Il governo italiano non intende detassare i teatranti al botteghino e chiudere una buona volta per tutte il ministero dello spettacolo. Lo stato democratico, finanziando chiunque a tutti i costi, difende la platea dalla eventualità poetica dei mostri. Lo stato paga tutti, corrompe tutti indiscriminatamente a un solo prezzo: derubare, paralizzare uno solo (forse due?) altro; e questo altro può giuocare, se vuole e finché vuole, l’aristocrazia che gli è propria; può, se vince il disgusto, seguitare il suo sogno "vittimistico", fatto incubo. Può seguitare a esprimere quella irritante irrappresentabilità che gli è propria, sul palcoscenico patibolare della (in)tolleranza sociale. E’ colpa d’un ministro se non tutti gli attori son poeti? Non è forse un diritto comune sopravvivere? Sì, ma in quale mestiere? Ma caro, quello appunto di sopravvivere. (!) Vede, signor ministro, io non domando che d’essere privato delle sovvenzioni statali.
E’ impossibile, caro, è inammissibile: alla camera dei deputati mi riderebbero in faccia. E perché mai? Serve una legge urgente e non un paradosso! Non capisco l’urgenza di questa legge. L’occupazione dei posti di lavoro anche nel ramo dello spettacolo. Ma il teatro non ha bisogno di lavoratori… Da bambino, puoi fare affidamento sulle (rare) disattenzioni di tua madre; ma nell’età di mezzo, e per di più poeta, troverai il tuo ministro inflessibile, attento più dell’angelo a te avverso, a guardia del tuo sogno; e non ci sarà più verso di spiegargli che vuoi dormire non "sovvenzionato". Lui, pur di capacitarsi che anche il sonno è "uguale per tutti" (pur d’esistere in quanto ministro), sentirà il dovere di chiudere un occhio anche su quanti fingono di dormire. Color celeste dell’Ente, nel tuo caso, chiuderà un occhio di più sulla tua morte, sorellina minore di quel sonno eterno di stato.
Carmelo Bene
"Opere"
SOKRATES n°6 – 15 Maggio 1996