessi. Già si sa, ne sono sicuro, che la maggior parte dei lavori che si possono trovare non sono cose a cui ci si vorrebbe dedicare.[…] Esci da qualsiasi gabbia in cui sei rinchiuso!

John Cage
"Lettera a uno sconosciuto"

SOKRATES n°5
– 8 Maggio 1996

Previous articleINTELLIGENZA E COSCIENZA
Next articleIL LUOGO DEL MONDO